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Dal Pilastro al Pilastro: andata e ritorno

La rapina. Lo spaccio. Salvini al citofono. La signora con la pistola. Iaia la cartola. Le forze dell’ordine. La caserma. La Uno bianca. Le case popolari. La caccia al voto. Le gente in piazza. Le contestazioni. Ah, ma la rapina, poi?

25 Gennaio 2020 - 18:34

Lunedì 20 gennaio, via Deledda, al Pilastro. Una ragazza di 15 anni viene aggredita e derubata. Raccontano le cronache che la ragazza, appena scesa dal bus, è stata raggiunta alle spalle da uno sconosciuto che le ha chiesto i soldi e poi l’ha colpita con un pugno al volto, prima di portarle via zaino, giubbotto e telefono cellulare. Siamo in piena campagna elettorale per le regionali e la Lega si fionda sulla notizia sottolineando i problemi di sicurezza in quella zona e le responsabilità del Pd. Il giorno dopo arriva Matteo Salvini in persona, che circondato da collaboratori e forze dell’ordine suona al citofono di un appartamento in via Deledda e sfodera l’ormai famigerato “Scusi, lei spaccia?”. Lo accompagna una residente del Pilastro, di 61 anni, che in seguito avrà occasione di spiegare che la sera gira armata di pistola. Ce l’ha con gli spacciatori e sulla stampa viene fuori che il figlio, anni fa, è morto di overdose. Lei stessa, intervistata su InCronaca, dice: “Mio figlio è realmente morto per un’overdose, ma non perché fosse un tossicodipendente. Si è suicidato in seguito alla diagnosi di Sla”. E’ lei, sostenitrice leghista, ad indicare a Salvini dove citofonare per cercare i pusher. Si legge in giro che la signora argomenta l’accusa sottolineando gli abiti a suo dire troppo costosi di chi vive in quell’appartamento. Si legge anche che è stata la Lega a contattarla prima dell’arrivo di Salvini e anche che un rappresentante delle forze dell’ordine ha fatto da tramite.

Durante la sceneggiata di Salvini, alcuni residenti lo sostengono e altri invece lo contestano, tra un coro “Salvini vaffanculo” e le strofe di “Bella ciao”. Il capo della Lega è circondato da giornalisti e operatori, tra loro c’è chi ridacchia mentre Salvini si esibisce al citofono.

Immediatamente scoppia il caso politico e mediatico. La famiglia che vive nell’appartamento additato da Salvini (padre tunisino che spiega di lavorare come corriere, madre italiana, figlio 17enne che racconta di essere in procinto di diventare padre) respinge ogni accusa di spaccio, chiede a Salvini di rimuovere il video della citofonata dai social e annuncia l’intenzione di denunciare l’ex ministro.

E’ un profluvio di dichiarazioni, da ogni dove. Su Salvini arrivano accuse di violazione della privacy, diffamazione e via così. Lui rivendica tutto e rilancia. Il centrosinistra si indigna e lo critica, difendendo al contempo il proprio operato nella gestione delle zone periferiche come il Pilastro. C’è chi accusa Salvini di aver trovato tempo per la comparsata in via Deledda ma non per rendere omaggio al monumento che proprio al Pilastro ricorda i tre carabinieri uccisi dalla banda della Uno Bianca; cioè da poliziotti in odore di estrema destra. Il Pd, a vari livelli, interviene per dire che sì, al Pilastro ci sono dei problemi, ma da anni istituzioni e residenti si battono per superare la reputazione negativa che da sempre accompagna quella zona. Dalla parte politica che a Bologna è maggioranza di governo si rivendicano anche gli sforzi fatti per costruire una nuova caserma dei Carabinieri; si invoca più carcere per i piccoli spacciatori; si sottolinea con orgoglio che al Pilastro non ci sono case occupate. Il sindaco Merola, tra i vari temi, segnala anche quello dei “delinquenti” che vivono al Pilastro perchè “posti agli arresti domiciliari dalla magistratura nelle abitazioni di edilizia popolare”: su questo Merola annuncia un incontro in Prefettura con la presenza della magistratura perchè Acer è già pronta a sfrattare questa gente perchè non ha rispettato le regole”.

Non ci sono solo le dichiarazioni. Qualcuno danneggia l’auto della signora che ha accompagnato Salvini. Su Facebook parte il tam tam per uno “sciopero del tiro”. Gli attivisti della campagna “Il padrone di merda vanno” sotto casa di un consigliere comunale della Lega per chiedere “Scusi, lei sfrutta?”, dopo che il consigliere in questione ha “espresso preoccupazione per la mobilitazione delle maschere bianche, un gruppo di lavoratori anonimi che da un anno ha mosso guerra agli sfruttatori della città”. Al Pilastro nasce l’idea di una manifestazione di risposta all’incursione di Salvini, per venerdì 23. “Nessuno nega i problemi ma è importante affrontarli insieme. E questo lo stiamo facendo. Per percorrere insieme la faticosa strada del riscatto anche da tanti pregiudizi”, recita l’appello: “In questi anni associazioni, singoli cittadini, istituzioni scolastiche, Quartiere San Donato-San Vitale, Comune di Bologna e forze dell’ordine si sono impegnate fortemente per migliorare la qualità del territorio e la vita delle persone. Molti progetti sono stati realizzati e ci sono ancora tante cose da fare; il Pilastro ha tante eccellenze, un tessuto civico forte e una tradizione di dialogo tra cittadini ed istituzioni”. Poi: “Non abbiamo bisogno di racconti caricaturali e di passerelle che incitino allo scontro sociale. Abbiamo bisogno invece di una politica che faccia proposte serie e di progetti di collaborazione civica che possano aiutarci a risolvere i problemi del nostro territorio, consolidando la cultura della legalità democratica, del rispetto e della solidarietà”. Annunciano la propria partecipazione o comunque si presentano all’appuntamento diversi esponenti del centrosinistra, compresi vari candidati alle regionali. Altri ancora al Pilastro si sono già fatti vedere nei giorni precedenti.

La manifestazione raccoglie centinaia di persone. E’ presente Yassine, il 17enne che Salvini via citofono ha di fatto accusato di spacciare. “Fino a qualche giorno fa, la gente mi conosceva come Iaia la ‘cartola’, adesso la gente mi vede come Iaia lo spacciatore. È stata veramente una botta dura per me”. C’è anche il sindaco Merola e quando prende la parola, alcuni ragazzi lo contestano: “Sciacallo anche tu come Salvini, vieni a fare campagna elettorale”. Si arrabbia l’assessore Matteo Lepore, rivolgendosi così a uno dei contestatori: “Tu vieni qua a protestare contro la gente che si impegna per liberare il quartiere, a fare un presidio democratico, vergognati. Tu devi votare Salvini”. Neanche Merola la prende bene e, ricordando di essere cresciuto proprio al Pilastro, dice: “Sono al Pilastro dal ’64, vengo tutti i giorni al Pilastro, il sabato vado a mangiare dalla mia mamma, sono il sindaco di questa città, e allo sciacallo che mi grida ‘sciacallo’ non posso far altro che dire: peccato, sei un’occasione persa per la nostra comunità”. Sull’episodio, il collettivo Hobo pubblica su Facebook un video e scrive: “A due giorni dalle elezioni, il Pd ha provato a chiudere la campagna elettorale presentandosi al Pilastro, al presidio indetto dalle associazioni di quartiere in risposta alla provocazione dell’altro giorno di Salvini, col sindaco Merola, l’assessore Lepore e altri membri della Giunta. Ancora una volta il Pd ci ha mostrato la specularità rispetto a Salvini: entrambi sciacalli che si presentano nei quartieri soltanto per la passerella elettorale e per farsi selfie. Alcuni ragazzi del quartiere, che vivono quotidianamente i problemi causati dal governo Pd e dai suoi avi, hanno infatti gridato ‘basta campagna elettorale!’, ‘Merola sei uno sciacallo!’, ‘Che cosa hai mai fatto per il Pilastro?!’. Il sinistro assessore Lepore, particolarmente esagitato perché non abituato al confronto con persone in carne e ossa, si è messo ad urlare contro uno dei ragazzi, dandogli del buffone. Un assessore che campa di politica che dice a un ragazzo di ‘andare a fare della legna per il quartiere’: ecco in poche parole cos’è il Pd! Gli sciacalli come Merola e Salvini vanno contestati senza se e senza ma”.

Più o meno, salvo qualche possibile dimenticanza, ecco cos’è successo nell’ultima settimana di campagna elettorale al Pilastro e in merito al Pilastro.

Anzi, no. C’è un’altra cosa. La rapina del 20 gennaio non c’è mai stata.

Si era trattato di una messinscena. La 15enne era d’accordo con il ‘rapinatore’, un 19enne, assieme al quale ha simulato l’aggressione e la rapina. La polizia è risalita al 19enne grazie alla geolocalizzazione del telefono rubato e lo ha arrestato. Agli agenti il ragazzo ha raccontato che in sostanza lui e la 15enne si erano accordati per inscenare la rapina, in modo che lui potesse tenersi il cellulare della ragazza, visto che gli serviva un telefono, e lei potesse giustificare in qualche modo il fatto di non avere più il cellulare. Il giovane ha anche fornito le prove, mostrando ai poliziotti alcuni video, salvati sul telefono, in cui si vedono lui e la ragazza ‘fare le prove’ della rapina. Entrambi sono stati denunciati per procurato allarme e simulazione di reato.