Una conversazione con Louis e Franco Nero

In occasione dell’anteprima bolognese del film La rabbia di Louis Nero, intervistiamo il regista e uno degli attori principali, Franco Nero, icona del cinema italiano.
9 marzo 2008 - Simona Cristinziano e Marcello Aguidara

> Leggi la recensione del film "La rabbia"

Louis Nero Louis Nero nasce a Torino nel 1976 e si laurea al DAMS nel 1999. Attualmente sta conseguendo la seconda laurea in filosofia teoretica. Dal 2004 è membro permanente della giuria del David di Donatello. All’oggi ha realizzato, prodotto e distribuito, tre lungometraggi, oltre a numerosi corti usciti regolarmente in sala, in Home Video e in televisione. I titoli sono: Golem, Pianosequenza (film realizzato in un unico piano sequenza), Hans. I suoi film hanno partecipato ai più importanti festival internazionali.

D: Dopo una serie di film in cui riflettevi sul linguaggio cinematografico, adesso parli proprio del cinema e del suo sistema: cosa ti ha spinto a farlo?

R: In realtà non è un film autocritico rispetto alla situazione del cinema italiano, che comunque è abbastanza universale. La cosa che mi ha portato, a prescindere dal singolo film, ad affrontare il mondo del cinema è solo quello di fare un film sul mondo del cinema. Ormai il cinema è diventato la mia vita, volente o nolente. Parlo di cinema, faccio cinema, produco film di giovani, quindi mi sembra l’ambiente che conosco meglio. Finora ho rappresentato in modo molto lirico: non c’è realismo né neorealismo, ma c’è un viaggio all’interno del mondo del cinema, con una critica alla produzione che non vuole aiutare il cinema come arte. Uno dei personaggi del film, infatti, dice <>: questo è secondo me è il messaggio che tutti i giovani dovrebbero far proprio quando affrontano questo mondo, ricordandosi che il cinema è arte. Se tu vuoi far cinema, devi farlo per passione, non puoi metterti a cazzeggiare pensando se quello può piacere o no al pubblico. Il mio film descrive le dinamiche, all’interno del set, che tutti i giovani registi hanno quando vanno in contrasto con i produttori. Le figure di produttori che descrivo sono sostanzialmente vere, senza fare nomi. Ad esempio il distributore, interpretato da Gregorio Napoli, dice al regista che i film autoprodotti non gli interessano. Uscito il regista, entra la segretaria e chiede perché aveva detto che il film non gli interessava se ancora non l’aveva visto. Lui risponde "i film autoprodotti, visto uno, visti tutti". Questa è la situazione del cinema italiano. Se tu sei una persona che esce fuori dal sistema e produce qualcosa da solo, puoi dimenticarti che il sistema ufficiale ti dia almeno un’occhiata, per il fatto che il tuo film non arriva dalla loro catena. Ed è una cosa tristissima.

D: Una sorta di mafia, per cosí dire…

R: No, no, è una mafia a tutti gli effetti. Non ti sparano ma ti uccidono facilmente togliendoti gli schermi.

D: Hai diretto grandi attori. Com’è stato dirigere una persona che è un grande regista, con una decennale esperienza, come Tinto Brass?

R: Con Tinto è stato divertente. E’ un personaggio in parte fanciullesco ed è l’immagine che appare al pubblico. Poi in realtà ha una serietà dietro. Non vuole che gli si tocchi la sua immagine. È laureato in filosofia. Ha voluto leggere la sceneggiatura e sapere come la giravo: una volta ottenuta la sua fiducia, ci siamo divertiti. Lui mi diceva “Metto un’altra parola”, “Mettiamo culo qua” e io sempre “No basta”, ma è stata una cosa divertente. Poi ci ha aiutato con la promozione, lui a 71 anni, girando con noi gratis. Mi ha detto che gli ricordavo lui da giovane, quando agli inizi di carriera doveva fare la guerra contro tutti, e quindi mi ha aiutato volentieri. È un amicone. Finito di girare siamo usciti tutti insieme fino alle 6 di mattina, quindi è un gran personaggio.


Franco Nero Franco Nero nasce a San Prospero (Parma) nel 1941. Esordisce in televisione nel 1964 con il film La ragazza in prestito, ma è lo spaghetti-western Django, di Sergio Corbucci, che lo rende famoso nel 1966. Franco Nero continua a recitare in numerose pellicole del genere.
La sua carriera cinematografica è molto prolifica; tra i vari registi cinematografici e televisivi per cui lavora ci sono Rainer Werner Fassbinder, Elio Petri, Luis Buñuel, Tinto Brass, Florestano Vancini, Carlo Lizzani, Marco Bellocchio e Enzo G. Castellari. Anche Hollywood è ammaliata dall'attore italiano, che tra l'altro recita nel kolossal di John Huston La Bibbia. Fra le più recenti apparizioni nel cinema americano si può citare 58 minuti per morire - Die Hard con Bruce Willis.

D: Lei è stato protagonista di un periodo in cui il cinema italiano sfornava ogni anno nuovi autori. Perché adesso si fa così fatica a trovare uno spiraglio di visibilità?

R: Perché allora c’era un’industria cinematografica: vuol dire che c´era spazio per tutti i generi. C’era il film politico, il film sociale, il thriller, il film western, il comico, il film di Franco e Ciccio… insomma c’era l’industria cinematografica, c´erano i veri produttori che facevano dei film commerciali per incassare e a volte lo stesso produttore impiegava anche un po’ di soldi per fare un film artistico. Adesso un’industria cinematografica non esiste; si fanno dei film.

D: Crede che questo sia imputabile alla televisione?

R: Si certo, la tv di sicuro. A quel tempo non c´era la tv, ma le distribuzioni regionali, la Euro International ecc, che si mettevano d´accordo su un progetto che piaceva e si poteva mettere da parte un po’ di budget per questo progetto. Poi si faceva sempre una coproduzione con Francia, Spagna e Germania; in più c´era un venditore estero che dava un minimo garantito. I film che ne venivano fuori erano allora “signori film” che si giravano in 12, 13 settimane (col passare degli anni si arriva alle 10,9,8,7..), oggi i film si fanno in 4, 3 settimane.

D: Non è una conseguenza della carenza di giovani autori?

R: No,no no no…perché oggi si investe in televisione con le fiction. Oggi non si può fare un film se non c´é la tv di mezzo o se non si ha un diritto d´antenna. Questo perché oggi non si fanno più coproduzioni, quindi quando un regista o un autore ha una storia, non si rivolge più ad un produttore ma ai funzionari, che vogliono film per la tv. Quelli fatti per il cinema vengono tagliati di qua e di là perché il funzionario non li accetta così come sono, non verrebbero mai mandati in prima serata. In Italia adesso vanno per la maggiore i film di Natale, i film comici. E che cazzo! Mica si può sempre ridere o ascoltare sempre i soliti sketch! Del resto delle volte fanno delle cose anche più divertenti in televisione. C’è poi il grande mercato americano e quindi poco spazio per un altro genere di film. Fino al 1981, prima dell´avvento della tv ( io dico l´avvento della tv perché quando è entrata la tv privata come Mediaset, la RAI ha iniziato ad adeguarvisi), in Italia c´erano 13 mila sale; dopo l´80 si è perso circa il 90 %; adesso siamo con 3000 schermi, ciò vuol dire che molte sale hanno una sessantina di posti, non sono i cinema di 600- 700 posti, capisci!?

: Per lei una distribuzione alternativa, come quella del circuito home video, può essere una soluzione?

R: Senti, il film va visto al cinema, al buio, col grande schermo. Queste cose funzionano se uno si perde un film, ma non è mai la stessa cosa. È un rito andare al cinema, c´è la magia del cinema. Essere sul divano a casa non è la stessa cosa. Infatti i film più belli, non solo italiani anche stranieri, si vedono di notte, dopo la mezzanotte..oppure per niente!

Marcello, Simona e Franco Nero