Il cacciatore di aquiloni, di Marc Forster

Esce il 28 marzo in tutte le sale italiane il film "Il cacciatore di aquiloni", dal noto romanzo di Hosseini... per continuare a sperare di essere delle persone migliori.
Ilaria Rose

È difficile descrivere gli ultimi tragici trent'anni della storia dell'Afghanistan, dall'invasione sovietica al regime talebano. C'è troppa violenza di cui bisogna rendere conto, si corre il facile rischio di cadere nel banale, o peggio, nel volgare.
Il cacciatore di aquiloni invece riesce a raccontare tutto con una raffinatezza e una poeticità che vanno a toccare corde profonde: fa riflettere senza paura, fa commuovere senza imbarazzo, fa piangere senza vergogna.
È la storia di due bambini afgani: Amir, ricco, istruito, di etnia Pashtun e Assan, figlio del servitore di famiglia, povero e Hazara, un'etnia caratterizzata da spiccati tratti mongoli e considerata inferiore. Così diversi eppure amici, uniti dalla passione per gli aquiloni. Ma poi qualcosa si rompe: Assan subisce una violenza sessuale da parte di un ragazzino razzista, che rivedremo poi nelle alte sfere del regime talebano. Amir vede. Non interviene. Finge di non avere mai visto. Finge di riuscire a dimenticare. Va in America, si sposa, realizza il sogno di diventare uno scrittore di talento. Dopo anni torna nel paese di un tempo, dove il terrorismo dei talebani ha lasciato solo ombre e spettri di ciò che era, per riscattarsi da un passato che non lo ha mai abbandonato, per capire che in fondo è meglio essere feriti da una verità che consolati da una menzogna.
Questi sono gli eventi. Ma non possono portarci a comprendere un film che racconta, sopra ogni cosa, emozioni.
L'aquilone, che i due bambini fanno volare con orgoglio sopra il cielo di un paese ancora in pace, è il vero protagonista di questa storia. Ci dice che "esiste un modo per tornare a essere buoni": è la speranza di un futuro migliore, dove le diversità riescono a convivere e a rispettarsi.

L'adattamento cinematografico dall'omonimo romanzo dello scrittore americano di origine afgana, Khaled Hosseini, è piuttosto fedele e restituisce tutta l'emozione della parola scritta. Marc Forster ha saputo scegliere degli attori straordinari,soprattutto quelli che danno il volto ai due piccoli amici, tutti di origine afgana . Cosa che ha creato parecchi problemi: i due bambini sono dovuti emigrare con le loro famiglie a Dubai, negli Emirati Arabi, per paura di ritorsioni da parte dei talebani, che hanno rigorosamente vietato la visione del film.
Un film che, invece, è assolutamente da vedere. E' si la storia del popolo afgano, della situazione terribile in cui vive da decenni e della sua miseria che neanche oggi, a causa delle operazioni militari della Nato, conosce tregua, ma è anche e soprattutto una storia che ha molto da dire sull'uomo e sui suoi affetti.

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