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“Vodka a colazione”, auto di lusso, le visite di Cossiga, Fellini e di agenti stranieri: la vita del presunto mandante della Strage

Il ritratto emerso dalla testimonianza di un collaboratore di Federico Umberto D’Amato, che era anche critico culinario, nell’udienza di oggi del nuovo processo sull’attentato del 2 agosto 1980. L’altroieri aveva invece deposto un consulente della Procura generale, parlando di un “uomo geniale ma amorale” e che “sapeva ricattare”.

28 Maggio 2021 - 17:31

“Una persona benestante con uno stile di vita dispendioso”, la moglie “girava in Porsche”. Federico Umberto D’Amato, ex capo dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, oggi deceduto, è ritenuto dalla Procura generale mandante-organizzatore dell’attentato e principale contatto con gli ambienti del neofascismo eversivo. La sua figura è stata al centro dell’udienza di oggi del processo sull’attentato a carico dell’ex militante di terza posizione Paolo Bellini, dell’ex carabiniere Piergiorgio Segatel e di Domenico Catracchia, responsabile delle società, legate ai servizi, che affittavano gli appartamenti di via Gradoli a Roma dove nel 1981 trovarono rifugio alcuni neofascisti. A deporre in Tribunale è stato Claudio Gallo, collaboratore tra 1989 e il 1994 di D’Amato, di cui fu nominata erede universale Antonella Gallo, sorella del testimone sentito oggi, anch’ella deceduta.

Antonella visse cinque anni nell’abitazione di D’Amato, aiutandolo insieme al fratello nel lavoro di critico culinario per l’Espresso, e in quel periodo furono molti i personaggi celebri che facevano visita. Tra questi, Francesco Cossiga, ministro degli Interni dal 1976, degli Esteri dal 1978, presidente del Consiglio nel 1979-80, del Senato nell’83-84 e infine della Repubblica dal 1985. Poi Vincenzo Parisi, direttore del Sisde tra il 1984 e il 1987 e capo della Polizia nei successivi sette anni (per lui faceva la rassegna stampa “ogni mattina, dopo un bicchierino di vodka per colazione” ha raccontato Gallo), Paolo Emilio Taviani, ministro democristiano in ben 16 governi della prima Repubblica e parlamentare ininterrottamente dal 1948 al decesso avvenuto nel 2001 (quando era senatore a vita da10 anni). Ancora, un agente della Cia e uno del Mossad che veniva “per la manutenzione delle bambole meccaniche che D’Amato collezionava e di cui andava molto fiero”. Non solo politici e uomini dell’intelligence: anche Vittorio Sgarbi, Bruno Vespa e Federico Fellini, per il quale D’Amato avrebbe scritto parte di una sceneggiatura per un film su Napoli mai girato.

Complici forse i superalcolici di prima mattina, ogni tanto, racconta ancora Gallo, si lasciava andare a considerazioni tranchant: “Una volta ci disse che Licio Gelli era un cretino”. Andreotti? “Politicamente aveva fatto delle grandi cavolate, ma era una persona integra”. Giudizi poco lusinghieri sarebbero stati riservati invece a Oscar Luigi Scalfaro.

Altre informazioni su D’Amato sono state quelle fornite da Aldo Giannulli, consulente della Procura generale, sentito nell’udienza di mercoledì scorso: “È sempre stato un uomo geniale ma amorale, che faceva accordi con chi gli conveniva, momento per momento, ha mantenuto un piede a destra ma per controllarla, ma non ne è mai stato organico, ha sempre giocato un ruolo personale. Era come i gatti, pur cadendo lo faceva sempre sulle zampe: non aveva principi politici o ideologie” e “sapeva ricattare”.