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Virus, il Comune “fa retromarcia sui licenziamenti”

Sgb: per insegnanti precarie ristabiliti “diritti, contratti al 30 giugno e dignità”. Usb su case di riposo: “Centinaia di anziani muoiono di coronavirus”, necessario “commissariare servizi e strutture private e accreditate” in regione. Adl Cobas: “Applicare Cura italia, garantendo servizi alla persona tramite lavoro a distanza e telelavoro”.

31 Marzo 2020 - 19:14

Altri undici pazienti affetti da Covid-19 hanno perso la vita nel territorio metropolitano, dove salgono a 1.680 (61 in più di ieri) i casi di positività accertati, di cui 260 nell’imolese. Complessivamente in Emilia-Romagna si contanto 14.074 casi di positività (+543) a fronte di 54.532 test effettuati (+3.542). I ricoverati in terapia intensiva sono 353 (+2), in isolamento a casa ci sono 6.069 persone (+173), i guariti sono 1.477 (+250), di cui 360 risultati negativi in due tamponi consecutivi. I posti letto aggiuntivi allestiti sono 5.039. Nelle altre province: Piacenza 2.635 (119 in più), Parma 1.933 (74 in più), Reggio Emilia 2.307 (99 in più), Modena 2.222 (85 in più), Ravenna 580 (12 in più), Forlì-Cesena 730 (47 in più), Rimini 1.407 (25 in più).

Intanto, Sgb Comune di Bologna in un comunicato stampa diffuso in mattinata scrive: “Il Comune di Bologna è costretto a fare retromarcia sui licenziamenti delle insegnanti precarie”. Pochi giorni fa il sindacato di base aveva denunciato come Palazzo D’Accursio stesse procedendo a licenziare alcune lavoratrici e lavoratori della scuola, i cui contratti sarebbero dovuti terminare il 30 giugno, nonostante all’inizio dell’emergenza coronavirus fosse stato garantito il mantenimento di tutti i posti di lavoro. “Da questa mattina -spiega Sgb- alle ore 9.00 la Istituzione Educazione Scuola del comune di Bologna, sta contattando le lavoratrici ristabilendo diritti, contratti al 30 giugno e dignità. Anche in epoca di coronavirus la lotta paga e ‘gli urlatori’ di Sgb, come ci definiscono i sindacati accomodanti cgil cisl e uil, hanno avuto la meglio! A chi come Cgil ci aveva tacciato di insubordinazione, di essere irresponsabili, di essere un sindacato minore -nonostante Sgb sia il secondo sindacato in termini di iscritti e voti al Comune di Bologna-, ricordiamo che è dovere del sindacato manifestare dissenso laddove ci sono ingiustizie, ascoltare i lavoratori e combattere i soprusi, lottare fianco a fianco per il ripristino dei diritti e della dignità calpestati. Qualcuno evidentemente pensa che le dinamiche autoritarie che l’emergenza sanitaria sta facendo affiorare, le quali consegnano nelle mani di pochi dirigenti, politici e dei sindacati di comodo il destino e la vita dei lavoratori, siano giuste e si debba ‘obbedir tacendo’. Questo qualcuno si sbaglia di grosso se crede che assisteremo ai soprusi senza proferire parola! Senza false ipocrisie Sgb del Comune di Bologna ha ottenuto quello che gli altri non avevano il coraggio di pretendere; il minimo dovuto: il diritto ad un contratto per continuare a vivere, lottare e sperare! Noi continueremo ad essere un punto di riferimento certo per tutti i lavoratori del Comune di Bologna, perché non abdicheremo alla nostra funzione sindacale lottando anche ora, in tutte le forme possibili per la sicurezza sanitaria, lavorativa e per la dignità di tutti i lavoratori”.

Parlando invece di enti regionali, è Usb a lanciare un forte atto di accusa verso “l’Emilia di Bonaccini e la Lombardia di Fontana” definendole “una vergogna nazionale”. “Centinaia di anziani – si legge nel comunicato diffuso questa mattina – muoiono di coronavirus nel silenzio generale, abbandonati dai gestori pubblici e privati nelle case di riposo. Nel silenzio più generale dei media si sta consumando un’ecatombe di persone anziane ospiti delle case di riposo gestite sia dal Pubblico sia dal Privato. Agli anziani che mostrano sintomi di contagio (febbre alta, tosse, apnea respiratoria, ecc.) non viene realizzato il tampone di verifica, non vengono isolati all’interno delle strutture e all’intervento della guardia medica o della pubblica assistenza, non consegue il necessario ricovero a causa della mancanza di posti letto nelle strutture ospedaliere preposte. L’insufficienza di posti letto ha generato in Emilia Romagna e in Lombardia una precisa scelta politica, da tutti negata ma evidente a chiunque, in cui l’anziano è un soggetto debole e quindi sacrificabile, al punto di lasciarlo morire a causa del contagio nelle case di riposo senza le necessarie cure ospedaliere. Alcuni dati che siamo riusciti a raccogliere in merito delineano un quadro in cui non si rilevano grandi differenze tra ciò che sta accadendo in Emilia Romagna ed in Lombardia. Per comprendere ciò di cui stiamo parlando si consideri ad esempio quello che succede in Emilia Romagna nella provincia di Parma. La Cra di Sissa nel giro di pochi giorni è passata da 10 a 21 morti cioè il 40% degli ospiti e il 50% del personale in malattia; la Cra di Soragna sempre in pochi giorni ha visto morire 8 dei 50 ospiti, cioè il 16% ed il 50% circa del personale a casa in malattia. La CRA Peracchi di Fontanellato negli ultimi giorni ha visto morire 2 ospiti, ma la struttura è stata giudicata dalla guardia medica completamente compromessa dal contagio, a tal punto che la pubblica assistenza interviene per ricovero ospedaliero solo nei casi di gravità terminale della malattia. A Villa Matilde di Bazzano (Neviano degli Arduini) si riscontrano 30 decessi pari al 43% dei 70 ospiti e anche in questo caso la struttura è stata dichiarata Covid”.

Continua il comunicato: “La situazione appare del tutto analoga in Lombardia, per la quale citiamo due episodi giunti alla ribalta delle cronache, alla casa di riposo di Monbretto di Mediglia sono deceduti 59 anziani, cioè il 40 % dei 150 ospiti. Per non parlare della casa di riposo Santa Chiara di Lodi, dove sono morti 40 ospiti su 250. Rileviamo che in tutte queste situazioni, ovunque, i dispositivi di prevenzione e protezione sono stati forniti agli operatori solo successivamente alla conclamata esplosione del contagio nelle strutture e in molti casi tali presidi di sicurezza sono forniti in maniera inadeguata e parziale. Tutto questo rappresenta una logica nella quale si evidenzia una gestione della sanità piegata alle politiche di bilancio, dovuta ai tagli imposti negli ultimi trent’anni alla sanità pubblica. Una logica tale per cui il diritto alla salute degli anziani rappresenta un costo non sostenibile. Usb rifiuta questo tipo di logica e rivendica la necessità di un sistema sanitario completamente pubblico che in quanto tale non lasci indietro nessuno a partire dai soggetti più deboli”.

Sullo stesso tema verte un comunicato di Usb Coop Sociali e Usb Lavoro Privato, che chiedono un intervento urgente della Regione “sulle gravi segnalazioni dalle residenze per anziani e disabili e dai servizi domiciliari”, con la richiesta di “commissariare i servizi e le strutture private e accreditate”. Spiega il sindacato: “Dopo i casi registrati negli ultimi giorni, alla casa di riposo Sant’Anna, all’Asp Rodriguez di San Lazzaro di Savena e alla CRA di Budrio di pazienti e operatori contagiati e di alcuni deceduti a causa del virus Covid-19, altre segnalazioni arrivano al sindacato da parte di lavoratori dei servizi socio-sanitari-assistenziali, gestiti in larga parte dai soggetti del Terzo Settore, tra cui numerose cooperative sociali del nostro territorio. Si tratta dei servizi di Assistenza domiciliare e delle Residenze Protette per anziani e disabili. Ebbene ci giungono numerose segnalazioni dalla residenza del ‘Parco del Navile’, struttura privata con alcuni posti in accreditamento che può ospitare fino a 110 ospiti anziani e disabili, nella quale i casi di Covid-19 accertati sono circa una ventina tra gli ospiti, tra i quali si sono verificati ad oggi cinque decessi; nessun tampone, da quello che ci risulta, è stato previsto per gli oltre 50 operatori della struttura. Le segnalazioni riguardano la totale inadeguatezza dei percorsi di gestione in sicurezza e delle procedure da mettere in atto, l’assoluta inadeguatezza e mancanza dei Dpi. Allo stato attuale i responsabili della struttura e circa metà del personale sono tutti in malattia, quindi la struttura è lasciata alla gestione del rimanente personale infermieristico e sociosanitario. Stesso tipo di segnalazione sull’inadeguatezza gestionale e procedurale riguardano le strutture residenziali del territorio metropolitano come il CSRR ‘Albero Blu’ (2 utenti Covid accertati, 1 sospetto e metà del personale in quarantena), e il Csrr ‘Battindarno’ (6 utenti ricoverati per sospetto Covid, 1 decesso). Anche i servizi di Assistenza Domiciliare Integrata del Comune e della provincia, per anziani e disabili, manifestano le stesse problematiche organizzative e procedurali: mancata definizione dei casi urgenti e indifferibili, assoluta inadeguatezza dei Dpi, gravi carenze procedurali sui percorsi in salvaguardia della gestione dei casi Covid-19. Ad aggravare il tutto, nei giorni scorsi, la sottovalutazione generalizzata della situazione da parte dei responsabili dei singoli servizi, che il più delle volte hanno risposto alle legittime preoccupazioni degli operatori su assenza di DPI e procedure con la necessità di non alimentare gli allarmismi”.

Continua il comunicato: “Ad oggi risultano totalmente assenti i tamponi e i test sierologici tra gli operatori, una misura necessaria a garantire la sicurezza degli ospiti e degli stessi lavoratori di servizi e strutture. La Regione Emilia Romagna, con la sua nota del 20 marzo ‘Emergenza CoViD-19: indicazioni per i servizi territoriali sociosanitari e strutture residenziali per anziani e persone con grave disabilità’ imponeva proprio l’adozione di misure, quali ‘la riprogrammazione dei piani di assistenza al fine di razionalizzare le risorse di personale’, da garantire ai pazienti più gravi e ai casi urgenti e indifferibili’; la predisposizione di ‘procedure e percorsi specifici’ sia per gli ospiti positivi al Covid, sia asintomatici; oppure ancora il blocco dei nuovi ingressi, limitati a pochi casi eccezionali. Ci troviamo di fronte, dunque, ad una grave inadeguatezza e impreparazione nella gestione di questi servizi essenziali da parte degli enti gestori privati, che mette a rischio ogni giorno la salute di lavoratori e ospiti, a causa della impossibilità di disporre di adeguate procedure, percorsi e dispositivi di protezione. Ricordiamo quanto previsto nella stessa nota regionale del 20 marzo, la quale indica tra le altre cose che ‘La Regione prevede, in caso di situazioni anomale di contagi e decessi degli utenti nelle strutture, di intervenire tempestivamente con misure a tutela degli ospiti e degli operatori’. L’Usb chiede con forza la predisposizione del tampone e dei test sierologici per tutti gli addetti dei servizi essenziali attualmente gestiti dal Terzo Settore, e l’intervento urgente della Regione a verificare procedure, percorsi e piani di assistenza constatandone l’adeguatezza, fino a commissariare i servizi e le strutture quando non sussistano le necessarie condizioni di sicurezza per operatori e ospiti, come nei casi segnalati. Le strutture sono sull’orlo del collasso, bisogna intervenire immediatamente per evitare il peggio.

Da Adl Cobas arriva invece la richiesta di “applicare in maniera uniforme su tutto il terriorio regionale l’art.48 del Cura italia, garantendo i servizi alla persona tramite lavoro a distanza e telelavoro e il reddito per il personale in appalto”. Spiega il sindacato di base: “In data odierna l’Adl Cobas Emilia Romagna ha inviato comunicazione ufficiale ai principali enti pubblici committenti dei servizi alla persona della regione – ai Comuni e all’Anci regionale, alle Ausl, alle Prefetture (per quanto riguarda i Centri d’accoglienza) – per richiedere la piena e corretta applicazione dell’art. 48 del decreto Cura Italia, che autorizza la rimodulazione dei servizi e il pagamento degli enti gestori con i fondi stanziati e messi nel bilancio preventivo, poiché i tentennamenti interpretativi dello stesso e la disomogeneità tra i vari territori sull’attivazione del lavoro a distanza e telelavoro stanno producendo enormi disagi e diseguaglianze inaccettabili, sia agli utenti sia alle lavoratrici e ai lavoratori impiegate/i nei servizi. Il fatto che in alcuni Comuni, a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19, vengano garantite solo al 50% del monte-ore del servizio, mentre in altri non è stata attivata alcuna rimodulazione a distanza delle attività sta l’abbandono di migliaia di famiglie e singoli, in particolare dove sono presenti situazioni di grave disabilità e di forte disagio, senza un supporto essenziale in questo momento di enorme difficoltà”.

Prosegue Adl Cobas: “L’art. 48 del dl. Cura Italia autorizza infatti la rimodulazione dei servizi tramite il telelavoro e l’utilizzo delle medesime risorse in bilancio già stanziate per gli stessi, di modo da garantirne per quanto possibile la continuità e al contempo la garanzia reddituale degli addetti. Il fatto che all’interno del territorio regionale gli enti pubblici committenti, Comuni in primis, procedano in maniera disomogenea alla ricezione di tali disposizioni normative ha determinato finora disparità inaccettabili, per l’utenza ma anche per i lavoratori e le lavoratrici, addirittura all’interno della medesima Cooperativa con trattamenti economici differenziati in base al territorio dove lavorano. È questa l’ennesima difficoltà per una forza-lavoro già strutturalmente precaria, troppo spesso impiegata in part-time involontario o con reddito di fatto intermittente e non garantito, in caso, ad esempio, di assenza del bambino o per chiusura della scuola per maltempo. Medesime difficoltà economiche che stanno ricadendo su tutto il personale che lavora a domicilio e in generale in tutti i servizi alla persona in appalto. Per questi motivi è necessario che l’ANCI e tutti i Comuni e le rispettive ASP per i tutti servizi socioeducativi e socio-assistenziali, le AUSL per i servizi di assistenza sanitaria e le Prefetture per le strutture di accoglienza, recepiscano le indicazioni dell’art. 48 del decreto Cura Italia in modo di poter corrispondere in ogni caso il 100% del pagamento sui monte ore delle lavoratrici e lavoratori impiegati a vario titolo nei servizi in appalto che altrimenti si troveranno come già sta avvenendo a non poter avere la sussistenza economica per poter vivere. In questo senso anche la Regione Emilia-Romagna deve fare la sua parte: ribadiamo che, come abbiamo già richiesto nell’incontro telematico tenutosi il 26 marzo scorso alla vicepresidente con delega al Welfare Elly Schlein e all’assessore al lavoro Vincenzo Colla, è necessario che la Regione istituisca una cabina di regia, al fine di stabilire linee d’indirizzo chiare e univoche e garantire una gestione uniforme per tutto il territorio regionale. Infine, per far emergere tutto il supporto alla presente richiesta, l’ADL Cobas lancia in coordinamento con la Rete nazionale e intersindacale degli operatori e operatrici sociali un’iniziativa di mailbombing per giovedì 2 aprile, invitando tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici dei servizi e tutta l’utenza ad inviare una mail agli enti committenti per richiedere continuità dei servizi e garanzia di reddito”.