“Sono stati anche troppo buoni”, dice lo scrittore, ieri a Vag61 per presentare il documentario “Rivolta”. Negli anni Settanta “eravamo vogliosi di vivere, ribelli per questo”. La rivoluzione? “Si può fare divertendosi un casino”.
“Oggi non ci devono proporre divisioni che non hanno più senso. Una parte buona del movimento, una parte cattiva del movimento… Questo può riguardare quelli che erano e sono ancora i nostri nemici. Quelli che hanno avuto anche il coraggio di presentarsi l’11 marzo a commemorare qualcuno che era stato ucciso dai loro predecessori”. E’ con queste parole che Valerio Evangelisti, ieri a Vag61, ha scelto di cominciare il proprio intervento nella serata di presentazione di “Rivolta”, documentario di Maurizio ‘Gibo’ Gibertini sull’Autonomia Operaia di Bologna. Terminata l’iniziativa, abbiamo chiesto a Valerio di dirci qualcosa in più sulla contestazione dei rappresentanti istituzionali davanti alla lapide che ricorda l’uccisione di Francesco Lorusso. “So che alcuni compagni dicono che bisognerebbe passarci sopra”, commenta lo scrittore, ma aver contestato l’amministrazione comunale, l’Università ed il Pd è stato “più che legittimo, anzi sono stati perfino troppo buoni. Osano farsi vedere i discendenti, addirittura peggiorati, dei mandanti morali della morte di Francesco? E’ una cosa vergognosa anche che lo abbiano solo pensato”.
Tornando alla presentazione di “Rivolta”, Evangelisti si sofferma su un aspetto degli anni Settanta troppo spesso dimenticato. Il movimento di quegli anni, “al di là delle possibili distinzioni e appartenenze o differenze di analisi, viveva assieme. Si riuniva negli stessi posti, negli stessi bar. Faceva il collettivo separato ma poi era una collettività sempre unita, in qualche modo. Negli scazzi, nell’amicizia, in tutto. Una comunità coesa. Qualcosa di quello non so se è rimasto, ma deve rimanere”.
Continua Evangelisti: “Non abbiamo mai rinunciato alla visione del mondo maturata allora. Perchè era una visione del mondo, non un’ideologia”. Infatti “quel movimento non chiedeva nulla, non c’era una lista di obiettivi”. Un esempio? Un incontro ottenuto con i vertici della Facoltà di Scienze politiche. Agli studenti fu chiesto di fare una lista di richieste: “Una- ricorda Evangelisti- era un viaggio collettivo su Machu Picchu per la danza del sole…”.
Insomma “ci si creda o no, in quegli anni ci si divertiva. Erano gli anni di piombo, ma mica per noi. Per noi erano anni esilaranti. Io non mi sono mai divertito così tanto nella mia vita”, dice Evangelisti. Tutt’altra realtà rispetto a quella rappresentata in certi film, come “La prima linea”, di Renato De Maria: “E’ di una tristezza…”, i personaggi sono “sempre cupissimi e parlano sotto voce” anche per dire “passami la caffettiera…”. Invece “non era così, eravamo giovani e vogliosi di vivere. Vogliosi di vivere nel miglior modo possibile, ribelli per questo. Per noi la rivoluzione era anche una festa. Lo scrivevamo e non ci credeva nessuno, invece era la verità”.
Il precariato “non era lo stesso di oggi ma c’era ugualmente”, continua lo scrittore. “C’era il cosiddetto decentramento produttivo, non all’estero ma sul territorio italiano. L’Università veniva comunemente definita un parcheggio di disoccupati” e “la feroce ostilità per il Pci era anche per motivi strutturali”. Perchè “noi allora avevamo riconosciuto nella piccola impresa, spesso, un luogo di sfruttamento peggiore di quanto non fosse la grande. Specialmente in Emilia-Romagna e specialmente se il padroncino era del Pci: allora eri sicuro che non avevi garanzie, orari di lavoro nè niente, eri in balia di questi” personaggi. “Le ronde contro il lavoro nero, cos’erano? Erano l’unica reazione possibile a quello stato di sfruttamento, in una situazione in cui i sindacati se ne fregavano assolutamente, il partito maggiore della sinistra stava dall’altra parte e le cooperative avevano già imboccato quell’evoluzione che ci spinge a dissentire vagamente dal loro operato verso la Tav ed altre situazioni del genere…”.
Il messaggio più importante per Evangelisti, però, resta uno: “Vorrei che i più giovani capissero che è possibile fare o tentare la rivoluzione, ma spesso tentare è già un fare, divertendosi. Divertendosi un casino”.
> Il video dell’intervento di Evangelisti:
> Il video dell’intervento di Gibertini:
> Alcune foto della serata:
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