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Varese / Caso Uva, pm chiede processo per la sorella

Il magistrato che non indaga i carabinieri vuole il rinvio a giudizio di Lucia Uva e dei giornalisti che hanno seguito la vicenda.

11 Luglio 2013 - 15:46

di Checchino Antonini da Popoff

E’ un colpo di scena ma non meraviglia nessuno. La procura di Varese ha chiuso le indagini sul caso Uva chiedendo il rinvio a giudizio per diffamazione a carico di Lucia Uva, di Mauro Casciari, il giornalista de Le Iene che la intervistò, il direttore di Italia Uno, rete sulla quale va in onda il celebre programma, e Adriano Chiarelli, autore del libro Malapolizia e del docufilm “Nei secoli fedeli” dedicato appunto alla vicenda della morte di una persona di 43 anni, fermata da una gazzella dei carabinieri per ubriachezza e condotta in una caserma dove c’erano anche dei poliziotti. E un testimone, fermato assieme a Uva, un suo amico, che non è ancora stato sentito dal giugno del 2008. L’indagine è nata da un esposto presentato da Lucia Uva, sorella di Giuseppe, morto all’ospedale di Varese dov’era stato portato per essere stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio dopo la permanenza in caserma. Là dentro Uva gridava ma per la sorella – cui toccherà ispezionare il cadavere – le urla erano prodotte dal trattamento inferto dai tutori dell’ordine. L’arresto, secondo i familiari di Uva, sarebbe stato illegittimo.

Per Lucia suo fratello sarebbe stato picchiato a morte ma la procura ha invece indagato i tre medici che lo curarono assolti in tutti i gradi di giudizio dall’accusa di omicidio colposo.

Al termine di uno di quei processi un giudice rispedì le carte al pm ordinando di far luce sui fatti accaduti durante la permanenza in caserma di Giuseppe. La conclusione di Abate è stata quella di ribaltare la posizione di Lucia: da parte civile ad accusata. Tutto ciò con un occhio di riguardo alla stampa che ha osato porre domande osservando i fatti con gli occhi delle vittime.

Il legale degli Uva è Fabio Anselmo, lo stesso di altre storie note di malapolizia, Aldrovandi, Cucchi, Ferrulli, Budroni. Il rischio concreto, oltre a quello di vedere alla sbarra la sorella di una vittima e alcuni giornalisti, è che la prescrizione insabbi per sempre la possibilità di far luce su quella notte in caserma. Per questo Lucia – con altri familiari di vittime di malapolizia, tra cui Claudia Budroni e Ilaria Cucchi – sarà a Roma venerdì per un sit-in in Cassazione.

«Oggi finalmente il pm Agostino Abate ha concluso il caso relativo alla morte di mio fratello. Dopo cinque anni di processi infondati fatti a vuoto contro medici innocenti il pubblico ministero, denunciato da mia figlia alla procura di Brescia per favoreggiamento ed altro commessi a favore dei carabinieri e poliziotti che trattennero abusivamente Giuseppe all’interno della caserma dei carabinieri di Varese la notte tra il 13 e 14 giugno del 2008, oggi si decide a chiedere il mio rinvio a giudizio insieme ai giornalisti delle Iene ed Adriano Chiarelli», scrive con amarezza Lucia Uva.

«Il pubblico ministero chiede l’archiviazione di tutti i carabinieri e poliziotti coinvolti e ciò contro la sentenza di un giudice. Non solo ma il pm Abate lo fa in modo da non consentire l’interruzione della prescrizione per tutti i gravi reati ipotizzati dallo stesso gip di Varese Giuseppe Fazio. Di fronte al gip il pubblico ministero ha dichiarato di aver fatto indagini e di aver contestato a tutti i carabinieri e poliziotti indagati tutti i reati ipotizzati dai giudici e da noi».

Patrizia Moretti e Ilaria Cucchi scrivono alla Cancellieri

Sullo stesso caso, Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi e Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, hanno scritto alla ministra della Giustizia Cancellieri per chiederle di «farsi carico di quanto sta accadendo a Varese».

«Che il povero Giuseppe – scrivono – sia morto per questo lo ha stabilito una superperizia disposta dal Giudice che poi ha ordinato alla procura di fare indagini per dare le risposte cui avevano diritto di avere i suoi famigliari… Ma l’ordine di quel Giudice non è stato rispettato dal pm che ha poi portato a giudizio altri 2 medici ben sapendo che le cause della morte nulla avevano a che fare con loro. Tempo perso. All’udienza del 16 aprile scorso entrambi i medici imputati sono stati assolti, e per uno di essi, la dottoressa Finazzi che aveva ammesso che il povero Giuseppe, prima di morire, le aveva detto di essere stato picchiato dai carabinieri, lo stesso dott. Abate ha chiesto l’assoluzione! Tempo perso. Non solo ma a quel Gip, il pm ha dato formalmente atto, in quanto richiestogli dallo stesso Gip, che aveva indagato tutti i carabinieri e poliziotti coinvolti nominandoli uno per uno, per tutti i reati configurati a loro carico dalle denunce presentate da Lucia. Ha dichiarato di avere effettuato le indagini richieste e che avrebbe richiesto la loro archiviazione. Non era vero.

Ora sappiamo che il magistrato Abate, nell’esercizio delle sue funzioni, ha dichiarato il falso al magistrato dott.Fazio Gip nell’esercizio delle sue funzioni.

Nessuno dei carabinieri e poliziotti coinvolti era in quel momento iscritto nel registro degli indagati. Ora sappiamo che solo un mese più tardi sono stati iscritti ma solo per il reato di lesioni. E’ accettabile un simile comportamento, è compatibile con l’esercizio ne di una funzione così delicata come quella del pm? (…) Le chiediamo di intervenire subito per salvare il processo Uva dalla Prescrizione. Confidiamo in Lei.