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Valsusa / Reportage: “Una normale giornata NoTav”

Viaggio nella “normale quotidianità della valle e il suo dissenso nei confronti di un opera inutile. Il racconto dei momenti di cui i media ufficiali non parlano mai”.

04 Maggio 2012 - 19:52

Un reportage sulla lotta in Val di Susa contro la Tav e sui suoi protagonisti. La normale quotidianità della valle e il suo dissenso nei confronti di un opera inutile. Il racconto dei momenti di cui i media ufficiali non parlano mai. Due giorni di “calma”, da Bussoleno alla Maddalena.

di Mario De Pasquale

Una pioggerella sottile ci accoglie a Bussoleno. La strada provinciale del Monginevro che sale da Torino, entra nel paese tra rotonde, semafori e strettoie, e costeggiata da una fila interminabile di case basse che dividono dalla Dora Riparia, torrente marrone e ingrossato d´acqua. Stiamo attraversando la porta d´ingresso della Val di Susa, dopo ci sono Venaus, Chiomonte, Susa, e più in alto Bardonecchia il primo comune chiuso per mafia al nord Italia. Le bandiere bianche e rosse con la scritta No Tav, ci accompagnano già dalla tangenziale di Torino. È un venerdì di aprile, un giorno normale in Italia, come in Val di Susa. Pomeriggio, parcheggiamo vicino ad campo sportivo e puntiamo sul municipio.

Dagli anni ’90.

Il progetto di ferrovia ad alta velocità Torino – Lione scuote la Val di Susa dagli anni novanta, quando Giulio Andreotti era a capo del governo e Paolo Cirino Pomicino ministro dei Trasporti. Prima di Tangentopoli, e almeno un´era fa. Come un sapiente trasformista nel circo degli intrecci tra affari e politica quel progetto ha saputo cambiare ripetutamente i suoi connotati, e i tracciati. Visti gli odierni tempi di crisi sceglie di dimagrire, riducendo in apparenza la fame di euro, senza però riuscire a nascondere una genetica voracità bulimica. Da Torino a Lione già oggi le merci che hanno voglia di transitare in ferrovia latitano, e così la linea storica del Frejus resta cronicamente sottoutilizzata, nonostante l´ammodernamento del 2007, costato oltre 107 milioni di euro. In questo momento il traforo del Frejus ha una capacità di 180 treni al giorno ed sfruttato per meno del 30% della propria capacità. I container GB1, oggetto di polemica, perché la loro sagoma sarebbe eccedente il diametro del tunnel storico, possono invece attraversarlo in tutta tranquillità.

Enrico.

Lui è un omone grande e grosso, vestito con una mimetica, e in testa porta un cappello dell´esercito. Rosso in viso, barba lunga è capogruppo dell´Associazione Nazionale Alpini di Bussoleno, ma tiene a precisare con una onestà tutta piemontese che lui alpino non lo è mai stato. Per mancanza di candidati la guida del gruppo è toccata a lui. Lo slang è stretto, e la parlantina sciolta. La sede degli alpini è proprio a fianco di quella dei No Tav. Enrico, con la sua mimetica e il suo cappello militare, e gli anfibi? Con i No Tav saranno nemici giurati, non può essere diversamente. È il preconcetto a scattare. Che volete: le cronache e i cronisti talvolta affibbiano al popolo No Tav etichette che inquietano: blak block di professionisti, mestieranti della guerriglia urbana, internazionalisti della disobbedienza discola; e peggio li dipingono come i cattivi maestri che portano le masse sulla cattiva strada. E invece è default della previsione. La divinazione fallisce. Enrico è contro l´Alta Velocità con convinzione, “Perché il treno c´è già! E non lo usa nessuno.” Non manca neanche qualche chiara idea su come sarebbe più opportuno investire sul territorio, avendo a disposizione quella montagna di euro. “La chiusa di S. Michele, sulla Dora, sarebbe ora di ripararla!”.

Gli affari sono affari.

Sordo ad ogni ragione un coacervo di soggetti fatto da stato, regione, politica, poteri forti, e comitati d´affari più o meno leciti, corroborati dalla pressione più che decisa del Pd locale, vogliono il nuovo tunnel nella montagna. È l´orgasmo del potere, dell´opera a prescindere dal consumo del territorio, il trionfo di una economia sostenuta dal foraggio pubblico, sempre in bilico tra boiardi di stato e interessi privati. E allora pur di poter saccheggiare la dispensa dei finanziamenti europei, e iniziare a salassare quelli statali, la Tav diventa low cost. Ma è soltanto il preliminare di un balletto al differire. Il governo Monti ha detto che l´opera si farà con una spesa di poco meno di tre miliardi di euro. Sul versante italiano però. In Francia i miliardi da spendere sono invece cinque. Una rapida addizione per arrivare alla stima ottimistica di otto miliardi di euro. Sembrerebbe un buon affare, per quanto si riuscito a contenere i costi… Ma nessuna illusione è possibile per i contribuenti: la spesa è modesta perché si è scelto di frazionare nel tempo la realizzazione dell´intero progetto: per ora viene messo in cantiere soltanto il tunnel di base, lungo 57 chilometri.

Il sindaco.

In Piazza Cavour comune e parrocchia di Santa Maria Assunta convivono l´uno di fronte all´altra. La chiesa sovrasta abbondantemente la casa del sindaco, signora bionda, decisa e pragmatica, che dopo i convenevoli, decide al volo di riceverci, pur sprovvisti di appuntamento. Anna Maria Allasio provenienza Pci, atterraggio Pd è contraria alla Tav, ma a modo suo. “Tanto l´opera si farà”. È difficile capire se sia soltanto fatalista o più realista del re. In ogni caso non nasconde le pressioni ricevute dal Pd torinese, convinto sostenitore di questa Tav, che come arma di pressione usa la minaccia di espulsione dal partito per i sindaci e gli iscritti dissidenti. Certo è “che si è partiti con il piede sbagliato”. In principio nessuna concertazione con i territori. Due delle aziende a cui vennero affidati i lavori preliminari, Italcoge e Geomont sono fallite in breve tempo. Ed esiste il concreto pericolo di infiltrazioni mafiose. Già nel 1995 il Comune di Bardonecchia venne sciolto per mafia, e nel 2009 la Corte di Cassazione ha riconosciuto l´esistenza di “una emanazione della `ndrangheta nel territorio della Val di Susa e del comune di Bardonecchia”. Non è finita; a marzo di quest´anno il PM Roberto Furlan ha chiesto il rinvio a giudizio con l´accusa di concorso in bancarotta fraudolenta, per i titolari della Martina srl, impresa che doveva realizzare la recinzione del cantiere della Maddalena, dal quale dovrebbero partire i primi scavi esplorativi. Da un ramo di questa azienda, rinasce con diversa proprietà la Martina service, che ritorna a frequentare gli appalti Tav, e ora lavora nel cantiere di Chiomonte. Che dire? Certamente è da segnalare la grande sfortuna della RFI , società partecipata di Ferrovie dello Stato, e gestore della progettazione e dello sviluppo dell´opera per il versante italiano nella scelta delle ditte appaltatrici.

Vecchia linea, nuovo tunnel.

Con un incomprensibile paradosso ingegneristico il nuovo tunnel si reinnesterà sul versante italiano, come su quello francese, con la vecchia linea già esistente. Quella stessa linea, che nel dossier governativo “Tav Torino – Lione, domanda e risposte” viene definita “di montagna… che passa attraverso una galleria dove non entrano i containers oggi in uso.” E allora perché scavare un tunnel di 57 chilometri, per ritornare su un percorso “con sovra costi esorbitanti…”? Si ha l´impressione che ci sia grande confusione in parecchie nelle teste d´uovo che sovraintendono al progetto. Parecchie affermazioni non corrispondono alla realtà. I containers a sagoma GB1 passano già dal Frejus verso l´Europa. E secondo la CLF Spa, che ha realizzato i lavori per l´adeguamento della galleria storica nel 2007 “su quella linea è stato installato un modernissimo impianto di segnalamento ferroviario”.

La postina

Elisa lavora alle Poste. Sola nell´ufficio mostra un fax con il quale l´azienda vieta ai dipendenti di rilasciare dichiarazioni. Ma la voglia di parlare è più forte. Elisa ha cinquantacinque anni, e un massiccio crocefisso d´oro al collo. Non sembra proprio una rivoluzionaria: è soltanto una tranquilla signora convinta che l´Alta Velocità non porterà occupazione in Val di Susa, e che in sovrapprezzo devasterà il territorio. Dopo i fatti di Venaus , culminati con il ferimento di oltre venti manifestanti da parte delle forze dell´ordine, è stata alla manifestazione di protesta contro quelle violenze dell´8 dicembre 2005. Ricorda la data esattamente. Elisa alla Maddalena, il nuovo cantiere della Tav non vuole proprio andarci. “Mi hanno raccontato che hanno devastato tutto, mi verrebbe da piangere.” Al territorio “andranno soltanto le briciole. Magari la riparazione di qualche camion, ma poco altro. Le aziende verranno qui con i loro operai già assunti”. Una visione chiara e realistica, condivisa da esagitati manifestanti, quali sono Enrico ed Elisa.

Dal Municipio verso la sede dei No Tav.

Ci guidano le bandiere lungo il corso principale di Bussoleno, una stradina senza pretese, parallela alla Dora Riparia. Dopo Enrico ed Elisa incontreremo ancora Paolo e Bruno, attempati dissidenti, dai modi gentili e di età insospettabile, che ci confermeranno come il dissenso in Val di Susa appartenga alla gente “normale”. Sono gli anziani che dicono no alla Tav, con la memoria alle lotte partigiane, che molti di loro hanno vissuto in prima persona. Così come non vuole la Tav la classe media, che pure se ne starebbe paciosa e tranquilla a tavola a gustarsi polenta e funghi, aiutando il dopocena con un bicchierino di Barolo chinato.

Tra uranio e amianto.

Il punto di ritrovo No Tav a Bussoleno è l´osteria “La credenza”. Silvano, il padrone di casa, pure lui anzianotto, porta una camicia di cotone a quadrettoni, che fa tanto `68. Sul retro del biglietto da visita del locale, trovi i suggerimenti per dirlo con un fiore. La rosa per l´amore, l´orchidea per la passione, la mimosa per la libertà. I temibili No Tav, sono seduti ad un tavolo d´angolo in attesa di cenare. Accolgono il cronista con cortesia e iniziano a snocciolare fatti e dati. Quanto abbiamo raccontato in apertura è anche il frutto di questo incontro. C´è Nicoletta Dosio, un´icona del movimento No Tav, che di ragioni per dire no all´alta velocità ne conosce parecchie. Le motivazioni legate all´ambiente sono quelle che colpiscono forte. Le rocce della montagna sono sature di amianto, e lo smarino, i detriti frutto dello scavo della galleria, dovrebbero attraversare l´intera Val di Susa, per essere smaltiti. Dove? Questo nessuno lo sa. Un deposito intermedio dovrebbe sorgere sull´ex area militare dell´Isola Bella, in prossimità dell´abitato di Bussoleno. Sarà il giro del vento a decidere chi dovrà respirare le fibre dell´amianto. È sicura anche la presenza di uranio tra queste montagne, tanto che nel 1977 l´Agip chiese al Ministero dell´Industria la licenza per ricercare torio e uranio nell´area della Val di Susa. All´epoca grande riservatezza, al limite della reticenza, avvolsero queste manovre sul territorio. L´esito di quelle ricerche, e del perché furono sospese è ancora oggi sconosciuto. Certo è che il referendum dell´8 e 9 novembre 1987 sul nucleare, ridimensionò le ambizioni dei lobbisti dell´atomo, e probabilmente aveva poco senso continuare a cercare un combustibile, l´uranio, che non aveva più la prospettiva di un mercato nazionale. A dieci anni di distanza Legambiente fa analizzare da Arpa Piemonte un campione di roccia prelevato in una vecchia miniera di Venaus, e la radioattività rilevata è risultata elevatissima, tanto che l´agenzia non esiterà a definire il materiale sottoposto ad analisi soggetto agli obblighi legislativi del D.L. 230\95, che stabilisce i principi generali di protezione dalle radiazioni ionizzanti. Questo significa che se un ipotetico tunnel dovesse venir scavato (stava per accadere nel 2005 nelle vicinanze di Venaus ) gli operai dovranno essere dotati di dosimetro, e di adeguate protezioni dalle radiazioni. Oltre ad essere salvaguardati dai pericoli derivanti dall´inalazione dell´amianto.

A tavola.

È ora di cena anche per la politica militante, ed è pure l´occasione per cogliere ancora una volta la mistificazione che vuole ridurre l´opposizione alla Tav in Val di Susa ad una questione di ordine pubblico. Un piccolo mondo che si schiera a tavola composto, parla a bassa voce e ordina le pietanze chiedendo per favore; un piccolo spaccato di comunità fatta da studenti, pensionati, operai, insegnanti, siede al desco comune, per scegliere tra le pietanze di un menù che offre un ottimo vitello tonnato, spiedini di agnello, vol au vent e panna cotta ai frutti di bosco. Il vino è biologico. Il tema dominante della conversazione è l´entità della multa che con ogni probabilità dovrà pagare Alberto Perino, uno dei leader del movimento, per vilipendio alle forze armate. Se ne parla con discrezione, mentre l´ipotesi di una colletta si fa strada, ma il tutto è sempre condito da un approccio fatto di understatement e poco clamore. Nella sala, a fianco dei temibili rivoluzionari siedono madre e figlio over 60, tre giovani donne reduci da un aperitivo nella piazza del paese, una famiglia completa di prole. Insomma quasi un campione rappresentativo della popolazione di Bussoleno, immersa nella sua normalità, e nella determinazione di difendere il territorio dove vivono. Chiediamo il conto: il prezzo è giusto. L´ordine pubblico pienamente salvaguardato.

Non un centimetro.

Una cosa è bene emerga chiara oltre la confusione mediatica che imperversa sulla Val di Susa: non un centimetro di galleria è stato ancora scavato. Questo è lo stato dell´arte. Altri dati certi riguardano il progetto dell´opera: appaltato alla Rocksoil della famiglia Lunardi, incaricata nel 2002. Pietro Lunardi è allora ministro dei Trasporti dell´ennesimo governo Berlusconi, e detentore delle quote di maggioranza della Rocksoil. L´incarico arriva da una tortuosa partita di giro. Citiamo testualmente da un atto ispettivo del Senato, dove viene evidenziato il conflitto d´interessi: “…la committente originaria è la società francese LTF, che è pariteticamente controllata dalla francese RFF e dall´italiana RFI, le omologhe società che gestiscono le reti ferroviarie in Francia ed in Italia. La LTF ha incaricato la società francese Effage, la quale ha incaricato la Rocksoil.” Nella selva della sigle non deve sfuggire come RFI (Rete Ferroviaria Italiana) sia una società controllata da FS spa, e di fatto dal governo italiano. “Ecco perché la Tav si farà” titolava un quotidiano, mentre Pietro Lunardi restava ministro dei Trasporti. Al presente, la CMC di Ravenna è attesa alla Maddalena per iniziare lo scavo del primo tunnel esplorativo, che poi diventerà di servizio. L´appuntamento previsto per il 20 aprile non è stato rispettato. Sul sito della cooperativa rossa, che pure ha appalti in tutto il mondo e li elenca scrupolosamente con l´ausilio di una mappa digitale, di questo intervento per ora non se ne trova traccia. La CMC avrebbe dovuto già scavare il tunnel di Venaus nel 2005, avvio d´opera saltato a causa alle proteste valsusine. Forse per metterci di nuovo la faccia (e il rischio d´impresa) alla Maddalena, aspetta di avere qualche certezza in più, rispetto alla fattibilità dell´opera.

Giaglione, Clarea, la Maddalena.

Sabato. Per arrivare al sito della Maddalena, da dove dovrebbe partire il tunnel scavato dalla CMC si cammina a piedi per una ventina di minuti, partendo dal paesino di Giaglione. È un momento di calma, e non ci sono particolari controlli. Gli operai, scortati dai poliziotti sono intenti a foderare i tralicci dell´alta tensione di lamiera, per impedire che possano essere arrampicati. La tragedia che ha coinvolto Luca Abbà, rimasto folgorato e precipitato a terra, mentre era inutilmente e pericolosamente inseguito da un agente, ha lasciato il segno. Proprio il traliccio di Abbà, che guarda sulla imitazione di quello che dovrebbe essere un cantiere, è oggetto di particolari attenzioni, e il rivestimento applicato arriva più alto del solito. Salendo in valle si respira una atmosfera fatta di contrasti. Si da il buon giorno con militari e poliziotti, ma appena ci si ferma ad osservare con maggiore attenzione i dettagli sale la tensione. I gruppi elettrogeni, utilizzati per alimentare le fotoelettriche provengono da una ditta di Napoli. Per avvicinarsi e poter trascrivere l´indirizzo impresso sulla decalcomania bisogna spiegare che si è giornalisti. Il Museo archeologico di Chiomonte si affaccia sulla Maddalena, ed è diventato” il Fortino”, da quando è stato occupato dai militari dell´esercito, e recintato con new jersey di cemento e filo spinato. I reperti più importanti sono stati inviati a Torino, e amen per chi voleva documentarsi sulla seconda Età del Ferro. In cortile è stata installata una telecamera girevole, che impiega pochi secondi per fermarsi sul visitatore. Un soldato scende da un cingolato, e passeggia a zig zag, in un approssimarsi all´estraneo, che è anche invito non tanto velato a sloggiare.

Paolo e Bruno.

Guide di questa breve esplorazione sono Paolo e Bruno, altri due “pericolosi sovversivi” di 70 e 84 anni. Prima di indignarsi per la vicenda Tav non hanno mai fatto politica. Rispettivamente metalmeccanico e tecnico prima della pensione, ora ci tengono a mettere a frutto la loro conoscenza del territorio. Non c´è soltanto il fortino da vedere. Stiamo camminando dove dovrebbe (il condizionale è d´obbligo) essere scavato l´ingresso del tunnel. Proprio in questo luogo sono presenti numerosi insediamenti dell´età Neolitica, che verranno distrutti. Perché, nessuno vuole ammetterlo, ma la prima parte del tunnel geognostico, circa 400 metri, verrà scavata con il metodo “tradizionale”, ovvero usando l´esplosivo. La parte di montagna sovrastante il tunnel è ad alto rischio franoso. Sono diverse le reti installate che dovrebbero limitare i danni in caso si verifichi uno smottamento del terreno. I massi sono enormi, e anche i piloni del viadotto autostradale un chilometro più a valle sono protetti da una fitta siepe con funzioni ammortizzanti. Quello che invece dovrebbe essere il cantiere vero e proprio è un´area di circa cento\centocinquanta metri per lato, che contiene i terreni recentemente espropriati, quella zona che era stata ribattezzata la Libera Repubblica della Maddalena, e la vecchia area di cantiere. Il tutto è contenuto in un tripudio di filo spinato, che imprigiona poliziotti e operai non particolarmente operosi. Salta agli occhi che le forze di polizia siano più numerose degli stessi operai. Cosa succede all´interno del filo spinato? I terreni espropriati (anche se ufficialmente si tratta di una occupazione temporanea) sono stati devastati e resi irriconoscibili ai proprietari, gli alberi abbattuti o sdradicati. Sotto una tettoia che fronteggia lo scempio ci aspettano una decina di persone che si preparano ad un pranzo al sacco. Alcuni sono i proprietari di quei terreni, fatti di terrazze irte di vecchia vigna. Ritroviamo qui la stessa miscela di società civile già vista, fatta di giovani adulti e anziani, di diversa estrazione sociale, ma uniti da comuni obbiettivi: difendere quel territorio e alcuni buoni principi. Due ragazzi scavano per deviare un filo d´acqua che scende dalla montagna. Una donna che si appoggia ad una stampella, mi invita ad andare ad osservare un presunto miracolo: su di un roccia, a pochi metri dai reticolati, sarebbe apparso il volto di Gesù. In effetti le sembianze possono essere riconosciute nelle vene della roccia. L´emozione in alcuni dei presenti è palpabile. Un cero acceso è stato messo di fronte alla roccia. Un piccolo altarino è stato creato. Il movimento No Tav è anche questo.