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Ustica 45 anni dopo, il rischio archiviazione e le “reticenze e menzogne” di Francia e Usa

L’accusa di un avvocato di parte civile alla commemorazione ieri in Comune. L’associazione dei familiari delle vittime sottolinea che grazie alle ultime indagini “sappiamo molto di più”: il Dc9 “fu abbattuto in un episodio di guerra aerea” e non c’è più spazio per tesi mai dimostrate come il cedimento o la bomba a bordo.

28 Giugno 2025 - 16:05
Il Dc9 Itavia due mesi prima della strage di Ustica

Il 27 giugno del 1980, 45 anni e un giorno fa, un aereo Dc9 della compagnia Itavia decollato da Bologna con destinazione Palermo precipitò al largo dell’isola di Ustica, morirono 81 persone. Decenni di inchieste giudiziarie “consegnano una ricostruzione vera rispetto allo scenario in cui si è verificato quell’abbattimento, ma non gli autori nè precisano molto altro di fronte alla reticenza e in alcuni casi alle menzogne che hanno caratterizzato l’atteggiamento e le scelte di alcuni paesi, che pure avrebbero vincoli di amicizia nei confronti dell’Italia, intendo dire in particolare Francia e Stati Uniti”. Lo ha detto ieri Alessandro Gamberini, legale dell’Associazione dei parenti delle vittime, durante la commemorazione in Comune. Così sì è arrivati a una richiesta di archiviazione da parte della Procura di Roma, sulla quale il giudice per le indagini preliminari si esprimerà il prossimo 26 novembre.

Dalle carte dell’ultima inchiesta “si comprende che il tentativo dei magistrati di farsi dire e conoscere qualcosa di più e di diverso ha urtato fragorosamente contro questo tipo di atteggiamento. Si pensi che la Parigi – prosegue l’avvocato – ha negato insistentemente ogni tipo di coinvolgimento, prima mentendo e dicendo che la base di Solenzara in Corsica il 27 giugno 1980 era chiusa”: su questo la Francia “è stata smentita ed è stata poi costretta a riconoscere che non aveva detto il vero”. Inoltre, sempre la Francia “ha dichiarato che la portaerei Foch era in porto a Tolone ma ci sono elementi per dire che non era così”.

Lo scenario in cui si è verificata la strage “viene ricostruito abbastanza attentamente e si fonda sul fatto che in realtà i servizi segreti italiani avevano delle relazioni non dette con la Libia”, continua il legale, in base alle quali i caccia mig mandati per manutenzione in Jugoslavia potevano tornare in Libia “lungo l’Ambra 13, che era l’aviovia su cui è caduto il Dc9, in copertura radar di aerei di linea”. La Francia “aveva in Ciad una guerra aperta con la Libia e quindi certamente voleva interrompere questo meccanismo. E questo meccanismo ha creato uno scenario di guerra attorno al Dc9. Non perchè si pensi che è stato volutamente abbattuto, non ce n’era nessuna ragione”. L’aereo è finito in mare, invece, o “perchè un missile aria-aria sparato ha provocato una turbolenza che ha poi schiantato l’aereo e l’ha fatto precipitare”,  oppure per l’ipotesi della quasi collisione “in cui comunque per questo sfrecciare di aerei attorno al Dc9 la turbolenza si è comunque creata e, con lo spezzarsi di un’ala, l’aereo è precipitato”.

Daria Bonfietti, presidente dell’associazione dei familiari, chiede come ogni anno che il governo italiano faccia pressione su Parigi e Washington perché dicano quel che sanno e permettano alla giustizia italiana di andare avanti. “Il Dc9 fu abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea” e grazie alle ultime indagini, sottolinea, “sappiamo tante cose in più dell’anno scorso, con gli elementi aggiuntivi, di sicuro si fa fatica a sostenere altro“, rifernedosi a tesi alternative mai dimostrate come il cedimento strutturale o la bomba a bordo.