Questa volta si tratta di un elettricista, deceduto qualche giorno fa dopo che gli era stato diagnosticato un mesotelioma. Aveva raccontato: “Tagliavo e ‘spellavo’ i cavi tutti i giorni, non solo quando ero in galleria. Ricordo polvere, polvere, polvere, polvere, tantissima polvere”.
Si registra una nuova vittima dell’amianto tra gli ex dipendenti delle Ferrovie di Bologna: Mauro Roda, deceduto la notte del 4 marzo. Questa volta non si tratta di un lavoratore delle Officine grandi riparazioni ma di un elettricista che lavorava “sugli impianti presenti lungo i binari ferroviari, nelle gallerie ferroviarie dell’Appennino tosco-emiliano (stazione di precedenze sulla Bologna-Firenze), nelle sale relè, nelle cabine ‘A’ e ‘B’ della stazione di Bologna”: lo ha resto noto l’Afeva, l’Associazione familiari e vittime dell’amianto. L’uomo aveva lavorato come elettricista dal 1970 al 1996, passando, come lui stesso ricordava, “intere giornate all’interno di una galleria poco illuminata, con i treni che sfrecciavano pericolosamente: si lavorava con torce per illuminare, e mi occupavo di posizionamento cavi, sostituivo i cavi e allacci, effettuavo riparazioni e modifiche o realizzazioni di opere nuove”. Ma soprattutto, Roda raccontava che “tagliavo e ‘spellavo’ i cavi tutti i giorni, non solo quando ero in galleria: ricordo polvere, polvere, polvere, polvere, tantissima polvere”. Proprio a causa di quel lavoro, sottolinea l’Afeva, nel giugno del 2017 gli era stato diagnosticato il mesotelioma, decine di anni dopo l’esposizione all’amianto, di cui “è nota la diffusa presenza in varie forme negli impianti elettrici, una presenza letale di cui già dalla metà degli anni ’60 era conosciuta la pericolosità”. Con questa ennesima vittima “continuiamo ad assistere allo stillicidio di malattie e morti causati dall’uso criminale dell’amianto”, aggiunge l’associazione.