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Una sala per la storia dei movimenti, dedicata a “Franz” Lo Duca [foto]

La inaugura domani il Centro di documentazione “Lorusso-Giuliani”. E’ una delle diverse iniziative in programma in vista dell’11 marzo. E domenica, a 41 anni dalle giornate del ’77, si rinnova la presenza in via Mascarella.

08 Marzo 2018 - 12:44

Domani alle 17 a Vag61 è in programma l’inaugurazione della sala di consultazione del Centro di documentazione dei movimenti “Franceso Lorusso – Carlo Giuliani”, contenente gli archivi del Fondo Roberto Roversi e del Fondo Roberto Di Marco. “La sala sarà dedicata a Francesco ‘Franz’ Lo Duca, un compagno del ’77 che, nel corso della sua vita, ha partecipato attivamente a tante stagioni dei movimenti”. Lo annuncia il Centro di documentazione, di cui Franz è stato uno dei fondatori. E’ una delle iniziative organizzate dal Centro di documentazione in vista dell’11 marzo, che quest’anno segna il 41esimo anniversario dell’uccisione di Francesco Lorusso in via Mascarella. Sempre domani, sempre a Vag61, è prevista l’apertura della mostra “Il 77 bolognese attraverso le sue immagini e i suoi giornali” e poi “Il futuro del movimento è come il jazz: meglio l’improvvisazione del dogmatismo”, all’insegna del “tirare tardi in un’osteria settantasettina”. Arrivando a domenica, “come tutti gli anni saremo davanti alla lapide di via Mascarella a ricordare Francesco. Quest’anno saranno presenti Haidi e Giuliano Giuliani”, scrivono il Centro di documentazione e Vag61.

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Sala consultazione CentroDoc "Lorusso-Giuliani"

 

Dal comunicato del Centro di documentazione: “Oggi, che il virus del fascismo è di nuovo in libera uscita, che si riaffacciano sulla scena raggruppamenti che si ispirano al ventennio e al nazismo, per fortuna, si è diffusa a macchia d’olio un’indispensabile ‘omeopatia sociale’, che, ai pericoli di assuefazione, contrappone una giusta ostilità alle bande nere, al razzismo e al sessismo. Se a riprendersi le strade e le piazze non ci fossero nuove generazioni di antifascisti e antifasciste, rimarrebbe solo il gracchiare delle retoriche populiste e nazionaliste che, speculando sulle peggiori pulsioni della popolazione, seminano germi xenofobi, di discriminazione etnica, religiosa e sessuale. Nel periodo politico e culturale che stiamo vivendo l’immaginario collettivo viene sottomesso a molteplici sentimenti di paura. E’ un immaginario poco libero, colonizzato, eterocostruito, arroccato nei confronti del ‘diverso’ e dell’altro. La politica è precipitata in una di parodia mediatica che lascia ben poco spazio a movimenti duraturi, a conquiste solide, a interventi che non siano di facciata. Perfino i sogni e i desideri di massa vengono manipolati. Per questo ricordare, ogni anno, con ostinazione, le giornate della rivolta del marzo ’77 e l’assassinio di Francesco Lorusso non solo è utile, ma è pure un esercizio necessario per contrastare quei processi di cancellazione che mandano in frantumi la memoria e la storia dei movimenti e dei conflitti sociali. Quest’anno con le ‘celebrazioni’ del ’68, ci saranno molti convertiti al libero mercato e alla competitività che tesseranno le lodi di un movimento ‘nobile’ che, pur criticandola, non recise il cordone ombelicale con la tradizione della sinistra e del Movimento Operaio ufficiale. Mentre il radicalismo del ’77 produsse una rottura da ‘non ritorno’ che lasciò poco spazio alla sindrome del figliol prodigo o dei ripensamenti della maturità. Ci sarà chi sosterrà che, tra il 1968 e il 1977, lo spirito egualitario, che aveva animato i movimenti della fine degli anni Sessanta, finì con l’essere sacrificato a quello libertario della seconda metà degli anni Settanta. Ma tutti questi ‘professori dei bei tempi che furono’ si scorderanno di dire che il ’77 fu il tentativo di spingere la trasformazione della società nella concretezza delle vite reali e dei desideri che le attraversavano, prima di ogni concreto dispositivo legislativo. E che, ancora oggi, volenti o nolenti, rimane l’unica strada possibile, insieme al rifiuto dell’obbedienza al ‘dio mercato’ e ai suoi ‘interessi di compatibilità'”.

Altre iniziative sono promosse dal Cua. Venerdì tre appuntamenti in via Zamboni 38: la distribuzione degli adesivi con il disegno di ZeroCalcare “Qui abita un@ antifascista!” (dopo quanto accaduto a Pavia, dove le abitazioni di diverse/i antifasciste/i sono state ‘marchiate’ a scopo intimidatorio);  la presentazione delle due tesi vincitrici della prima edizione del premio di laurea intitolato a Francesco Lorusso, pubblicate dalla casa editrice Red Star Press (“Politica e Cultura nel ’77: gli Indiani Metropolitani” di Andreas Iacarella e “Arditi del popolo e la difesa di Bari vecchia nell’agosto del 1922” di Fabio Salandra); un live set di ‘O Zulù. Il tutto nel cuore della zona universitaria, “dove le barricate di ieri e di oggi- scrive il Cua- continuano ad essere storia nostra, di quante e quanti non cessano di combattere per difendere e conquistare spazi di libertà e di vita veri, degni, giusti. Un filo rosso che collega i migliaia di antifascisti e antifasciste che si stanno opponendo in tutto il territorio italiano all’estrema destra, alle terre del Kurdistan, in cui rivoluzione curda è attaccata in questi mesi dal terrorista Erdogan, alla resistenza all’occupazione sionista in Palestina e dovunque ci sia qualcuno che lotta per costruire un futuro migliore. Uccidono un compagno, ne nascono altri cento!”. Per domenica, invece, il Cua propone l’iniziativa “Via Mascarella autogestita per Francesco Lorusso”: dalle 17 “banchetti di librerie e case editrici, autoproduzioni, performance, cucina genuina, socialità, dibattiti e musica con Sigaro (Banda Bassotti), Kento e Signor K”. L’appello del collettivo: “Autogestiamo via Mascarella, portiamo in strada i nostri contenuti, le esperienze di lotta e cultura dal basso che costruiamo in università, negli spazi sociali, nelle piazze”.

Infine, in vista dell’11 marzo scrive Hobo: “Come ogni anno, nessuna memoria condivisa! Le vite non sono tutte uguali, le morti non sono tutte uguali. C’è chi vive lottando per la libertà collettiva, c’è chi vive per servire chi nega la libertà collettiva. In mezzo c’è una barricata: o si sta da una parte, o si sta dall’altra. C’è chi muore assassinato da un carabiniere, c’è chi ha armato la mano di quel carabiniere. Quarantuno anni dopo, chi continua a parlare di memoria condivisa sta dall’altra parte della barricata. Per questo nel 2014, per la prima volta, abbiamo cacciato irappresentanti istituzionali (leggi Pd e la sua corte) dalla commemorazione per Francesco davanti alla lapide in via Mascarella. Per questo ogni 11 marzo siamo stati lì, insieme a tante compagne e compagni di generazioni differenti: per dire che la memoria è divisa, perché divisa è la società, perché divisa è la scelta di campo, perché divise sono le nostre vite. Per noi l’11 marzo essere in via Mascarella non significa solo ricordare un giovane compagno ucciso: significa proseguire una storia che non è fatta del culto del passato, ma vive nel desiderio di sovvertire il presente. Il presente si chiama governo della crisi, Pd e Lega, un Matteo e l’altro Matteo: questi sono i nostri nemici. Il presente è fatto di chi lotta contro l’impoverimento, contro l’austerity, contro la precarietà, per affermare la libertà e l’autonomia collettiva: questa è la nostra parte. Qui vive Francesco. Per anni il Pd, erede degli assassini di Francesco, ha provato a lucrare sulla storia, sulla nostra storia, nel nome della pacificazione. Così come negli ultimi mesi, e ancor più adesso dopo il tracollo elettorale, sta provando a lucrare sull’antifascismo nel nome del frontismo democratico. Noi diciamo che non esiste né pace né fronte comune con i nostri nemici. Noi diciamo che loro sono e sempre saranno parte del problema, e bastonare il cane che affoga è l’inizio della soluzione. Per tutto questo l’11 marzo saremo in via Mascarella, come sempre, sempre in modo nuovo. Per affermare che della nostra storia ne parla solo chi la porta avanti. Per tenere lontani chi, ieri come oggi, sta dall’altra parte. Per dimostrare che la libertà sta davanti a noi, e non alle nostre spalle. E che l’autonomia è sempre giovane e bella”.