Ieri in campo Plat: ““Dino e famiglia rischiano di perdere la casa popolare perchè un datore di lavoro ha omesso di consegnargli il Cud”. Oggi è toccato all’Adl Cobas: “K. e H. stanno provando a percorrere tutte le strade per trovare una soluzione alternativa”, ma “il risultato ottenuto ad oggi è esattamente lo zero assoluto”.
Un “muro di solidarietà” ha consentito ieri di ottenere il rinvio dello sfratto della famiglia di Dino, nel quartiere Pilastro. Lo riferisce Plat, spiegando che “Dino e la sua numerosa famiglia rischiano di perdere la casa popolare, perchè, nel 2016, uno dei suoi datori di lavoro ha omesso di consegnargli il Cud, causando una difformità nella dichiarazione dei redditi. E’ inaccettabile che centinaia di famiglie siano costrette a lasciare la propria casa senza nessuna soluzione, mentre a causa della pandemia e della guerra ci troviamo a dover fare i conti con un’inflazione al 7%, all’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità che stanno portando ad un aumento sconsiderato del costo della vita. Per questo come Piattaforma di intervento sociale abbiamo deciso di non stare a guardare e di schierarci al fianco di chi in questa fase pandemica drasticamente segnata dalla guerra ha deciso e deciderà di rompere il silenzio e la solitudine ed organizzarsi unica reale soluzione di fronte alla speculazione immobiliare delle grandi multinazionali e all’aumento degli sfratti”.
Un altro sfratto è stato rinviato oggi, in questo caso è l’Adl Cobas a raccontare la vicenda: “Dalle 7 di questa mattina siamo stati presso l’abitazione in questione, che ospita K. e H. con i loro tre figli da più di vent’anni.Seppure la splendida colazione che troviamo ogni volta sia di per sé un ottimo motivo per recarci lì, stamane -ahinoi- attendavamo nuovamente l’arrivo dell’ufficiale giudiziario volto all’esecuzione della procedura di sfratto. E’ importante evidenziare l’impegno di questa famiglia che, con estrema dignità, sta provando a percorrere tutte le strade per trovare una soluzione alternativa: ricerca attiva, dialogo continuo con i servizi sociali, Asp, cooperative e diocesi. Il risultato ottenuto ad oggi è esattamente lo zero assoluto, sintomo di un’emergenza abitativa quasi senza precedenti che attanaglia chi vive nel bolognese. Moltissimi nuclei sono costretti ad andare via, lasciando affetti e quel poco di lavoro (povero) che gli consente di mettere qualcosa in tavola. Il ripristino delle procedure di sfratto, unito ad ammortizzatori del tutto insufficienti, ha innescato un effetto valanga che non può che ripercuotersi sugli esecutati e sugli operatori sociali stessi, i quali operano con una quantità di risorse nettamente inferiore a quante ne richiederebbe il contesto emergenziale”.
Continua l’Adl: “E’ proprio di qualche giorno fa la notizia riguardante i numeri di dossier analizzati dal tavolo in prefettura volto alla ricerca di soluzioni alternative allo sfratto coattivo. Noi abbiamo segnalato il nucleo, più volte e da tempo, per essere oggetto di attenzione, ma al momento non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Di fatto, per accedere a questo momento di confronto, è necessario che sia programmato l’intervento della forza pubblica, come fosse una sorta di salvataggio in extremis. A questo punto ci domandiamo: quale vuole essere la direzione intrapresa per lo sviluppo della città? Si vuole creare un centro cittadino a misura di turista, con un aeroporto portato al collasso, e conseguentemente un mercato degli affitti alle stelle? Oppure si vuole evitare che persone che vivono da decenni sul territorio vengano allontanati per forza di cose, sradicandoli dal proprio tessuto e vissuto? Non permetteremo che finisca così nè per K. e H., nè per tutte le persone che si avvicineranno al nostro sportello”.