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Tutto fa brodo: perfino la pizzeria “Radio Alice” a Londra

C’è anche una variante “rivoluzionaria” al renziano Farinetti di Eataly. E’ quella di Berberè, che da Bologna porta la sua light pizza nella capitale inglese, aprendo un locale ispirato furbescamente all’emittente libera del ’77 bolognese.

09 Novembre 2016 - 13:44

Londra foto Zic Siamo ahinoi di nuovo a parlare di Bologna e della sua “sbornia da cibo”. Lo facciamo perché i “pizzaioli 2.0” di Berberè, quelli che hanno aperto da tempo, con Alce Nero, in via Giuseppe Petroni, un ristorante/pizzeria/bottega dove si sono incontrati “la creatività e il successo” hanno deciso di realizzare un progetto piuttosto spregiudicato.

Il fortunato format, nato a Bologna, che dal primo store, aperto all’interno di un centro commerciale di Castel Maggiore, si è esteso a Firenze, Torino e Milano, inaugurerà, ai primi di dicembre, la sua prima pizzeria londinese. Si tratta della sesta pizzeria avviata dai fratelli Matteo e Salvatore Aloe, sotto il marchio “Berberè”. I fratelli calabresi di nascita e bolognesi di formazione e professione, sono diventati famosi per la “light pizza”. Il loro brand è nato con l’obiettivo di valorizzare l’artigianalità della pizza, scegliendo ingredienti di alta qualità. Dicono che le loro pizze non siano male, ma per acquistarle è necessario fare un leasing. Fin qui niente di eccezionale, se non il riconoscimento di un’espansione veloce e, territorialmente, molto ramificata. La cosa spropositata è che il nuovo locale di Londra sarà situato al civico 16 di Hoxton Square, nel cuore del quartiere “modaiolo-creativo” di Shoreditch, da molti considerato l’avamposto giovanilistico e artistico della capitale inglese, e si chiamerà Radio Alice, in omaggio alla città di Bologna e alla radio simbolo della controcultura anni ’70.

“Radio Alice by Berberè” occuperà un vecchio edificio scolastico e nell’antibagno del ristorante ci saranno pure le vecchie registrazioni della radio su cui i due proprietari stanno facendo ricerca sul web. I fratelli Aloe dicono di aver costruito la realtà che ha rivoluzionato il concetto della pizza in Italia. Pur pigliando questo per buono, ci viene da chiedere: ma cosa c’entrano costoro con Radio Alice e il ’77? Se Oscar Farinetti, il padrone renziano di Eataly, ha dichiarato più volte di aver preso la sua particolare ispirazione imprenditoriale dal padre partigiano delle Brigate Matteotti, i patron di Berberé sarebbero stati illuminati dalla loro zia Francesca, che aveva partecipato al movimento del ’77 a Bologna e avrebbe trasmesso agli intraprendenti ragazzi il mito della città della controcultura. La zia avrebbe voluto chiamare la propria figlia Alice, ma il nonno, molto legato alle tradizioni del meridione, non lo permise. Ci sono voluti quasi quarant’anni e, ora, sono i nipoti a rendere omaggio alla mitica radio libera, intitolandole una pizzeria nella capitale inglese (alla faccia della Brexit)… Matteo e Salvatore, per dimostrare la loro “passione all’argomento”, hanno pure dichiarato di aver fatto le comparse nel film “Lavorare con lentezza” di Guido Chiesa… Sai la soddisfazione di tutti quelli che parteciparono alla rivolta del marzo ’77?
Il perché della scelta è molto semplice, quasi banale: “Visto che gli stereotipi sull’italianità sono già tanti e diffusi, ci voleva un nome che evocasse il volto meno conosciuto della nostra storia e della nostra cultura”.
Come si usa in questi casi, hanno fatto, poi, un’inchiesta di mercato e hanno scoperto che la parola “Berberè” gli inglesi non la riuscivano a pronunciare. Mentre si sono accorti che, invece, “Radio Alice” era perfetta… Ma guarda un po’, chi l’avrebbe mai pensato… E non solo per la facilità di pronuncia, era pure l’ideale per dare visibilità alle tante voci delle farine italiane, oppure ai capperi di Salina o al fior di latte di Putignano. Del resto anche uno dei poliziotti che partecipò all’assalto e alla chiusura di Radio Alice, il 12 marzo 1977, in via del Pratello 41, gridò, agitando il manganello e buttando per aria microfoni e mixer: “La dovete smettere di dire minchiate per radio… andate a fare i pizzaioli piuttosto…”.

I fratelli “Berberè”, con questa trovata, hanno lasciato i mitici “Fratelli La Bufala” ad anni luce di distanza… Siamo di fronte a un vero e proprio superamento della pizza novecentesca. Se tutto andrà come previsto, dopo Londra, il marchio “Radio Alice” campeggerà all’entrata di altri 13 punti pizza sparsi per il mondo, ci sarebbe già un importante Fondo di Investimenti internazionale disposto a sostenere l’operazione. Chissà se i fondatori di Radio Alice, che si ritenevano un piccolo gruppo in via di moltiplicazione, sarebbero stati orgogliosi di aver fatto parte di un movimento che, quarant’anni dopo, vede il moltiplicarsi di una moltitudine di pizzerie.

Il fantasioso “diritto al lusso” delle autoriduzioni del ’77 sarà più concretamente (furbescamente) trasformato nel rivoluzionario “approccio slow alla pizza” che fa il verso al “diritto all’ozio” di Lafargue o al “lavorare con lentezza” di Enzo Del Re. “Un altro mondo possibile” dei no global sarà trasformato in “popolarità e alta gastronomia: il connubio possibile”. Peccato che la “modalità relazionale con la terra” di cui si vantano Berberè e Alce Nero, non li abbia visti altrettanto capaci di relazionarsi con le persone che l’esperienza di Radio Alice l’hanno veramente vissuta. E proprio perché si sta parlando di gusto, in questo caso di “cattivo gusto” ne hanno dimostrato un bel po’.

Gli intraprendenti fratelli Aloe devono solo sperare che Bifo, quello di Radio Alice vera, non gli tiri una delle sue profezie apocalittiche. In questi anni su catastrofi da crisi e disastri sociali ci ha sempre preso. Il giorno che pronuncerà la frase: “E’ facile fare la pizza con il lievito degli altri”, le disgrazie sul loro ambizioso progetto saranno garantite.