In totale sono stati denunciati trenta attivisti, accusati di aver partecipato alle proteste contro le limitazioni di accesso alla biblioteca di via Zamboni. Solidarietà da Lubo, Hobo e Noi Restiamo. Alle 19 presidio in piazza Verdi.
A distanza di poco meno di due mesi dallo sgombero della biblioteca di via Zamboni 36, tre studenti del Collettivo universitario autonomo (Cua) sono stati raggiunti da altrettanti divieti di dimora. La Procura aveva avanzato la richiesta di sei provvedimenti di questo tipo, ma il giudice ne ha accolti soltanto tre. Oltre a queste misure restrittive, relativamente alle proteste contro i tornelli in università questa mattina in città sono stati denunciati in totale trenta studenti con le accuse di: per danneggiamento pluriaggravato, resistenza, lesioni plurime e pluriaggravate. I fatti contestati riguardano le giornate dall’8 al 10 marzo: vengono affrontati diversi episodi, dallo smontaggio dei tornelli alla manifestazione di due giorni dopo che portò anche ad un contatto tra studenti e polizia in via Zamboni.
Così il Cua in un comunicato diffuso ricostruisce la vicenda giudiziaria: “Le denunce e il dispositivo che ha ordinato le misure cautelari, dove Angelo, Morgan ed Emiliano sono descritti come capi e organizzatori della rivolta, ripercorrono la fase più recente dell’articolazione della lotta: dallo smontaggio delle porte e dei tornelli, fino alle memorabili ore e giornate di rivolta in zona universitaria. Come ovvio l’inchiesta non menziona le numerose assemblee partecipate da più di un migliaio di studenti e studentesse e nel parlare della riapertura della biblioteca di discipline umanistiche di via Zamboni 36 considera ‘doveroso’ l’intervento della celere, chiamata dal rettore, che si avventò sui numerosi studenti e studentesse che a pomeriggio inoltrato studiavano tranquillamente nella loro biblioteca frequentata da sempre. Per quanto ci riguarda riteniamo l’iniziativa repressiva, per altro ben sotto tono rispetto alle dichiarazioni di vendetta strillate a squarciagola sui quotidiani da tutte le istituzioni cittadine, un tentativo artificioso e pretestuoso di narrare un fatto sociale e politico collettivo e di massa con il solo scopo di colpire alcuni compagni e compagne più attivi nelle lotte sociali della città”.
E relativamente ai giorni successivi alla chiusura dell’aula studio, e ai cortei che ne sono seguiti, lo stesso collettivo sottolinea: “Rispediamo al mittente l’aggressione giudiziaria e cogliamo l’occasione per rivendicare pubblicamente come giusto e legittimo tutto il percorso di lotta che si è concentrato sulla ‘vertenza tornelli’ e che ha dovuto fronteggiare un dispiegamento di celere molto consistente proteggendo efficacemente centinaia e centinaia di studenti e studentesse dalla furia dei celerini con tutto ciò che era a portata di mano”.
Solidarietà agli studenti colpiti dal divieto di dimora è stata espressa da diversi collettivi. Così LuBo: “Ancora una volta vediamo l’uso indiscriminato e assurdo delle misure cautelari, che oggi vengono utilizzate per allontanare tre studenti dalla città in cui vivono e fanno l’Università, studenti la cui ‘colpa’ è quella di aver lottato, insieme a centinaia e centinaia di persone, per un sapere libero e accessibile a tutti”. La Libera università di Bologna, dalla parte degli attivisti, scrive: “Massima solidarietà a Morgan, Emiliano e Angelo e a tutti gli/le student* denunciati. A smontare quelle barriere e a resistere alle cariche della polizia c’eravamo tutt*!”.
Nel mentre, da Hobo arriva anche una riflessione sull’uso del dispositivo del divieto di dimora: “Misura cautelare che impone l’allontanamento coatto dalla città dove si pratica attività politica, dove si studia e si vive. Misura che negli anni scorsi era già stata utilizzata contro i movimenti e che era stata individuata come dispositivo da abbattere in quanto lesivo delle forme di aggregazione collettiva, oltre che delle tasche di giovani e precari/e costretti/e ad abbandonare vita politica e sociale, affetti e spesso forme di reddito. Nel 2015 fu una forte campagna culminata con la rottura dei divieti di dimora a rendere inapplicabile per un certo periodo questo dispositivo; ora che la controparte torna a utilizzarlo, bisogna tornare a romperlo. Di fronte a questo attacco repressivo firmato Pd esprimiamo la nostra solidarietà ai colpiti da queste infami misure, sicuri che non saranno fascicoli e pezzi di carta a fermare la lotta di quanti e quante in questi mesi sono scesi/e nelle strade per rivendicare un pezzo di vita migliore”.
Anche da Noi restiamo arrivano parole di solidarietà: “La crociata criminalizzante che il sindaco Merola, il rettore Ubertini e il questore Coccia portano avanti dal giorno del vergognoso intervento della celere alla biblioteca di discipline umanistiche è sotto gli occhi di tutti e rispecchia un clima più generale e preoccupante messo in campo dal nuovo ministro degli Interni Minniti e che abbiamo già avuto modo di vedere in opera il 25 marzo scorso. Ed è proprio questo che sta accadendo per ogni manifestazione di dissenso: siano studenti che lottano per un sapere libero ed accessibile a tutti, siano cittadini che difendono il loro territorio dalla speculazione e dalla devastazione, siano lavoratori che chiedono il rispetto della propria dignità, l’unica risposta che lo stato mette in campo è la repressione”.
Il Cua ha convocato per le 19 di questa sera un presidio in piazza Verdi per esprimere solidarietà ai tre attivisti costretti ad allontanarsi da Bologna.