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Tentato suicidio alla Dozza, la rabbia delle/i detenute/i: “Fino a dove volete spingerci?”

Il motivo del gesto compiuto da un recluso “è il dolore che da mesi stava subendo per via di una malattia alle ossa”, spiega una lettera spedita dalla Sezione penale a Tribunale di sorveglianza, Garante e sindaco: “Vi scandalizzate della situazione delle carceri turche e iraniane, ma di quelle italiane quando vi fregherà qualcosa?”.

02 Novembre 2022 - 12:22

Le/i detenute/i della Dozza prendono di nuovo parola dopo l’allarme lanciato di recente sull’assistenza sanitaria all’interno del carcere. Questa volta si tratta di una lettera firmata da una lettera firmata da quasi tutte/i le/i recluse/i della Sezione penale su un tentato suicidio. La lettera, diffusa pubblicamente da un gruppo di associazioni che segue i problemi del carcere e si riunisce periodicamente, è indirizzata al Tribunale di sorveglianza, al Garante dei detenuti e al sindaco Matteo Lepore. “Siamo di nuovo a scrivere alle autorità competenti e alla stampa- è il testo- per denunciare la grave situazione sanitaria dentro il carcere di Bologna. Dalla nostra ultima lettera non è cambiato nulla, anzi la situazione è peggiorata. Questo è l’ultimo episodio che è avvenuto. Domenica 16 ottobre 2022 , al pomeriggio, verso le14/14,30, alla Sezione penale braccio A, mentre il maggior numero di detenuti era all’ora d’aria, un detenuto di 45/50 anni ha cercato di suicidarsi nella sua cella. E’ stato salvato all’ultimo momento, mentre aveva già eseguito il suo gesto disperato, da altri due detenuti”.

Continua la lettera: “Il motivo di questo gesto disperato è il dolore che da mesi stava subendo per via di una malattia alle ossa. Più volte aveva richiesto di essere curato in maniera adeguata, ma l’unica medicina che gli è stata più volte proposta è stata l’antidolorifico che solitamente viene dato alla Dozza per qualsiasi patologia che produce dolore. Anche essere visitato da un medico è ormai una rarità dentro la casa circondariale bolognese, si hanno rapporti solo con i pochi infermieri rimasti che fanno quello che possono. Il gesto di domenica non era un finto suicidio, se non fossero arrivati due ragazzi, il nostro compagno di detenzione non ci sarebbe più. In tasca aveva un biglietto per i suoi famigliari come ultimo saluto. A questo siamo arrivati… Non sono bastati i diversi casi di autolesionismo per richiedere una cura che abbiamo già denunciato… Fino a dove volete spingerci??? Vi scandalizzate della situazione delle carceri turche e iraniane, ma di quelle italiane quando vi fregherà qualcosa?”.