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Tempo di vestizione remunerato in Asp, Usb: accordo azienda-confederali “fumoso e poco chiaro”

L’accordo raggiunto è a tempo, ma per il sindacato “è un diritto che spetta indipendentemente dall’attuale emergenza epidemiologica” | Vertenza sosta, operatrici/ori in stato di agitazione | Coordinamento Migranti: “Ecco testimonianze operaie Yoox costrette a licenziarsi” | Si Cobas: blocco alla Marr di Anzola | Lavoratrici/ori Fiera in piazza, Sgb: “Sciacallaggio in tempo di Covid”.

23 Dicembre 2020 - 15:38

I sindacati confederali hanno raggiuno un accordo con la direzione generale di Asp Città di Bologna perché da gennaio sia riconosciuto (e quindi remunerato) il tempo di vestizione, almeno per tutta la durata dell’emergenza Covid. Una proposta “fumosa e poco chiara” secondo Usb, “di fatto una delega in bianco”, perché “priva di dettagli , da decidere in seconda battuta in appositi tavoli tecnici tra sindacati e azienda, ha di fatto rappresentato una delega in bianco”.

“Come lavoratrici/lavoratori, iscritti e delegati Usb non ci stiamo!”, si legge sulla nota del sindacato, dal momento che “il tempo impiegato per vestire e svestire la divisa deve essere riconosciuto come orario di lavoro è perciò retribuito. Questo va fatto da subito, in modo reale e definitivo, non in un ipotetico futuro. È un diritto che spetta a chiunque sia obbligato a indossare una divisa per lavorare, anche in assenza di specifiche previsioni contrattuali e soprattutto indipendentemente dall’attuale situazione di emergenza epidemiologica, che rappresenta un aggravio di tempo legato all’uso dei dpi e alle varie procedure di sicurezza imposte, da considerare come maggiorazione al normale tempo di vestizione, non certo come data di scadenza di quest’ultimo. Siamo contro un riconoscimento di diritti a ‘termine’, e altrettanto alla trasformazione di un diritto che ci viene negato da anni (e che deve essere retribuito con tanto di arretrati!)  in un bonus”.

Invece, “l’unico Bonus di cui avremmo voluto sentire parlare è il Bonus Covid, non riconosciuto dalla Regione per il personale socio-sanitario, ma neanche preso in considerazione dalla delegazione trattante in Asp Città di Bologna. Diversamente è andata a Parma, in Asp Ad personam, dove i delegati Usb in rsu sono riusciti a ottenere un bonus covid per tutti i lavoratori che hanno dovuto affrontare l’emergenza e/o che hanno contratto il virus sul posto di lavoro, prevedendo uno specifico stanziamento di risorse dal fondo”.

Usb ha inoltre dichiarato lo stato di agitazione delle lavoratrici dei lavoratori della sosta e degli uffici contrassegni: “La difesa dei diritti dei lavoratori coinvolti deve essere una priorità assoluta soprattutto considerando il mutismo dell’azienda e dell’amministrazione comunale e di fronte agli ostacoli posti dalle altre organizzazioni sindacali ad un serio e paritario confronto tra sigle sindacali. Da parte dei lavoratori emergono giusti elementi di allarme, di timore, di frustrazione nella consapevolezza di essere pedine di un gioco perverso, dove il valore umano e professionale non sembra contare. Usb sottolinea che la clausola sociale inserita nella gara di appalto, che ad oggi vede esclusa la stessa Tper, non è una garanzia di tutela, portando come esempio i recenti avvenimenti accaduti dopo l’assegnazione della gara per la biglietteria di via Marconi a Holacheck e della lotta estenuante che hanno dovuto sostenere i lavoratori nonostante la clausola sociale, poiché le aziende si nascondono dietro il diritto di libertà d’impresa per abbassare il costo del lavoro e azzerare la contrattazione aziendale preesistente. Ribadiamo la necessità di vigilare su tutto il procedimento in corso e su quello che gli enti e le organizzazioni coinvolte faranno o non faranno, compresa l’individuazione delle responsabilità nella vicenda”.

In tema di lavoro, poi, il Coordinamento Migranti segnala la pubblicazione delle testimonianze audio di Marta e Tatiana, due delle lavoratrici Yoox “che, a seguito del cambio di appalto e l’introduzione del nuovo sistema di turni, sono state costrette a licenziarsi a gennaio. Come abbiamo detto in piazza venerdì la lotta delle lavoratrici Yoox non coinvolge solo le donne che coraggiosamente stanno scioperando dal 25 novembre, ma anche quelle che sono state costrette a licenziarsi perché non è stata data loro alternativa. Noi vogliamo essere libere e rifiutiamo di sottostare a questo continuo ricatto!”. Gli audio si possono ascoltare sul sito del Coordinamento Migranti.

Il Si Cobas, invece, riferisce di un blocco messo in atto al magazzino Marr di Anzola per le seguenti ragioni: “I lavoratori ricevono le buste paghe a 0; gli straordinari sono pagati con dei buoni pasto; il Covid viene utilizzato come uno strumento per chiudere per chiudere i magazzini”.

Infine, tornano in piazza con un presidio convocato sotto al Nettuno i lavoratori di BolognaFiere. Spiega l’Sgb: “Altro che protocolli per il buon lavoro, in Regione non si parla di salvaguardia dei lavoratori ma del bussines da mettere in piedi approfittando della pandemia; e cosi oggi la priorità per i politici pare sia l’operazione di fusione tra BolognaFiere e la Fiera di Rimini, un’operazione che chiede in sacrificio le lavoratrici e i lavoratori oggi in forza a BolognaFiere e che comprende quel che rimane dei famosi e coraggiosi 123 oltre la lista dei tempi determinati (tenuti precari da anche 20 anni). Una fusione quella con Rimini, che richiede come atto ‘preliminare’ la riduzione del personale, forse la completa eliminazione ad esclusione dei quadri, che la dirigenza fiera in accordo con la politica cittadina e regionale sta facendo attraverso la cessione di ramo d’azienda ad un’altra azienda del gruppo Bfs, una scatola fatta per gestire i servizi connessi con le fiere in modo indiretto garantendo poltrone e poltroncine. Come Sgb riteniamo l’operazione, ben architettata, uno sciacallaggio in tempi di Covid; infatti in settembre Bologna Fiere ha disdettato il Contratto integrativo aziendale, quello che garantisce tutti gli istituti conquistati dai lavoratori e regolamenta nell’articolo 7 la lista di riserva, un centinaio di lavoratori precari che da molti anni garantiscono alla fiera lo svolgimento delle manifestazioni affiancando i lavoratori a tempo indeterminato che nel tempo sono divenuti sempre meno, i famosi 123 oggi 79 grazie ad un contestabile accordo che ha visto la comparsa per la prima volta della definizione dei precari come stagionali, contestata per vie legali da alcuni lavoratori che chiedono l’assunzione (in attesa di sentenza il prossimo 19 gennaio). Alle istituzioni abbiamo ricordato che solo il 5 agosto scorso abbiamo firmato insieme un protocollo che dovrebbe garantire il buon Lavoro all’interno del BolognaFiera Spa e nel gruppo, in cui esplicitamente le parti convengono, restando quanto previsto nell’integrativo aziendale, sulla tutela dei lavoratori eventualmente coinvolti in passaggi infragruppo mantenimento dei diritti collettivi che oggi non viene garantito. In conclusione BolognaFiere: non rispetta il protocollo di sito firmato con le istituzioni; esternalizza i lavoratori peggiorandone le condizioni di lavoro; elimina tutti i diritti dei 100 lavoratori precari; elimina le rappresentanze aziendali democraticamente elette”.