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Sulla Vivaia Tfq c’è una trattativa, “ma non siamo disposte a tutto”

In un comunicato l’occupazione transfemminista spiega di avere ricevuto due proposte dall’amministrazione comunale: lasciare lo spazio in attesa di un accordo, oppure riceverlo in gestione per dieci mesi una volta che sia tornato di proprietà pubblica. Ma il collettivo risponde: “Non usciremo durante la trattativa, ed è imprescindibile il riconoscimento dell’assemblea e dell’autogestione”.

29 Maggio 2023 - 19:25

“Dopo cinquanta giorni di occupazione e tre estenuanti settimane di contrattazione, sentiamo la necessità di condividere pubblicamente quanto sta accadendo”. E’ l’incipit di un comunicato firmato e diffuso oggi dalla Vivaia Tfq che, si legge, “con l’occupazione ha ridato vita a uno spazio ormai dismesso da oltre 10 anni, l’ex vivaio Gabrielli, con annessa una grande area verde abbandonata all’incuria. Data la dura repressione e la politica di sgomberi come unica soluzione alle occupazioni applicata in città ormai da anni, eravamo prontx a questo finale sin da principio. Dall’8 aprile, il momento in cui siamo entratx, i colpi di scena sono arrivati uno dopo l’altro. Ad oggi, l’area che coinvolge la VivaiaTFQ, è di proprietà di un’impresa edile che l’aveva acquisita con lo scopo di cementificarla costruendovi palazzine, b&b e parcheggi. Tuttavia, l’area verde in cui si trova lo stabile, secondo le norme vigenti, risulta troppo vicina al Cimitero Monumentale della Certosa per poter essere edificata. Per questo l’area è rimasta abbandonata così a lungo e nel 2019 il Consiglio Comunale ha stipulato un accordo di permuta secondo cui il Comune avrebbe acquisito nel 2025 la gran parte dell’area dell’Ex Vivaio Gabrielli, dando al privato la possibilità di edificare nella striscia di terra adiacente a Via Sacco e Vanzetti, in cambio di un compenso, alcuni lavori di manutenzione e messa in sicurezza da parte della proprietà. Dati i paletti burocratici, l’area al momento rappresenta soltanto una spesa per il proprietario e un ostacolo alla sua speculazione edilizia. Forse proprio per questo ha dimostrato interesse nel contrattare con noi la cessione dello spazio fino al momento del passaggio al Comune. Dopo più di due settimane di occupazione, siamo riuscitx a ottenere un primo incontro con il proprietario, al quale abbiamo presentato una bozza di contratto per manutenzione dell’area verde e uso dello stabile. La proprietà ha rifiutato questa proposta, pretendendo invece garanzie da parte del Consiglio di Quartiere e del Comune su tutta l’area, anche quella non occupata. La trattativa è dunque iniziata con un intenso dialogo con la proprietà, durante il quale il proprietario ha continuato a rimandare, pretendendo di avere sempre più garanzie e spingendo per avere il Comune come parte attiva. Quest’ultimo ha dimostrato un interesse crescente nel capire chi fossimo e nel dialogare con noi, contattando in vari momenti le nostre legali che su richiesta del proprietario hanno assistito ad un incontro tra privato e Comune per monitorare l’andamento dell’ interlocuzione tra le due parti. Nel mentre, abbiamo organizzato un’assemblea pubblica partecipatissima, in seguito alla quale si è formato il Comitato di Quartiere “Viva la Vivaia” a supporto dell’occupazione”.

Continua il comunicato delle transfemministe: “Dopo vari momenti di dialogo, che prontamente cadevano nel vuoto ogni volta che sembrava di aver raggiunto un accordo, siamo statx invitatx a un incontro tra la proprietà, il Comune e la Vivaia. Incontro a cui noi abbiamo deciso di partecipare per capire finalmente quali fossero le reali intenzioni e le motivazioni di questo inaspettato interesse da parte del Comune verso un’occupazione. Riteniamo centrale riportare quanto accaduto pubblicamente poiché una contrattazione informale e poco trasparente non è per noi politicamente accettabile. Vogliamo che questo percorso sia chiaro per tutte e tuttx perché l’esperienza di occupazione e autogestione non è isolata, ma si inserisce nello scenario di una città che negli ultimi anni e nelle ultime settimane ha eroso – fino a farlo sparire – lo spazio a chi ha tentato di far nascere esperienze politiche dal basso che non fossero fagocitabili da dinamiche elettorali. In questo incontro erano presenti il sindaco, la vicesindaca, la capa di gabinetto, il proprietario, alcunx di noi e lx rispettivx rappresentanti legali. Il Comune si è inizialmente inserito in una funzione di mediazione tra le parti, cercando di arrivare a una conclusione della trattativa. Ci sono state proposte due possibilità: la prima opzione, da parte del proprietario, è quella di uscire dallo spazio, per poi rientrarvi in seguito al raggiungimento di un accordo, che vedrebbe il Comune come garante; proposta che per noi risulta politicamente inaccettabile. Nel secondo caso invece il Comune si propone di accelerare il passaggio di proprietà in un tempo di dieci giorni, dopo il quale l’area diventerebbe definitivamente di proprietà pubblica per essere poi a noi ceduta con una concessione temporanea della durata di dieci mesi. Tutto questo è avvenuto con uno sgombero sempre più imminente, giacché la proprietà si è sempre rifiutata di ritirare la denuncia pur accettando di portare avanti la trattativa. Ci siamo dunque trovatx improvvisamente catapultatx in uno scenario paradossale: da un lato il Comune che si muove – negli uffici, ma non pubblicamente – per evitare lo sgombero di uno spazio transfemminista nel tentativo di non pagarne l’alto prezzo politico (mentre con altre occupazioni ha dimostrato ben altra disposizione); dall’altro la proprietà che per fare i propri interessi speculativi senza correre alcun rischio ha continuato a mettere paletti inverosimili e pretendere condizioni irrealistiche. Il Comune, che ha dichiarato più volte di non voler parlare con le occupazioni, dimostra ora un forte interesse a interfacciarsi con noi. Questo atteggiamento non può essere diretto solo nei confronti delle istanze e delle occupazioni che sono spendibili in termini elettorali, reprimendo il resto delle esperienze. Se il nostro interlocutore diventa il Comune, per noi cambiano le dinamiche dell’accordo. Siamo disponibili al dialogo solo ed esclusivamente a queste condizioni: Non usciremo dallo spazio durante la trattativa; È imprescindibile il riconoscimento dell’assemblea e dell’autogestione. Sarà quindi necessario trovare una formula che non sia associativa, ma che riconosca il gruppo informale che gestisce lo spazio; Risulta necessario capire se i confini sono quelli definiti nella trattativa che avevamo predisposto inizialmente con il proprietario o se questi verranno modificati ed eventualmente in che modo; Accogliamo le istanze delle persone del quartiere e insieme a loro chiediamo che sia fatta chiarezza rispetto alla destinazione d’uso dell’area; Non possiamo accettare soluzioni con scadenza nel breve periodo; Come espresso chiaramente nel comunicato di apertura dello spazio, non riteniamo il meccanismo della coprogettazione un metodo adeguato per il confronto politico tra le parti sociali e le istituzioni perché delimita e controlla la possibilità immaginativa della progettualità dei gruppi, ponendoli in competizione tra loro e in una dinamica ricattatoria”.

In conclusione, dice Vivaia Tfq “vogliamo che tornino a esserci tanti spazi transfemministi queer in città perché per noi è impensabile poter condensare tutte le esperienze appiattendo le specificità dei percorsi politici. Vogliamo che le autogestioni e le occupazioni si moltiplichino e facciano vivere Bologna. La Vivaia è un’esperienza intensa ed emozionante, nata un anno fa dal desiderio e dal bisogno di avere uno spazio di\per frocie, donne, lesbiche, bisessuali, trans, non binarie, completamente autogestito da chi ha sempre meno spazi e vive sui propri corpi vari tipi di violenza e oppressioni. La abbiamo desiderata, immaginata, occupata e fatta vivere in questi 50 giorni con tutte le nostre energie creative, favolose e sovversive e vorremmo che non finisse mai. Da quando l’abbiamo liberata, la Vivaia è casa, ma non siamo disposte a tutto e non accettiamo strumentalizzazioni politiche perché sappiamo che, anche se quest’esperienza dovesse finire in questo luogo fisico, continuerà in tanti altri. L’ avevamo detto: La Vivaia è arrivata e non potrete più farne a meno”.