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Su piazza Verdi “decisioni politiche travestite da tecniche”

Bartleby, Smaschieramenti e Noa dopo l’intervento delle forze dell’ordine di giovedì e le dichiarazioni di Comune e Questura, che denotano “la strategia e l’idiozia di quanto sta avvenendo a Bologna”.

25 Maggio 2013 - 12:39

“Converrete infatti che di recente le erano capitate tante di quelle cose fuori dal normale che Alice cominciava a pensare che ne restavano solo pochissime davvero impossibili”

Regolamenti (di conti)

“Se avessero fatto l’assemblea senza amplificazione non sarebbe successo niente”.
(Milena Naldi, presidente del quartiere San Vitale)

“Abbiamo concordato bene quello che deve fare la polizia e quello che deve fare la Polizia municipale. Ora si comincia e recupereremo il ritardo: tutti rispetteranno le regole del vivere civile, l’intervento sara’ metodico”
(Virginio Merola, sindaco di Bologna)

“In piazza ci sono delle regole che devono essere fatte rispettare: c’è un regolamento comunale, ci sono altre norme e poi ci sono le regole della civile convivenza. Nel caso di piazza Verdi, c’è un regolamento comunale che vieta di portare le casse”.
(Vincenzo Stingone, il questore)

Queste dichiarazioni racchiudono in sé la strategia e l’idiozia di quanto sta avvenendo a Bologna, riguardo alla gestione degli spazi pubblici, di aggregazione e socialità che fatalmente, con l’arrivo dell’estate, sono sempre più i luoghi all’aperto. In primis i luoghi storicamente più attraversati di Bologna: ieri (giovedì, ndr) è stato il caso di Piazza Verdi, ma sappiamo perfettamente che fra poco ci sarà una questione Piazza San Francesco, via del Pratello, ecc. Queste dichiarazioni preoccupano però, soprattutto perché parlano delle direzioni amministrative nella gestione delle forme di dissenso politico.

Tutto ciò avviene dopo un anno in cui, è bene ricordarlo, a essere stati messi in discussione sono stati proprio gli spazi di socialità: Bartleby, Hobo e le minacce di sgombero nei confronti di Atlantide e XM24. Questi spazi sono stati messi sotto attacco sulla base di regolamenti, bandi, convenzioni utilizzati come dogma, da non mettere in discussione, come se queste regole fossero pre-esistenti in natura e non invece frutto di contrattazione sociale e decisione politica.

Giovedì 23 maggio, le forze dell’ordine hanno tentato di impedire che si svolgesse un’assemblea con le lavoratrici della Sodexo – multinazionale che gestisce pulizie e sanificazione dell’ospedale di Cisanello (PI) – in lotta contro i licenziamenti, con la scusa che c’erano un microfono e una cassa per amplificare. Poco importa che fosse un’iniziativa politica che parlava di condizioni di vita e lavorative impossibili: Bologna è la città in cui le decisioni politiche vengono travestite da questioni tecniche, come se le istituzioni amministrative fossero occupate da tanti Azzeccagarbugli.

Da questo punto di vista le parole di Milena Naldi, presidente del quartiere San Vitale, sono esplicite: la sola presenza dell’amplificazione giustifica le cariche della polizia. Quelle del sindaco rincarano la dose.

Questa amministrazione sembra recepire con attenzione le istanze dei “comitati anti-degrado”. Assai meno quelle di altre componenti della popolazione cittadina: studentesse e studenti, magari fuori sede, senza casa di proprietà, che non investono in attività commerciali? Meno interessanti. Peccato che questa politica escluda di fatto quella parte di città che soffre di più le conseguenze della crisi: disoccupate e disoccupati, ampie fasce di popolazione impoverita e precaria.

Questa e altre tendenze dell’amministrazione bolognese sembrano in linea con il contesto nazionale che si sta delineando: “Comandiamo noi”, è stato detto a chiare lettere da chi governa questo paese, imponendo una direzione politica che prescinde da qualunque pratica partecipativa, perfino quella del voto. E con questa arroganza – il vero elemento che riesce a mantenere insieme le anime parlamentari – viene gestita qualunque forma di dissenso. Non dimentichiamo il caso dell’EX Libreria Cuem, con le forze dell’ordine che caricano all’interno dell’Università Statale di Milano, scene degne del miglior franchismo.

La giunta bolognese è stata perfetta anticipatrice di questa tendenza: chi occupa le poltrone più importanti di questa città ha deciso che la contrattazione con le fasce deboli della popolazione deve saltare, e chiunque provi ad esprimere dissenso nei confronti del Comune lo sa perfettamente. Basta ascoltare i toni da anti-terrorismo che il Sindaco ha utilizzato per svilire la questione referendaria, o le parole dell’assessore Lepore (“mi sono rotto le balle!”) alle insegnanti ed educatrici comunali che lottano contro il passaggio all’Asp dei servizi educativi nella fascia 0-6 anni.

Sui fatti di ieri Merola è stato chiaro: in Piazza Verdi la polizia ha agito come doveva, in futuro questo sarà l’atteggiamento che il Comune chiederà alle forze dell’ordine.

Merola dice che l’intervento che abbiamo visto ieri diventerà metodico. Parole che ricordano molto la “guerra chirurgica”. Non è più solo il nostro pensiero, ma i modi in cui viviamo quotidianamente le nostre vite che vengono messi sotto attacco. A noi tutt* il dovere inventare forme di partecipazione, di relazione, di dissenso il più collettive possibili.

ps. Il ragazzo colpito ieri durante le cariche ha ricevuto due punti di sutura e ora è tornato a casa e sta bene. Dubitiamo che questo possa interessare a Merola o a Milena Naldi, che nemmeno si sono posti il problema, ma alle molte persone che in queste ore ci stanno chiedendo notizie sì. Un saluto e un abbraccio da parte nostra.

Bartleby, Laboratorio Smaschieramenti, Noa e altre favolose soggettività

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