Ieri la kermesse dell’Alma Mater (con Farinetti) e, all’esterno, l’iniziativa pubblica promossa da Noi Restiamo. Stamane invece blitz in Senato Accademico dell’Assemblea di Scienze Politiche durante la discussione dei provvedimenti disciplinari per la contestazione a Panebianco.
“Gli studenti e i precari prendono parola in una piazza Verdi militarizzata per lo StartUp day”. La campagna Noi Restiamo sintetizza così l’iniziativa pubblica che si è svolta ieri in zona universitaria, “con la partecipazione di un centinaio di studenti e studentesse attratti dalla possibilità di mettere in campo qualcosa che, almeno nelle intenzioni, possa riprodurre le dinamiche di discussione e mobilitazione che in questi giorni stanno attraversando Parigi e tutta la Francia, come ricordato proprio da uno studente francese intervenuto al microfono aperto. Ringraziamo Marta Fana, gli attivisti del sindacalismo conflittuale e le realtà studentesche che hanno animato il dibattito, così come tutti coloro che hanno dato voce alle proprie opinioni mettendosi in gioco collettivamente, al contrario dell’ideologia di competizione al ribasso proposta pochi metri più in là al Teatro Comunale, dove veniva ospitata l’ennesima kermesse dell’Unibo utile all’avidità di certe banche e di certi imprenditori voraci come l’ospite d’onore Oscar Farinetti, più che agli studenti senza patrimoni e i cui bisogni possono essere espressi solo nelle lotte. In una piazza Verdi militarizzata, ringraziamo tra gli altri l’Asia-Usb che ci ha invitato tutti alla colazione solidale contro il rischio di sgombero di via Irnerio che in queste mattine a partire dalle 6 dà vita alla resistenza attiva degli abitanti delle Case occupate Nelson Mandela, del Centro studio occupato Terzopiano che tante volte ha dato vita ai nostri progetti, e dove a partire da questa mattina abbiamo toccato con mano la solidarietà di tutti coloro che nelle lotte territoriali vedono l’unica prospettiva concreta per la messa in moto di un cambiamento generale e più complessivo. Solo mettendo in connessione queste lotte è possibile dare impulso alla costruzione di un progetto politico che sappia tenere conto delle alleanze sociali possibili, dello sviluppo della competizione internazionale e delle alternative praticabili fuori dalla cornice dell’attuale sistema di guerra interna ed esterna”
Scrive ancora Noi Restiamo: “Nei prossimi giorni continuerranno le nostre attività di approfondimento teorico tanto quelle concrete, con cui in ogni caso mettere a nudo la situazione del mondo reale, aldilà delle retoriche della nostra controparte. Come è stato ricordato anche oggi (ieri, ndr) tutte le realtà politiche e sociali, così come i singoli interessati a mettere in discussione i paradigmi dominanti sono invitati al convegno nazionale convocato dalla Rete dei comunisti sui temi della formazione e della ricerca inscritti nel contesto dell’accentramento di capitali e di competenze dentro l’Unione Europea: anche noi porteremo il nostro contributo insieme ad altre sigle e molti intellettuali, sabato 30 aprile proprio a Bologna, a partire dalle ore 10 presso gli spazi dei Giardini Lorusso in Via dello Scalo 21″.
Stamattina invece blitz al Senato Accademico degli studenti dell’assemblea di Scienze Politiche, durante la discussione dei possibili provvedimenti disciplinari in realazione alla contestazione di Panebianco di alcune settimane fa. “Hanno provato a bloccarci ma siamo riusciti ad entrare – si legge nel comunicato giunto in redazione – Il prorettore vicario Mirko Degli Esposti ha prima narrato una storiella fantasiosa poi riso sguaiatamente di fronte alle nostre parole, forse perché detta ad alta voce la favola che si sono raccontati i vertici Unibo è tragicomica e insensata. Tanto che, quando abbiamo preso parola in Senato Accademico, tanti professori sono fuggiti dall’aula, come se ascoltare la voce degli studenti fosse impensabile. Come se fosse troppo difficile accettare di sentirsi dire che nella facoltà di Scienze Politiche sono stati manganellati degli studenti per aver intitolato un’aula a Giulio Regeni, il ricercatore morto in Egitto per cui la stessa Alma Mater ha ipocritamente firmato l’appello ‘Verità e Giustizia’ di Amnesty International, o apprendere che la polizia presidia la facoltà tutti i giorni”.
Secondo gli studenti: “L’Università di Bologna, quella “aperta al dialogo”, svela quotidianamente la sua vera faccia, tra aule chiuse, manganelli e provvedimenti disciplinari (oggi al primo punto dell’ordine del giorno), che sono evidentemente priorità di governo di un’università che vorrebbero normalizzata, in cui il pensiero critico non deve avere spazio, in cui alzare la testa vuol dire beccarsi un manganello o una sospensione”.
Dunque, “noi non ci stiamo. Non ci stiamo all’università-azienda, non ci stiamo all’università della precarietà permanente, non ci stiamo all’università della guerra, non ci stiamo a saperi neutralizzati senza possibilità di critica. Dimissioni!”