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Speciale / Rigenerazione o speculazione? [foto]

Reportage di Gianluca Rizzello: un viaggio lungo “i pezzi di quel puzzle che dovrebbero dare forma alla Bologna di domani. Il rischio è che qualcosa resti indietro e qualche pezzo vada perso. I cantieri certo non mancano”.

21 Gennaio 2019 - 16:06

articolo e foto di Gianluca Rizzello

People Mover, Fico, Student Hotel, Prati di Caprara, Trilogia Navile, Passante di mezzo.

E poi ancora gli studenti, i lavoratori, i giovani, l’edilizia popolare, i commercianti, i turisti, i residenti, gli stranieri.

Sono queste le parole della rigenerazione urbana in salsa bolognese, sono questi i pezzi di quel puzzle che dovrebbero dare forma alla Bologna di domani.

Il rischio è che qualcosa resti indietro e qualche pezzo vada perso.

I cantieri certo non mancano.

Qualcuno è andato dritto spedito, come ad esempio quello che in pochi mesi ha portato all’inaugurazione, a dicembre 2018, del nuovo Lidl sotto il ponte di via Libia: il sesto sotto le due torri in un’area peraltro già satura di market e supermarket.

Qualcuno invece si è fermato oppure mai partito.

Ai margini della Bolognina ad esempio, l’ex quartiere industriale e operaio della città, c’è l’ex fabbrica Casaralta, un pezzo di storia industriale della città, un pezzo di quel puzzle che prima o poi bisognerà provare di riprendere in mano per capire cosa farne. Un pezzo grande e impegnativo, certo, ma che proprio per questo non si può far finta di non vedere. 50mila metri quadrati tra via Ferrarese e via Stalingrado, da oltre 10 anni, terra di tutti e di nessuno.

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Rigenerazione o speculazione?

Sempre in Bolognina e sempre della stessa storia, fatta di macchine e tute da lavoro di un tempo che fu, ci sono da una parte Sasib (40mila metri quadrati di fronte all’ippodromo) e dall’altra Cevolani (20mila metri quadrati) che, convertite in progetti residenziali, sono il segno del tempo, il segno di una vocazione industriale che lascia il passo al terziario, al mattone che rende, agli appartamenti e al mercato immobiliare.

E la P-Tower su via Stalingrado sembra essere la porta d’accesso alla nuova Bolognina.

A volte però il nuovo non è sinonimo di comodo, non subito perlomeno e non sempre.

Lo sanno bene quelli del Comitato cittadino Vivere il Lazzaretto, un gruppo di residenti del primo agglomerato urbano del “nuovo” comparto Bertalia-Lazzaretto, che sono in attesa di marciapiedi, di posti auto e di collegamenti pubblici da e verso la città.

Da qui, tra qualche mese, si potrà prendere il People Mover nella sua unica fermata intermedia tra la Stazione centrale e l’aereoporto Guglielmo Marconi. Proprio sul sito ufficiale del nuovo collegamento che si legge che questa sarà “la grande area urbana in corso di riqualificazione destinata ad ospitare nuovi insediamenti residenziali e commerciali, nonché nuove aule e laboratori universitari ed un nuovo studentato”.

Poco più in là, invece, il verde dei Prati di Caprara. Al centro di un coinvolgente dibattito nei mesi passati in quanto oggetto di una riqualificazione spinta che avrebbe di fatto cancellato gran parte della spontanea area boschiva sorta negli ultimi decenni in una zona peraltro fortemente congestionata dal traffico nelle ore di punta e non solo. Anche qui erano (sono?) previsti unità immobiliari e commerciali oltre che ad una scuola cementando massicciamente l’area a ridosso dell’ospedale Maggiore.

Secondo i dati Ispra 2018, anticipati da Coldiretti, il consumo di suolo in Italia continua a crescere e l’Emilia Romagna si piazza al terzo posto per consumo di suolo in Italia dopo Lombardia e Veneto.

Che dire?

Piacerà la Bologna di domani?

Non è una questione di apocalittici o integrati, tra chi vuole che nulla cambi e chi invece non ne vede l’ora. Le città sono organi viventi, volubili, stravaganti e ci piacciono per questo. Ma vanno governate, gestite, guidate.

La risposta allora è dipende.

Dipende se sarà una città per molti oppure una città per pochi e dalla qualità della vita dei suoi cittadini.

Dipende da quanti pezzi perderemo per strada.