Acabnews Bologna

“Sei mesi nel Cie, peggio della detenzione”

Intervento della Garante delle persone private della liberta’ personale del Comune di Bologna, Desi Bruno, dopo la visita del 29 marzo scorso al Cie di via Mattei.

06 Aprile 2010 - 16:54

“La permanenza sino a sei mesi nei centri e’ peggio della detenzione”. Lo afferma in una nota Desi Bruno, Garante delle persone private della liberta’ personale del Comune di Bologna, dopo la visita del 29 marzo scorso al Cie di via Mattei. Nel Cie attualmente si trovano circa 84 persone, 49 uomini e 35 donne (la capienza e’ di 95 persone, 50 uomini e 45 donne): nei primi due mesi dell’anno ci sono stati 71 ingressi (40 donne) e 35 espulsioni. Nel fornire i dati, Bruno evidenzia l’alta percentuale di persone provenienti dal carcere, per le quali “con tutta evidenza e’ fallita la procedura di predisposizione dell’espulsione in corso di detenzione, e per queste persone e’ inaccettabile un’ulteriore privazione della liberta’ per un periodo sino a sei mesi”.

Tra l’altro, aggiunge la Garante, “e’ di tutta evidenza che il Cie non e’ strutturato per permanenze cosi’ lunghe, che trasformano in modo definitivo il trattenimento in pena detentiva, senza che sia stata prevista l’organizzazione propria del regime detentivo e le garanzie anche di tipo giurisdizionale che ad essa si accompagnano”.

Inoltre va sottolineata la presenza di persone che sono in Italia da tanto tempo, in alcuni casi da moltissimi anni e che non hanno piu’ il permesso di soggiorno non per aver commesso reati, ma a volte semplicemente per la perdita del posto di lavoro. Anche per queste persone si prospetta il rientro in paesi “dove non hanno piu’ ne’ familiari ne’ relazioni di alcun tipo” e la possibilita’ di essere trattenuti sino a sei mesi, “periodo che potrebbe poi ripetersi in caso di nuovo ingresso nel Cie”, spiega Bruno.  Durante l’ultima visita, la Garante ha incontrato una donna serba di 62 anni, in Italia da 11 anni, ha vissuto con il genero e le nipoti: “Attendeva di essere espulsa, privata della famiglia e rimandata in un luogo ormai sconosciuto”. E’ poi “drammatica- continua Bruno- la situazione di persone, prive di documenti, che non si vedranno riconosciute dai paesi di appartenenza: il loro destino e’ rimanere al Cie per sei mesi, uscire dal Centro, ma ritornarvi al primo controllo e rimanervi di nuovo, e cosi’ via senza poter mai avere un riconoscimento della loro esistenza fuori da questo circuito”. In questa situazione ci sono alcune donne cinesi incontrate al Cie: a Bruno hanno manifestato “tutta la loro disperazione”.