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“Sciopero sociale”, con blitz alla sede Unicredit [nuove foto+comunicati]

In concomitanza con lo sciopero della Fiom, medi e universitari in corteo. Calato uno striscione dalla sede Unicredit di via del Lavoro, volano anche manganellate. Uova contro la Cisl e sacchi di spazzatura alla Banca d’Italia.

06 Dicembre 2012 - 14:38

Ancora un’intensa giornata di mobilitazione nelle strade di Bologna, in concomitanza con lo sciopero generale proclamato dalla Fiom. I primi a muoversi sono stati gli studenti delle superiori, protagonisti di un ormai prolungato stato di agitazione, con il corteo convocato in piazza XX Settembre. “No ddl 953, no austerity, no Monti. Niente da difendere tutto da conquistare. Sciopero sociale, strike again”, si legge sullo striscione più visibile, mentre tra i cori il preferito è “Basta banche, soldi agli studenti”. Quando la manifestazione passa davanti al consolato greco in via Indpendenza, gli studenti si fermano per ricordare Alexis, il 15enne di Atene ucciso proprio il 6 dicembre di quattro anni fa dalla Polizia. Poco dopo, la manifestazione passa accanto alla sede della Cisl in via Milazzo, già “visitata” il 14 novembre: parte un lancio di uova contro il palazzo, presidiato in forze dai Carabinieri.

La manifestazione prosegue con un corteo selvaggio fino a sbucare sui viali, che vengono bloccati all’altezza di porta San Donato. Percorsi i viali fino a porta San Vitale, gli studenti raggiungono il concentramento promosso in piazza Verdi dagli studenti universitari, che da ieri occupano il 38 e che nella mattinata avevano “picchettato” diversi ingressi dell’Ateneo in via Zamboni. La manifestazione, unendo centinaia di medi ed universitari, prosegue verso la periferia.

Poco più tardi scatta un blitz alla sede dell’Unicredit in via del Lavoro: diversi manifestanti riescono ad entrare all’interno e dai piani alti viene calato un lunghissimo striscione con scritto “In alto le lotte, no all’austerity”, mentre il cortile si rimpie di agenti in tenuta anti-sommossa. Ne nasce un contatto con i manifestanti e volano anche delle manganellate, ma alla fine il corteo riesce a ripartire dopo un nuovo lancio di uova e petardi. Altri petardi, più avanti, vengono lanciati contro l’Ufficio scolastico regionale in via de’ Castagnoli e poi all’Unicredit di via Indipendenza. La manifestazione, infine, si scioglie in piazza Nettuno.

Nel frattempo, sempre stamattina hanno manifestato anche i medi della Rete degli studenti e il collettivo Làbas, che da settimane sta occupando l’ex caserma Masini di via Orfeo. Partito da piazza San Francesco, anche questo corteo ha bloccato il traffico sui viali, prima di lanciare sacchi della spazzatura davanti alla sede della Banca d’Italia in piazza Cavour.

La manifestazione è terminata sotto le Due torri, raggiungendo così la conclusione del corteo della Fiom che era partito da porta Saragozza: si parla di 10.000 metalmeccanici in piazza. Durante gli interventi conclusivi, gli operai hanno rumorosamente fischiato Fim-Cisl e Uilm-Uil per l’accordo separato firmato ieri con Federmeccanica.

> Le foto del corteo da piazza XX Settembre e piazza Verdi:

http://www.flickr.com/photos/zicphoto/sets/72157632180690987/show/

 

http://www.flickr.com/photos/zicphoto/sets/72157632185717764/show/

 

> I comunicati:

Dopo il 5 ottobre, dopo il 14 novembre, ecco il 6 dicembre. L’abbiamo costruito dalle scuole occupate e dalle facoltà in mobilitazione, l’abbiamo costruito con in mente uno sciopero sociale che sapesse portare la voce di studenti e precari nelle vie della città. Per questo dalle scuole in agitazione e dai picchetti in università ci siamo riuniti per muoverci in maniera comune e bloccare la città.

Avevamo deciso di puntare i palazzi del potere e così abbiamo fatto. Unicredit è quella banca che in città taglieggia giorno dopo giorno le nostre vite, strozzando le nostre famiglie, speculando in Borsa con i nostri soldi, attaccando le possibilità di accesso ai saperi.

Da noi “Unicredit” è un palazzo del potere. In tutta Italia oggi gli studenti e le studentesse hanno deciso di sanzionarli replicando da Palermo a Bologna, da Pisa a Roma le stesse iniziative di blocco e conflitto che hanno messo in atto le indicazioni politiche enucleate dal network nazionale degli studenti medi StudAut.

Abbiamo riportato in piazza il “No-merito Block”, le nostre personali pagelle e lauree , per tornare ad indicare che la soluzione alla crisi sta nel conflitto, nelle lotte sociali, nelle relazioni che si creano nelle scuole occupate e nei cortei selvaggi. Relazioni incompatibili con questa volontà di assaltare il nostro futuro che vediamo nelle politiche del governo Monti.

Nello striscione che abbiamo srotolato dal tetto di Unicredit (azione difesa proprio dal “No-merito Block” e da quei caschi usati per evitare che qualche manganellata o lacrimogeno piovuto dal cielo potessero impedirci di manifestare il nostro dissenso), abbiamo scritto “Sì alle lotte, no all’austerity”. La reazione delle forze dell’ordine, che hanno provato ad impedirci, caricandoci, di effettuare l’azione non ci ha intimidito e abbiamo messo a segno l’obiettivo.

Torneremo presto nelle scuole, nelle facoltà, nelle strade a fare parlare di noi..verso il prossimo sciopero sociale!

Studenti medi ed universitari in mobilitazione

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Riprendiamoci la città, riprendiamoci il futuro!

Oggi 6 dicembre, giornata di sciopero metalmeccanico, operai, studenti medi e universitari, precari, sono scesi per le strade di Bologna in migliaia, bloccando e paralizzando la città.
Come Làbas abbiamo scelto di partire da piazza San Francesco con gli studenti medi e di confluire nella piazza della FIOM a fine corteo sotto le due Torri. Per noi è stato centrale attraversare le strade di Bologna partendo da quella generazione “no future” che ha dimostrato in queste settimane con determinazione il proprio dissenso alle politiche di austerity e ha cominciato a riprendersi ciò che gli spetta.
Chi è sceso in piazza è stato in grado di configurare lo spazio in cui si stanno muovendo queste mobilitazioni: quello europeo e dei movimenti europei che, dopo aver lanciato a Madrid lo slogan e il progetto di “Toma la Huelga”, è riuscito a diffonderlo e a praticarlo nelle piazze.
In Italia non solo si è rotta definitivamente quella “pax montiana” tanto celebrata dagli stessi Monti e Napolitano ma, chi è sceso in piazza è riuscito anche ad indicare una via alternativa all’austerity e ai tecnici. Chi è sceso in piazza ha avuto la capacità di non parlare solo di tagli alle scuole e di problematiche specifiche. Chi è sceso in piazza ha, in primo luogo, dimostrato di voler riprendersi il proprio spazio di partecipazione attiva nelle decisioni sulle proprie vite, ed è per questo che la difesa dei diritti e la battaglia contro i tagli sono stati subito inseriti in un discorso contro l’austerità e per un nuovo welfare. Le occupazioni, il 14N, il 24N, le mobilitazioni, i flash mob delle settimane successive ci hanno parlato proprio per questi motivi di una “spinta costituente”.
Chi è sceso in piazza si batte con forza contro una gestione della crisi che vuole scaricare i costi su lavoratori, studenti, precari.
Il 6 dicembre abbiamo animato ancora una volta piazze e strade di questo paese, questa volta a partire dallo sciopero metalmeccanico della FIOM.
Il governo Monti in quest’anno ha provato a costruire l’immagine di un paese pacificato, dove diritti conquistati con anni di lotte potevano essere cancellati in silenzio. Qualcosa invece sta cambiando ora.
E sta cambiando a partire dai tanti soggetti, da tanti pezzi di società, realtà e segmenti sociali che stanno pagando la crisi sulla propria pelle e rifiutano le politiche di austerity, che reclamano diritti, welfare, reddito come alternativa ai tagli, all’estensione della precarietà, al saccheggio dei beni comuni, dei territori, alla dismissione della scuola, dell’università, del mondo del lavoro, della sanità.
Dicevamo, c’è una spinta costituente, che ha portato al moltiplicarsi delle occupazioni (come abbiamo fatto noi di Labas il 13 novembre, aprendo alla città uno spazio abbandonato da anni, l’ex Caserma Masini), moltiplicarsi delle autogestioni, delle assemblee, degli spazi di discussione e di mobilitazione.
Siamo stati in tutti questi spazi, li abbiamo costruiti insieme, li abbiamo vissuti e alimentati insieme ai tanti studenti medi, ai precari, agli universitari che si sono messi in gioco queste settimane.
Con Làbas abbiamo non solo aperto uno spazio fisico, restituendolo alla città e rendendolo bene comune da difendere, ma abbiamo anche lanciato una sfida alla città, abbiamo scommesso. Stiamo sperimentando la concreta possibilità di connettere un’intera generazione che è stata privata del proprio futuro e ora vuole riprenderselo, che è così “choosy” che non si accontenta della miseria del presente e si prende pezzo do pezzo ciò che gli spetta, ciò che gli è stato tolto. Viviamo nella certezza di essere tagliati fuori dal welfare e dalle garanzie conquistate in passato e vogliamo riappropriarci della ricchezza che ogni giorno produciamo, ribellandoci a chi ci vuole tutti più poveri e senza diritti. Abbiamo aperto laboratori come elementi di anomalia e di alterità nella crisi, per agire la complessità, darci nuove coordinate per riuscire a cambiare l’esistente in maniera sperimentale e dirompente, sprigionando energie e pulsioni vitali per la città.
E’ fondamentale più che mai in questo momento provare a fare uno sforzo più, un passo in avanti e provare a tenere insieme tanti altri soggetti, provare a ricomporre il dissenso di tutti coloro che sono attaccati dalla crisi, che subiscono ricatti sulla propria pelle, che sono stanchi dei diktat della BCE, che non ci stanno ad essere definiti e trattati come un problema di ordine pubblico, da arginare e da criminalizzare.
Sotto attacco oggi siamo noi studenti, precari, lavoratori, tutto quel 99% che sta pagando la crisi di un 1% che intanto mette in atto un vero e proprio attacco alla democrazia.
Cos’è se non questo, la “cacciata” della FIOM da molte fabbriche?
Cos’è se non questo, il restringimento degli spazi del dissenso?
Cos’è se non questo, la situazione dell’Ilva di Taranto?
Cos’è se non questo, la criminalizzazione di studenti, precari che vogliono cambiare l’esistente, di chi in Val di Susa difende il proprio territorio?
Cos’è se non questo, l’esclusione sempre più forte da processi decisionali, la cancellazione di diritti, invece della loro estensione e della costituzione di nuovi diritti all’altezza dei tempi che viviamo?
Vogliamo continuare ad estendere la precarietà o ad estendere i diritti?
In un paese, peraltro, dove c’è un record di aumento della disoccupazione giovanile, un paese che è incapace di valorizzare le nostre competenze, che pensa solo a buttarci nel vortice della precarietà e dello sfruttamento invece di investire responsabilmente su innovazione, ricerca e servizi.
E diciamo anche chiaramente che rigettiamo ogni retorica di chi vorrebbe ingabbiarci in una contrapposizione tra “vecchi garantiti” e “giovani precari”.
È chiara la volontà di restringere i diritti, proprio laddove questi dovrebbero invece essere estesi a tutti.
Per questo abbiamo scelto di partire da piazza San Francesco, dando centralità alle mobilitazioni degli studenti medi che nelle scuole occupate hanno costruito qualcosa di costituente. Per questo abbiamo cominciato a prenderci spazi abbandonati come l’ex Caserma Masini e costruire laboratori contro la crisi, alternativa, per questo sprigioniamo ogni giorno energie e potenza nella città, nelle università, per questo ci riappropriamo pezzo dopo pezzo della ricchezza socialmente prodotta, per questo ci riprendiamo le strade, blocchiamo la città, il traffico, i viali, per riprenderci il nostro futuro.
Per questo abbiamo sanzionato Bankitalia, per dire chiaramente che rifiutiamo ogni diktat sulle nostre teste, che non ci stiamo ai ricatti della BCE e delle banche, che non dimentichiamo le brutalità e la violenza della polizia di stato che manganella studentesse come Martina rompendole quattro denti e poi pensa di risolvere tutto pareggiando i conti con 40 denunce nei confronti di chi ha manifestato e continua a manifestare il proprio dissenso.
Per questo abbiamo scelto di concludere il corteo sotto le 2 torri e quindi con gli operai della FIOM, perché, seppur partendo dalle nostre specificità, abbiamo bisogno di aprire percorsi e obiettivi comuni tra mondi differenti ma che vivono una attacco capillare nella crisi.
Riprendiamoci le nostre vite degne! Andando avanti, con la Bologna libera e pensante!

Làbas