Alle 14 la chiamata “favolosa, antirazzista, intersezionale, degenere, puttana, frocia, lella e trans non binaria, sierocoinvolta”, alle 17 presidio contro le annessioni israeliane in Cisgiordania e alle 18 manifestazione contro l’oppressione di curdi e altre minoranze da parte della Turchia di Erdogan.
Piazza del Nettuno, sabato prossimo, sarà vissuta in successione da tre mobilitazioni che non mancheranno di intersecarsi. Per le 14 è stataconvocata la “piazza del Pride favolosa, antirazzista, intersezionale, degenere, puttana, frocia, lella e trans non binaria, sierocoinvolta”. Scrive B-Side Pride: “La pandemia e la crisi che ha generato hanno acuito la precarietà per tuttu, come queer (froce, lelle trans*, lgbtiq+, sex worker, rifugiat*, razzializzate) ci siamo ritrovat* invisibilizzate dalle retoriche e dalle politiche familiste e paternaliste con cui la crisi è stata gestita. Come queer ci mancano cose materiali e immateriali ugualmente essenziali: cibo, reddito, accesso alla salute, la socialità frocia, lo spazio pubblico, le piazze, il cruising, l’incontro dei corpi nello spazio pubblico, la comunità politica nella quale potersi riconoscere che no, non è la nazione bianca eterosessuale. Per questo sentiamo l’esigenza di connetterci, di agire mutualismo e solidarietà queer e di ricostruire, a partire dal #27G, uno spazio pubblico dove incontrarci e lottare insieme. Per questo il #Pride diventa per noi più che mai l’Orgoglio per i nostri legami queer, che sono reti, sfamiglie, altre intimità, parentele spurie di affinità e resistenza, formazioni sociali che non riproducono la famiglia eterosessuale. Prepariamo e agiamo da subito la lotta della vita contro il profitto, della cura contro la selezione, del desiderio contro la paura e ci connettiamo alle richieste di reddito di autodeterminazione, accesso alla salute pubblica per tutt*, diritto a lavorare in sicurezza, autorganizzazione della cura e riconoscimento del lavoro di riproduzione sociale come centrale. Perché non si tratta di sperare in un ritorno alla normalità, che per noi era il problema, si tratta di ripensare le basi della ri/produzione sociale ed ecologica. Anche per questo ci sentiamo in connessione e aderiamo alla piazza di #NonUnaDiMeno del 26 giugno”, convocata dalla rete transfemminista in diverse città italiane tra cui Bologna, in luogo da definirsi.
Prosegue il testo: “Siamo in piazza contro la violenza di genere e dei generi! La violenza è strutturale: l’eteropatriarcato è alla base della cultura capitalistica e colonialista e garantisce l’organizzazione della società secondo rapporti di sfruttamento che rispondono alle logiche del profitto. Il transfemminismo rompe le certezze delle relazioni su cui si basa la società patriarcale, restituendo relazioni inedite, favolose e dissidenti. Per questo crediamo che sia importante discutere della legge su omolesbotransfobia: non ci interessa l’inasprimento delle pene a costo zero, vogliamo vedere riconosciuta la natura sistemica della violenza (l’eterosessualità obbligatoria) e chiediamo interventi strutturali per sradicarla a partire da educazione e prevenzione. Inoltre, la discriminazione non è un fatto meramente culturale, produce disuguaglianza sociale e materiale, per questo chiediamo reddito di autodeterminazione e accesso a salute, casa, istruzione per ognun*: per transitare fuori dai vincoli famigliari, patriarcali e omosociali.Siamo in piazza per la depatologizzazione delle transizioni e delle vite trans e non binarie: superiamo la legge 164!”.
“Siamo in piazza – si legge poi – in solidarietà con il movimento Black Lives Matter e con tutte le resistenze queer, femministe, antirazziste, antifasciste globali, dal Rojava alla Palestina al Brasile. Qui e ora combattiamo contro il razzismo sistemico e istituzionale e in alleanza con le soggettività lgbtiqueer migranti e razzializzate: vogliamo l’abolizione delle legislazione razzista e securitaria, permesso di soggiorno europeo, decolonizzazione della cultura e della società.Siamo sierocoivolte e da questa prospettiva guardiamo alla salute: il ruolo dei servizi di prossimità e community-based nella cura dell’hiv e la lezione post pandemia fanno emergere la necessità di un ripensamento del welfare nazionale e regionale. Che si tratti di medicina territoriale, preventiva di residenze anziani, salute mentale, carceri, strutture di accoglienza va superata la visione disciplinare che crea spazi separati in cui isolare e concentrare ‘l’Utente’. Chiediamo accesso alla salute pubblica, alla prevenzione, alle terapie senza discriminazioni per le persone trans, razzializzate e marginalizzate. Lottiamo contro lo stigma che ancora ci colpisce come sieropositive. Lottiamo contro lo stigma che ancora ci colpisce come puttane. Siamo libere di sperimentare le nostre sessualità in relazioni multiple. Il sex work è un lavoro e prima di tutto è un lavoro di/del genere perché la relazione di cura/seduzione che si costruisce è parte del servizio che viene venduto. Il sex work è lavoro e come tale necessita di diritti e tutele: più viene invisibilizzato, maggiore è la violenza verso chi lavora. Le leggi attuali sono insufficienti perché criminalizzano la nostra attività e quindi i nostri corpi, per questo lottiamo per la totale autodeterminazione e decriminalizzazione del sex work”.
B-Side chiarisce infine che sarà una piazza statica, “nel rispetto della salute e della cura collettiva, come condiviso anche a livello di tutto il coordinamento transfemminista queer 2020 Marciona” e che “useremo la nostra creatività per segnare lo spazio, per rendere safer la piazza, riappropriandoci in forma queer dei dispositivi di protezione individuale in modo da trasformarli in tecnologie di prevenzione e autocura collettiva”.
Alle 17 c’è invece il presidio “contro l’annunciata annessione dei territori palestinesi da parte di Israele” chiamato da Donne in nero, Coordinamento Campagna Bds Bologna, Universitari Contro L’Apartheid Israeliana e altre sigle: “Saremo in piazza per dire no all’annessione illegale, no al regime di apartheid israeliano e per chiedere che vengano adottate misure concrete, incluse le sanzioni, contro le continue violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da parte di Israele. Saremo in piazza a fianco della lotta delle e dei palestinesi per il diritto all’autodeterminazione e per la libertà, la giustizia e l’uguaglianza. Chiamiamo tutte le persone che hanno a cuore i diritti umani, i movimenti di solidarietà con i popoli in lotta per l’autodeterminazione, le associazioni e le organizzazioni solidali con la Palestina ad aderire e a partecipare a questa iniziativa”.
Alle 18 scatterà infine la manifestazione della Rete RiseUp4Rojava contro l’oppressione di curdi e altre minoranze da parte della Turchia di Erdogan, tra le prime adesioni quelle di Vag61, Tpo, Làbas, Laboratorio Crash, Cua, Connessioni precarie, Coordinamento Migranti e Non una di meno. Scrivono i collettivi: “A inizio gennaio abbiamo manifestato a Bologna ribadendo la nostra solidarietà e complicità con l’esperienza del confederalismo democratico, femminista ed ecologista, nella Siria del Nord e dell’Est (Rojava), determinante nella sconfitta dell’Isis ma colpevolmente dimenticata dalle potenze mondiali che, prone agli interessi del fascista Erdogan, hanno lasciato libera la Turchia di invadere, contrastata solo dalla strenua resistenza delle e dei rivoluzionari/e, ampie porzioni di territorio a sud del proprio confine. La pandemia non ha smorzato la ferocia di Ankara. Questo mese l’offensiva, aerea e terrestre, si è ampliata a diverse comunità che vivono del Kurdistan iracheno, tra le montagne dove ha base il partito curdo dei lavoratori Pkk, mosso dalle medesime idee e dalla stessa pulsione alla libertà che animano la Resistenza del Rojava. Molti i civili colpiti dagli attacchi, che hanno riguardato anche un campo profughi delle Nazioni Unite e la città yazida di Sinjar, dove nel 2014 centinaia di persone sono state uccise e quasi cinquemila donne sono state rapite e vendute come schiave sessuali.
Prosegue l’appello: “All’interno delle proprie frontiere, intanto, Ankara non tollera opposizione: sono circa 5000 i funzionari e i militanti del partito democratico dei popoli Hdp, socialista e favorevole ai diritti di curdi e altre minoranze, detenuti in carcere ed esposti a un altissimo rischio di contagio da Covid-19, nella quasi totale assenza di misure di prevenzione e contenimento. Anche l’Italia dimostra di non avere nessuna gratitudine per chi ha sconfitto il Califfato responsabile di centinaia di morti in Europa: a marzo il tribunale di Torino ha inflitto due anni di sorveglianza speciale a Eddi Marcucci, internazionalista che combatté in Siria con le unità di protezione delle donne Ypj. Nel suo piccolo, anche il Comune di Bologna ha fatto la sua parte rimuovendo la targa apposta in Cirenaica per Lorenzo ‘Tekoser’ Orsetti, morto mentre combatteva con le unità di protezione del popolo Ypg sul fronte di Al-Baghuz, ultima ridotta dello stato islamico sulle rive dell’Eufrate”.
Dunque, “per la liberazione di tutte e tutti le/i prigionieri politici in Turchia; per i diritti e la libertà di curdi, yazidi, assiri e tutte le minoranze in Siria, Iraq e Turchia; per la cessazione degli attacchi dell’esercito turco e il suo immediato ritiro da Siria e Iraq; a sostegno della rivoluzione della Federazione Democratica della Siria del Nord e dell’Est; per la revoca di ogni misura restrittiva a Eddi; con Tekoser e Hiwa Bosco nel cuore, Invitiamo tutte e tutti a manifestare sabato 27 giugno 2020 dalle 18 in piazza Nettuno a Bologna”.