Oggi in Sala Borsa incontro pubblico tra gruppi e associazioni di sɜx worker, il primo di questo genere organizzato in Italia da circa 20 anni, poi manifestazione: “Dobbiamo pagare le tasse, ma non abbiamo gli stessi diritti di altri lavoratori. È un lavoro, chiediamo di poterlo fare senza essere sfruttate o finire in galera”.
In occasione della giornata internazionale dellɜ sɜx worker, “scendiamo in strada per rivendicare il nostro diritto all’esistenza e alla presa di parola come sɜx worker e alleatɜ”: oggi manifestazione con partenza da piazza del Nettuno su iniziativa di Mit, Comitato per i diritti civili delle prostitute, Ombre rosse, Swir, Swipe, Padova hc, Rivolta Pride e Smash repression. Il corteo autorganizzato ha seguito un incontro in Sala Borsa nel quale, dopo circa vent’anni dall’ultima volta, associazioni e gruppi di sɜx worker del Paese hanno ripreso collettivamente e pubblicamente parola per risollevare e ridiscutere la questione del lavoro sessuale. Perchè se ad oggi in Italia la prostituzione non è reato, a pesare sono altre norme (come quelle su favoreggiamento e adescamento) ed è su queste che si concentra la richiesta di depenalizzazione: a causa di questi reati “non possiamo lavorare nelle case, affittare insieme, formare cooperative o avere copertura sanitaria”, viene infatti sottolineato in occasione dell’incontro. “Tra poco metteremo anche noi le tende come gli studenti”, dice con una battuta Pia Covre, fondatrice e leader del Comitato per i diritti civili delle prostitute. Che poi aggiunge: “Dobbiamo pagare le tasse, ma non abbiamo gli stessi diritti di altri lavoratori. Si prenda atto che è un lavoro, chiediamo di avere il diritto di poterlo fare senza essere sfruttate o finire in galera”.
E’ per rimarcare l’importanza di questi temi che si è deciso di scendere oggi in piazza: “Lo facciamo a Bologna- scrivono le realtà promotrici- una delle città emiliano-romagnole che poco più di una settimana fa è stata travolta, assieme a molte altre province, da potentissime alluvioni che hanno provocato morti, sfollati e distruzione di ecosistemi. A tutte le persone colpite in qualsiasi modo da questo evento, conseguenza della crisi climatica globale e dell’uso sconsiderato dei suoli, diamo tutta la nostra solidarietà. Dopo giorni di riflessioni, dibattiti e incontri, celebriamo, ricordiamo e rivendichiamo le lotte, le fatiche e l'(auto)determinazione dellx s3x worker di tutte le parti del mondo. Lo facciamo con i nostri corpi, le nostre esistenze, la nostra vicinanza e dimensione collettiva che ci spinge ad essere classe. Vogliamo decostruire ogni tipo di gerarchia tra s3x worker e combatterne le cause. Scendiamo in piazza per la decriminalizzazione del lavoro s3ssuale, per la libertà di esercitare sɜx work o di non farlo e per manifestare il nostro orgoglio. Ci opponiamo a ogni forma di tratta e sfruttamento, così come a tutte le forme di controllo sulle persone migranti”.
Continua la piattaforma della manifestazione: “Vogliamo attraversare i confini liberamente. Vogliamo la fine della violenza capitalista, patriarcale, omolesbobitransfobica e razzista che ci colpisce marginalizzandoci e stigmatizzandoci. Vogliamo poter accedere a un reddito sicuro. Alziamo le nostre voci per il diritto alla salute, alla cura e alla casa. Vogliamo vivere in sicurezza. Rivendichiamo la libertà di scelta sui nostri corpi. Lottiamo per la fine di ogni repressione, strutturale e istituzionale. Lottiamo contro l’attuale sistema giudiziario meramente punitivo, contro le ordinanze in nome del decoro e per la fine degli abusi della polizia. Lottiamo per eliminare ogni forma di pregiudizio e stigma nei confronti del lavoro s3ssuale e per rompere l’isolamento che spinge lx s3x worker ai margini. Vogliamo che le nostre voci siano ascoltate e partecipi al percorso di cambiamento per cui già moltx di noi hanno lottato: la storia tende a dimenticarci ma noi ne siamo sempre statx parte. Siamo qui, sul marciapiede, a invadere le piazze e le strade. Siamo qui per riprenderci il nostro diritto come soggetti e non oggetti di dibattiti che non ci coinvolgono né ci rappresentano. Siamo qui a rivendicare diritti che sono nostri, perché sono di ogni persona, ma che ci vengono sistematicamente negati senza neanche porsi il problema. Il problema lo poniamo noi, qui ed ora, anche per lx nostrx sorellx: perché se parliamo di diritti, allora devono essere di e per tuttx, per chi è qui e per chi non può esserci. Se i diritti non sono per tuttx si chiamano privilegi!”.