Acabnews Bologna

“Reddito per tutt@ e stop affitti, mutui, bollette: facciamoci vedere!”

Tpo, Làbas e Adl Cobas invitano ad appendere striscioni ai balconi e condividere scatti sui social. Intanto nelle aziende si moltiplicano gli scioperi: Si Cobas in agitazione nel bolognese e a Modena, dove otto lavoratori in presidio sono stati fermati e denunciati. Usb: “Titan antepone i propri profitti alla sicurezza dei lavoratori”.

13 Marzo 2020 - 21:47

“Restare a casa per non diffondere il contagio: un diritto da garantire a tutt@”. E’ quanto scrivono TpoLàbas, e Adl Cobas Emilia Romagna pubblicando su Facebook un appello a fare “una foto con un cartello” o appendendo “uno striscione o un lenzuolo alla tua finestra o al tuo balcone, per rivendicare #redditodiquarantena” condividendo “lo scatto sulla pagina dell’evento”. “Facciamoci vedere!”, è l’esortazione di attiviste e attivisti, che se da un lato affermano sia “necessario fermare attività, servizi e produttività, chiudere impianti, stabilimenti e fabbriche dove si continua a lavorare ad alto rischio di contagio”, dall’altro sottolineano come per restare a casa siano necessarie “tutele, ammortizzatori sociali, sussidi e reddito per tutt@. E allora che sia garantito un #redditodiquarantena, che vengano assicurate per tutt@ le dovute garanzie reddituali, che vengano prese misure concrete per sostenere lavoratori e lavoratrici, precari e precarie degli appalti, intermittenti del mondo dello spettacolo, educatori e educatrici, operatrici e operatori sociali, partite IVA, lavoratori e lavoratrici del turismo, piccole imprese. Altrimenti #iorestoacasa è un privilegio per pochi, un diritto soltanto per qualcun@”. Per questo, dicono le tre realtà, “vogliamo: diritto alla salute per tutt@. Reddito di quarantena per tutt@. Cancellazione delle rate degli affitti e dei mutui, delle bollette delle utenze”.

Continua l’appello: “Abbiamo assunto da subito lo stato di crisi e di emergenza che si è abbattuto sull’Italia e su tutto il mondo. Abbiamo perso il lavoro e non sappiamo come pagare l’affitto e le bollette. Stiamo lavorando da casa, coniugando lavoro produttivo e riproduttivo. Stiamo continuando ad andare a lavoro, rischiando per la salute nostra e degli/delle altr@. Abbiamo sospeso attività culturali e di produzione sociale, mettendo a rischio la nostra sussistenza economica. Ci stiamo ponendo il tema di come continuare a stare insieme senza contagiarci, come continuare a creare legami e non lasciare sol@ nessun@, continuare a confrontarci, ragionare e decidere insieme, come condividere fragilità e vulnerabilità, come sconfiggere paure e individualismi, come non isolarsi, come continuare a cooperare e agire politicamente nelle contraddizioni della crisi. Abbiamo iniziato a sperimentare forme diverse e in piattaforma online di assemblee per confrontarci e costruire azioni. Stiamo sviluppando progetti di assistenza telefonica e supporto psicologico. La consapevolezza di essere vulnerabili può renderci più fragili ma la fragilità può aiutarci ad essere migliori, dando meno importanza alla performatività e provando davvero ad avere cura di noi e degli/delle altr@. Vogliamo sconfiggere insieme la paura e il virus per non cedere all’individualismo e all’isolamento. Per non lasciare sol@ e indietro nessun@”.

Inoltre, si legge ancora, “si aggrava il costo sociale della diffusione del Covid19, per i singoli, per gli spazi e le attività sociali e culturali, per le piccole imprese. Sono tanti i soggetti che pagano maggiormente questa crisi perché non tutelati da alcuna forma di garanzia di continuità del reddito e da coperture assicurative adeguate. Migliaia di persone tra le fasce più deboli della società, oltre a doversi preoccupare della tutela della salute, devono trovare il modo di arrivare a fine mese, di non chiudere la propria piccola attività, di pagare affitti, mutui, tasse. Salute e reddito sono garanzia di una vita degna per tutt@. Viviamo un’emergenza sanitaria che mette a dura prova il sistema sanitario nazionale, che risente di anni di tagli alla sanità da parte dei diversi governi. Il personale sanitario sta facendo un lavoro straordinario, senza soste e senza condizioni di sicurezza, spesso con contratti precari e al limite della sostenibilità. Molti lavoratori e molte lavoratrici devono continuare a recarsi tutti i giorni a lavoro in luoghi affollati, senza protezioni, in nome di una produttività che deve essere garantita a tutti i costi. Precar@, intermittenti, p.iva o lavoratori/lavoratrici in nero hanno perso il lavoro o hanno sospeso l’attività e non sanno come pagare affitti, bollette, spese quotidiane. Tantissime donne a causa di un sistema familistico e patriarcale devono sobbarcarsi tutto il peso di un lavoro di cura a casa. È paradossale chiedere di restare a casa e poi obbligare migliaia di persone, spesso già ricattate da precarietà e sfruttamento, a rischiare, continuando a lavorare in condizioni non sicure, la propria incolumità e quella dei propri cari. È paradossale chiedere di restare a casa senza lavoro e stipendio, senza i soldi per pagare l’affitto, il mutuo, le bollette. È paradossale chiedere di restare a casa con i propri figli a casa dalla scuola o con i propri cari ammalati senza aiuti, congedi parentali, permessi speciali, rischiando di perdere il lavoro o dovendo coniugare lavoro da casa in smart working e lavoro di casa non retribuito, senza limiti di orari e tutele. È paradossale chiedere di restare a casa ma in una casa non sicura perché luogo di soprusi e violenze domestiche. È paradossale chiedere di restare a casa a chi una casa non ce l’ha. È paradossale chiedere di restare a casa a chi è ammassat@ in una cella di un carcere. È paradossale chiedere di restare a casa ma con le ferie anticipate o arretrate”, concludono.

Parlando dell’emergenza nei luoghi di lavoro Si Cobas segnala che nel bolognese “si moltiplicano di ora in ora gli scioperi nella filiera logistica. Obbligati a lavorare senza alcuna tutela per la loro salute I facchini sono in rivolta ovunque. #seiononstoacasa e sono costretto a lavorare in un ambiente di lavoro mettendo a rischio la mia salute, quella dei miei cari, dei miei compagni di lavoro, delle persone che incontro.. Allora #iosciopero. I facchini e le facchine, gli autisti, i drivers, gli operai, le commesse, i riders e tanti altri sono stati considerati indispensabili nell’emergenza #coronavirus come corollario delle merci. Ma all’interno dei magazzini e delle fabbriche non valgono tutti i saggi precetti che ascoltiamo ogni giorno.. In molti di questi posti vi è l’assenza pressoché totale delle condizioni minime indispensabili per evitare la proliferazione del virus”.

Sempre Si Cobas, in questo caso a Modena, riporta la notizia dell’arresto e del fermo del coordinatore provinciale e del delegato dell’azienda Emiliana Serbatoi di Campogalliano, dove era in corso uno sciopero, prelevati dalla polizia insieme ad altri lavoratori (in tutto otto persone). Successivamente la sigla sindacale ha comunicato il rilascio degli operai, insieme al coordinatore provinciale, aggiungendo che “tutti sono stati denunciati per violazione del decreto emergenziale, violenza privata e manifestazione non autorizzata”.

Tornando nella provincia di Bologna, Usb, che ieri aveva indetto lo sciopero di due settimane su tutto il territorio nazionale, parla di quanto sta accadendo nelle aziende Titan, Gd e Toyota Carrelli Elevatori: “Nella giornata di ieri 12 marzo si è tenuto un incontro tra la direzione di Titan e la Rsu assistita dalle rispettive organizzazioni sindacali in merito alla situazione coronavirus ( Covid-19 ) dopo l’ultimo DPCM del 11 marzo. Le rappresentanze sindacali hanno sin da subito chiesto all’azienda di chiudere lo stabilimento di Finale Emilia al fine di prevenire l’espansione ed il contagio dal virus per salvaguardare quindi la salute di tutti i lavoratori. L’azienda, però, ha espresso la necessità di continuare a produrre, giustificando tale necessità con la paura di perdere i clienti. Pochi giorni fa nella stessa azienda è stato siglato un accordo di solidarietà per evitare licenziamenti e gestire una situazione di calo produttivo che si evidenzia da diverso tempo. Le rappresentanze sindacali hanno chiesto di utilizzare, appunto, l’ammortizzatore sociale già in essere per chiudere e gestire momentaneamente l’emergenza Covid-19 in attesa che il governo stanzi nuove risorse per gli ammortizzatori sociali, che oltretutto sembra essere un paradosso. L’azienda però si è rifiutata dichiarando che la produzione può andare avanti poiché sussistono le condizioni di sicurezza previste dall’ultimo decreto. Alla richiesta di garanzie, però, non ci sono state date risposte concrete e per tale motivo come Usb, che a livello regionale ha proclamato 15 giorni di sciopero per il settore industria e tutte le aziende in appalto, insieme a Fiom abbiamo deciso di proclamare uno sciopero a partire da domani venerdì 13 fino a venerdì 20 marzo prossimo. Oggi sciopero anche alla GD di Bologna per le stesse motivazioni. Alla Toyota carrelli elevatori di Bologna, invece, martedì 10 marzo 2020, abbiamo proclamato 2 ore di sciopero perché dopo il DCPM del 8 marzo scorso, l’azienda non ha garantito le necessarie condizioni di sicurezza e oggi, dopo l’ultimo decreto, si è concordata la chiusura di questi ultimi 2 giorni. Come Usb reputiamo inaccettabile che in una situazione di grave emergenza mondiale aziende multinazionali come la Titan antepongano ancora una volta i propri profitti alla sicurezza dei lavoratori. Ci adopereremo sempre al massimo per garantire ai lavoratori la tutelata della propria salute e la salvaguardia della sicurezza nei luoghi di lavoro”.