La recensione del documentario spagnolo che verrà proiettato venerdì 12 marzo al Circolo Bernieri alle 21. Una visione da non perdere.
Lucio è uno di quei rari documentari che rimangono ben impressi nella memoria dello spettatore. “Colpa” della figura al centro della pellicola, Lucio Uturbia, anarchico Basco. Nato nella poverissima Navarra nel 1931 da una famiglia di contadini, inizia a fare il contrabbandiere tra il confine francese e spagnolo per sfuggire alla fame. Arrestato la prima volta si rifugia in Francia, dove inizia a lavorare come muratore, a Parigi matura politicamente, e decide quindi di unirsi alle fila anarchiche. Ma a Lucio non basta la teoria, il partecipare alle manifestazioni, dal ’68 francese in poi, decide di mettere in pratica le su idee. Partecipa praticamente a tutte le iniziative antifranchiste, e inizia a “studiare” per diventare un falsario, fino a diventare uno dei migliori nel campo. Fabbrica documenti d’identità falsi per qualsiasi gruppo politico, dalle Brigate Rosse ai Tupac Amaru, offre ospitalità a qualunque rifugiato politico. Per finanziarsi rapina banche, con pistole giocattolo e con la morte nel cuore, mortificato per i clienti terrorizzati, con cui si scusa a più riprese anche durante le rapine. Lucio affina la sua tecnica al punto daessere in grado di fabbricare falsi travellers check, in pratica indistinguibili dagli originali. Lucio non tiene nulla per sé, di giorno lavora come muratore, e di notte diventa un falsario, senza che ciò alteri troppo il suo stile di vita semplice. L’idea di Lucio, è quella di far crollare il sistema capitalista immettendo nel mercato falsi titoli bancari, i risparmiatori così non avrebbero perso un centesimo, e le banche sarebbero cadute in rovina. Un semplice muratore, arriva a fabbricare falsi travellers check della City Bank per un valore attuale di circa venti milioni di euro, mettendo in seria difficoltà l’istituto finanziario. Lucio verrà scoperto e arrestato, ma sconterà solo qualche mese di prigione. Lucio adesso è in pensione, vive a Parigi con sua moglie e quando è in casa, lascia sempre aperta la porta per chiunque voglia venire a fargli visita. I registi Goenaga e Arregi ci regalano un personaggio indimenticabile, irriducibile, utopista, coerente fino all’ultimo ed estremamente auto ironico (Domanda: “ma lei che è anarchico perché si è sposato in chiesa?”- Risposta:”proprio perché sono anarchico, faccio quello che mi pare!”), in un documentario inedito in Italia e che verrà proiettato domani al Circolo Bernieri di Piazza di Porta Santo Stefano 1. Vi consigliamo caldamente di non lasciarvelo scappare.