Attualità

Rai, “lo spreco sono io”

Arriva in redazione la testimonianza di un precario impiegato in Rai con un contratto di consulenza a partita Iva: “Sfruttato dalla tv di Stato, ignorato dal governo e bastonato dai sindacati”.

04 Giugno 2014 - 17:11

(Bansky)E’ qualche giorno che mi fischiano le orecchie. Al centro del dibattito pubblico è finita l’azienda per cui lavoro, il colosso pubblico radiotelevisivo che risponde alla sigla Rai. Il governo ha intimato: tagli 150 milioni, da qualche parte devono uscire. La prima ipotesi è stata vendere una quota di minoranza di RaiWay, la controllata che possiede torri e ripetitori. Orrore, ha gridato all’unisono, chiamando allo sciopero, il mondo sindacale. Proprio tutto: dai confederali al sindacato corporativo dei giornalisti Usigrai, dagli autonomi dello Snater ai fascisti dell’Ugl. Non si svenda un patrimonio pubblico, dicono, gli sprechi sono altrove. E a quel punto parte sempre un elenco: le trasmissioni in appalto, i maxi-compensi dei conduttori, le consulenze esterne.

Fermi tutti: stanno parlando di me! IO sono un consulente esterno. Io sono lo spreco. Sono i 12.000 euro, o poco più, che mi entrano in tasca ogni anno, da quando qualche anno fa ho accettato di lavorare per una delle tante trasmissioni di approfondimento che si rimpallano qualche milione di telespettatori tra RaiUnoDueTre.”L’azienda ci consente di fare solo contratti del genere”, mi dissero quando scoprii di dovere aprire una partita Iva. Ma scoprii anche che, come altri 2/3 circa della redazione, pur firmando un contratto di lavoro autonomo avrei avuto seguire un orario di ufficio, lavorare talvolta anche di sera e nei giorni festivi senza prendere un centesimo in più, pagarmi la mensa 7 euro a pasto, versarmi da solo buona parte dei contributi, che ogni giorno libero, di malattia o di ferie sarebbe stato solo una sporadica gentile concessione dei miei capi. Certo, posso opporre dei rifiuti. Sul contratto tutte queste cose non sono mica scritte. Quello che c’è scritto però è che possono buttarmi fuori con un preavviso di 15 giorni, in qualsiasi momento, senza dover fornire spiegazione alcuna.

Capita anche di fare le trasferte per lavoro: in quel caso devo pagarmi tutto, e poi arriverà al rimborso, con la stessa calma che caratterizza i pagamenti. Entro 30 giorni dalla fine del mese in cui emetto fattura. Se lavoro a gennaio, fatturo a inizio febbraio e mi pagano entro fine marzo. Poi ci sono le spese fisse: il commercialista costa tra i 500 e i 1000 euro all’anno. E l’affitto. Ho dovuto trasferirmi a Roma, l’affitto di un monolocale mi mangia due terzi di quello che mi dà la Rai. Con la stessa cifra nella città dove sono nato mi affitterei una reggia.

Eppure sono un consulente, e quindi uno spreco. L’ha detto la Camusso, l’ha detto Di Trapani dell’Usigrai, l’ha detto il grillino Fico, presidente della Commissione di Vigilanza Rai. Siamo uno spreco. Duemila tra registi, autori, videomaker, giornalisti, redattori, che lavorano fianco a fianco dei famosi tredicimila dipendenti, spesso con le stesse mansioni, gli stessi orari, gli stessi turni. Ma senza diritti, tutele, l’ombra di una certezza per il futuro. E senza nemmeno i miseri 80 euro con cui Renzi si è comprato le elezioni europee e il suo partito.

Chi ha meno di 35 anni o una partita Iva appena aperta magari riesce con un po’ di acrobazie a far quadrere i conti, ci sono i regimi agevolati, i minimi e i superminimi. Ma quando si perdono i requisiti, le tasse schizzano alle stelle, la percentuale di netto scende al di sotto del 40%, i conti non tornano proprio più. E non è l’unica spada di Damocle: se non cambia qualcosa, l’anno prossimo entrerà in vigore la riforma Fornero. Per i consulenti che non sono iscritti a nessun albo professionale (ci sono parecchi giornalisti tra di noi, ma anche molti che non lo sono) non saranno possibili contratti al di sotto di 19.000 euro all’anno se si rientra in due dei seguenti tre critieri: avere una postazione fissa, percepire oltre l’80% del proprio reddito da un’unica azienda, avere contratti più lunghi di otto mesi. Secondo voi quale sarà la soluzione della Rai, a) assumerci b) alzare i contratti sopra i 19.000 euro oppure c) tagliare la durata della commessa sotto gli otto mesi, magari spezzettati in due contratti da quattro mesi, tagliando di conseguenza l’importo annuale? Temo che la risposta sia scontata.

Uscendo dalla sede Rai, mentre tento le solite 5-6 volte di aprire i tornelli strisciando il mio malmesso badge di cartoncino, penso che sì, è vero, è uno spreco. Un grosso spreco. Quello che sto facendo della mia vita, sfruttato dalla tv di Stato, ignorato dal governo e bastonato pure dai sindacati.

 

lettera firmata

 

(pubblicato anche su indipendenti.eu)