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“Quelli del 36” di nuovo in assemblea: riapertura subito o “ci penseranno in migliaia”

Ieri altra assemblea al “38”: lunedì flash mob e mercoledì nuova assemblea dopo il Senato accademico. La Procura insiste con la linea dura per “dare un segnale”. E spunta anche Salvini: “Andrò in piazza Verdi”.

18 Febbraio 2017 - 16:57

“Non soltanto una biblioteca. Con queste parole si apriva il 36 quando le celere ha fatto irruzione lo scorso 9 febbraio. La mobilitazione che nei giorni si è dipanata per le strade e le piazze di questa città è la prova che Ubertini, Coccia e Merola al 36 hanno attaccato ben più di una sala studio. Cortei da 2000 persone, assemblee con aule gremite, legittimità sociale, solidarietà incondizionata agli studenti sottoposti a misure cautelari: qualcosa si è rotto.
16 sono le città che in tutta Italia hanno costruito piazze e iniziative al fianco di noi studenti bolognesi riportando al centro del dibattito la condizione dell’Università italiana e della nostra generazione”. Inizia così il comunicato diffuso dagli studenti dell’assemblea che prende il nome di “Quelli del 36”, ieri nuovamente riunita alla facoltà di Lettere e Filosofia al civico 38 per riprendere i discorsi lasciati in sospeso durante la partecipata assemblea di mercoledì scorso, che aveva visto centinaia di studenti discutere delle sorti della biblioteca di Discipline umanistiche, e da cui era poi nato un corteo in solidarietà dei due giovani arrestati la settimana precedente.

Continuano determinati gli studenti: “Questa sera in aula 3 di nuovo centinaia di studentesse e studenti si sono riuniti per discutere delle forme con cui continuare la mobilitazione dopo la bella giornata di ieri. L’assemblea ha rimesso al centro in primis l’importanza di raggiungere l’obbiettivo che ha dato vita a questa mobilitazione: l’immediata riapertura del 36, senza tornelli. Abbiamo bisogno di vincere e pretendiamo che l’Università e Ubertini facciano un passo indietro rispetto alle decisioni prese unilateralmente, senza sentire studenti e studentesse, sullo spazio di via Zamboni36. Martedì prossimo il senato accademico prenderà posizione in merito ai fatti di questi giorni. Sin da subito confermiamo le richieste: o il Rettore provvede immediatamente a riaprire il 36 senza tornelli o ci penseranno le migliaia di studenti e studentesse che scendono da giorni in piazza”, e ricordano i prossimi appuntamenti: “Lunedì prossimo – alle 12 – ci troveremo di fronte al 36 coi nostri libri per studiare e mantenere la pressione sugli organi accademici. Martedì decideranno. Mercoledì in assemblea valuteremo come andare avanti”.

Tanti i temi che sono stati affrontati nell’incontro, segno che la battaglia sull’installazione dei tornelli ha suscitato un interesse che travalica la sola questione degli accessi controllati in biblioteca: “Come iniziamo a parlare del processo di gentrificazione della zona universitaria e della desertificazione  di piazza Verdi? Come facciamo ad immaginarci un modello diverso di Università in netta contrapposizione a quello aziendalistico, asettico e privatistico imposto negli ultimi anni? Come affrontiamo i problemi della nostra generazione senza futuro, precaria e condannata a voucher? Come facciamo ad opporci alla speculazione politica sul corpo delle donne?” E’ quindi “emersa la necessità di spazi di discussione che possano entrare nello specifico, spazi le cui forme decideremo assieme a partire dall’assemblea di mercoledì. Un’altra proposta emersa dall’assemblea è quella di scrivere un appello pubblico per far schierare il mondo accademico sull’ingresso della celere in Università. Il silenzio di professori, ricercatori e mondo della cultura è assordante e riteniamo importante agire anche su questo piano. Emerge anche la necessità di rafforzare il contatto con i lavoratori per rompere la cappa di soffocamento imposta dai vertici universitari. Alcune studentesse che hanno lavorato in questi giorni sulla questione di genere scrivendo un documento ,hanno sentito l’esigenza di continuare a lavorare verso la costruzione di iniziative e mobilitazioni che pongano al centro la questione femminista e di genere in università e nella zona universitaria”.

Di una cosa le studentesse e gli studenti sono certi: “Ormai la posta in palio è ben più alta di un tornello, riguarda una ben più ampia complessità di problemi, ma da lì si parte e non si transige: 36 aperto subito senza tornelli”. E ancora: “La priorità resta stare nelle aule universitarie, nelle strade, nelle piazze, resta bloccare la città e portare la nostra forza quanto più lontano possibile”, con l’auspicio “che da Bologna possa partire una mobilitazione capace di espandersi oltre la nostra città, come già la giornata di solidarietà nazionale ha voluto efficacemente alludere”.

Intanto, dal fronte istituzionale e politico non si fermano gli attacchi alla mobilitazione. Sono di ieri le dichiarazioni del procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato secondo cui “l’iniziativa giudiziaria” contro gli studenti deve servire “se sono stati commessi reati, a punire in maniera rapida coloro i quali ne sono responsabili”. Ma non solo, l’intento evidentemente politico della Procura è anche quello di “dare un segnale che queste iniziative violente sono contrastate.” Non si è fatta attendere poi l’ennesima provocazione del leader della lega nord Matteo Salvini, che da Firenze ieri ha dichiarato di volersi presentare in piazza Verdi nei prossimi giorni, senza dichiarare quando. Da parte della governance universitaria invece, sembrerebbe emergere la volontà di modificare l’attuale piano di installazione dei tornelli perchè “ci sono problemi oggettivi da risolvere sul funzionamento degli attuali tornelli. Ad esempio le porte di sicurezza, che non possono essere bloccate e che il collettivo ha mantenuto aperte nei giorni scorsi, proprio per bypassare i tornelli”, così ha dichiarato ieri alla stampa il responsabile del sistema bibliotecario di Ateneo, Guglielmo Pescatore.

Pubblichiamo infine un ulteriore contributo inviato in redazione da un nostro lettore sulla vicenda del “trentasei”, dal titolo “Il tornello nel cuore”. Il lettore scrive: “Sulla necessità, sui costi, sull’opportunità, sui metodi della polizia e sul modo di protestare dei ragazzi, sulla legittimità dell’occupazione, sul rettore, sul 36 e sul ’77, su Bologna e sul conflitto generazionale. Come succede spesso da un solo problema i temi di discussione che si generano sono molteplici. Io sono uno solo e ci metterei giorni per parlare di tutto. Dunque mi limiterò ad analizzare la parola della settimana: tornello. Il tornello, per alcuni invenzione del diavolo, per altri cancello delle porte del paradiso, è uno strumento da poco istallato nella biblioteca di discipline umanistiche dell’università di Bologna. Il suo compito è quello, limitando l’accesso ai soli studenti, di tenere lontano dalla biblioteca i pericoli che il mondo esterno riserva ai ragazzi. Il tornello, in poche parole, permette alla biblioteca di conservare la sua natura di locus amoenus, un ecosistema di indefinibile dolcezza, dove le idee circolano libere e fluide, si prende per mano la cultura e le anime pure fanno l’amore col sapere. Siccome la bellezza va protetta, non si può rischiare il contagio della piazza, piazza Verdi con lo spaccio e le bici rubate, piazza Verdi dei barboni e della povertà. Tutta questa storia mi ricorda due situazioni: Innanzitutto mia madre che il primo giorno di scuola mi raccomanda di guardarmi bene da certi bambini e di evitarli. Chi fossero questi ‘certi’ bambini in principio non mi fu molto chiaro. Poi capii. ‘Certi’ bambini sono i bambini delle famiglie con problemi, quelli con difficoltà economiche o con dei genitori violenti, quelli che ogni giorno sono costretti a vedere una lite in casa. La seconda scena che mi viene in mente è quella del marito follemente innamorato di sua moglie che la chiude in cantina per paura che le accada qualcosa. ‘Il mondo è un posto infame, piccola. Io devo proteggerti.’ Come si può biasimare il troppo amore di una mamma o di un marito? Rettore, davvero, il gesto è stato apprezzato. Ora abbia fiducia e ci permetta di uscire e soprattutto di far entrare. Ci dia le chiavi della cantina, vedrà che lo studio non sarà tradito con la droga. Al più si cercherà di rendere la gente drogata di sapere, una folle dipendenza da curiosità affliggerà la piazza, centinaia di tossici di conoscenza busseranno alla porta del 36 per chiedere la loro dose giornaliera di studio. Allora forse occorrerà aprire la porta a quei ‘certi’ bambini, che forse sono i ‘certi’ bambini della mia prima elementare, quelli da cui mia madre mi diceva di guardarmi bene. Quelli esclusi. All’epoca forse i tornelli non erano fatti di metallo, erano tornelli di paura e sospetto. Non furono utili allora i tornelli, non sono utili ora. Quei ‘certi’ bambini forse in prima elementare avrei dovuto invitarli a casa, far conoscere loro un’alternativa, dimostrare che un’altra vita c’è ed è possibile. Ma forse non è ancora troppo tardi. Anziché temere che piazza Verdi contagi l’alula studio, non si potrebbe sperare che l’aula studio inondi di luce piazza Verdi? E forse magari, togliendo i tornelli, sperando anziché temendo, gli ultimi irriducibili cattivoni di piazza Verdi un giorno chiederanno loro stessi l’istallazione dei tornelli, con la paura che tutto ciò che c’è al 36 contamini con la sua bellezza gli ultimi brandelli di miseria della piazza.”