Anche se il dato regionale è in crescita, è appena il 5% dei casi a emergere, stimano i centri antiviolenza. Nel resoconto di quest’anno una smentita al ministro Valditara: solo una volta ogni cinquanta l’aggressore è sconosciuto alla vittima.
Nel corso del 2024 ai Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna si sono rivolte finora 4.735 donne. Per 2.952 ci loro era la prima volta, circa due terzi di loro. Rispetto al 2023, sono 460 in più, un incremento del 11,5%: segno che il fenomeno emerge più di prima. Il sommerso, sempre secondo i Centri, è però enorme: il 95% delle violenze non vengono intercettate, decine di migliaia dunque.
Guardando solo i nuovi accessi, le donne nate in Italia che hanno chiesto aiuto sono state 1.810, il 64,5% del totale, contro il 35,5% di donne di origine straniera. Le donne con figli sono state 1.832, pari al 68,1%, con una differenze di due punti punti percentuali in meno rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda i minori, invece, i figli che hanno subito violenza diretta o vi hanno assistito sono stati 2.049, pari al 62,1% di tutti i figli delle donne accolte, che sono in totale 3.297, in aumento del 10% rispetto al 2023.
Dai dati raccolti nel 2024, inoltre, nel 62,3% dei casi ad agire la violenza è stato il partner della donna. Nel 15,9% l’ex-partner e nel 10% un familiare. Le violenze ad opera di sconosciuti sono meno del 2%. Dentro questo 2%, che nei dati non è ulteriormente scorporato, ci sono TUTTI i “fenomeni di violenza sessuale” legati a “forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale” a cui ha fatto riferimento il ministro Giuseppe Valditara intervenendo a sproposito alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin. Nel restante 98% registrato in Emilia-Romagna, questa “marginalità e devianza” non c’entra proprio nulla.