Tra le accuse anche la tentata estorsione. Cua: “Non abbiamo alcun timore di affrontare anche questo processo, forti delle nostre ragioni”.
Per le mobilitazioni contro il caro-mensa è stato chiesto il rinvio a giudizio per 23 studenti e studentesse con le accuse di estorsione, interruzione di pubblico servizio, manifestazione non preavvisata, resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, getto pericoloso di cose e porto di oggetti atti ad offendere. “E’ l’atto firmato dal nuovo procuratore capo Amato e dai pm Scandellari e Gustapane- riferisce il Cua- che in sede di giudizio per le indagini preliminari era stato parzialmente disconosciuto dal gip Magliaro che non aveva ravvisato i termini di contestazione del reato di estorsione. Quest’ultimo capo di imputazione recentemente sembra andare di moda nelle procure emiliane sempre accanite contro le vertenze sociali e sindacali come nel caso di Aldo Milani, coordinatore del SiCobas e accusato di estorsione nella lotta degli operai modenesi contro il padrone Levoni”.
La lotta contro il caro-mensa “va avanti da più di tre anni ed è partecipata da centinaia e centinaia di studenti e studentesse”, rivendica il Cua, ricordando che lo scorso autunno i reparti della celere “per ben tre giorni sono stati fronteggiati da centinaia di studenti e studentesse che hanno resistito e contrattaccato alle cariche con cui si voleva zittire la protesta e bloccare la vertenza”. Aggiunge il collettivo: “Non abbiamo alcun timore di affrontare quindi anche questo processo forti delle nostre ragioni e della solidarietà attiva della nostra gente. Contro la mensa più cara d’Italia continuiamo la lotta”.