Attualità

Parigi / Tunisini di Lampedusa occupano ancora

Occupato un Ginnasio in un quartiere popolare. Già i primi contatti con il Comune che, stavolta, dice: “Si può trattare”. Le prime notizie sugli arresti seguiti allo sgombero di Avenue Bolivar.

10 Maggio 2011 - 20:25

È di Sabato 7 Maggio la notizia che i Tunisini provenienti da Lampedusa, sgomberati il 4 Maggio dallo stabile in Avenue Simon Bolivar, hanno occupato un altro spazio per dare casa allo loro lotta che parla di civiltà, di libertà di movimento, di accoglienza, con in sottofondo la musica della rivoluzione araba.

Si tratta di un Ginnasio abbandonato, in Rue Fontaine-au-Roi n 100, 11 Arrondissement, zona popolare nell’Est parigino che ha mostrato fin dai primi minuti la sua solidarietà con gli occupanti con il passaggio continuo di persone che portano qualche genere di conforto, cibo o semplicemente un saluto.

Fin dalle prime ore, i rappresentanti del Comune di Parigi (sindaco Delanoe, socialista) sono sul posto e chiedono di parlare con i portavoce, fare sopraluoghi, imporre dei limiti: all’indicazione che sarebbero più di 50 i migranti nello stabile, rispondono “ma questo posto non può accogliere così tanta gente!”. “Bisogna trovare una soluzione, allora”, risponde uno dei tunisini intervenuto come portavoce nell’incontro.

Alla fine l’accordo è fatto: non più di 150 persone all’interno (ma non erano “troppi” 50?) e solo per qualche giorno “il tempo di trovare una soluzione”, assicurano dal Comune. Come se niente fosse, la stessa istituzione che aveva ordinato lo sgombero dello stabile in Avenue Simon Bolivar 51, avvenuto in maniera “muscolare” da parte della Garde mobile (Celere, ndr), mostra tutta la sua “umanità elettorale” e dichiara che “il Comune ha sempre cercato di aiutarvi”. A chi fa notare quello che è avvenuto in Simon Bolivar, la risposta è quasi ironica: “Là c’erano dei problemi di sicurezza (la vernice con cui è dipinto il luogo sarebbe stata dichiarata tossica da una legge del 2008, ndr). Qui si può trattare”.

Si tiene l’assemblea degli occupanti: decisione è di restare.

La Polizia (poca) sul posto chiama lo “stato maggiore” e avverte della presenza di “anarchici” (riferendosi ai militanti del Coordinamento Intermittenti e Precari, che autogestisce uno spazio a Porte de la Villette sotto sgombero da un paio di mesi).

Nel frattempo cominciano ad arrivare notizie sparse e frammentate degli arrestati in seguito allo sgombero di Simon Bolivar e ai rastrellamenti quotidiani (nel metrò, nelle piazze, nei parchi, etc). “Sparse” e “frammentate” è proprio la condizione attuale di queste persone.

Distribuiti nei molti Centri di Retenzione Amministrativa della Regione (a differenza di quanto abbiamo riportato nel report dello sgombero di Simon Bolivar, ce ne scusiamo), alla spicciolata stanno comparendo davanti al Giudice per la Libertà e al Tribunale Amministrativo: per i primi, comincia il “balletto” previsto dalla legge francese: Giudice per la Libertà, 15 giorni al CRA, nuovo passaggio davanti al Giudice per la Libertà, altri 15 giorni al CRA, rilascio dopo 32 giorni dall’arresto “amministrativo” (la normativa prevede l’incontro con il Console per il riconoscimento prima del rilascio, incontro che puntualmente si conclude senza riconoscimento alcuno).

Per coloro che sono al loro primo controllo (è il caso di molti dei Tunisini di Lampedusa), la casistica si moltiplica: se investiti di un Ordine Prefettizio di Allontanamento alla Frontiera, vengono liberati entro 7 giorni (con il foglio dell’espulsione); se hanno fatto domanda d’asilo, un Obbligo di Lasciare il Territorio Francese verrà esaminato nei 30 giorni; infine, è possibile un passaggio davanti al Tribunale Amministrativo e qui la vicenda si fa kafkiana: per coloro che sono in possesso di un documento rilasciato durante il loro transito in Italia, la decisione prevalente è la “riammissione” in Italia. In caso invece non abbiano alcun titolo di nessun tipo, vengono rilasciati.

È così che già alcune decine di Tunisini presi in Simon Bolivar sono stati “riammessi” in Italia, inseriti a gruppi al massimo di 6 persone su voli di linea diretti verso il nostro Paese. Tutti alla spicciolata.

Altri hanno cominciato l’iter interno ai Centro di Retenzione. Altri ancora sono in carcere. Alcuni, come fanno trapelare fonti vicine agli occupanti, “si” sono feriti durante la permanenza nei Commissariati seguiti all’arresto e “sono evaporati all’interno del servizio sanitario”. Molti dei rilasciati non si sono più fatti vedere al Collettivo.

Gli avvocati sono riusciti a raccogliere alcune testimonianze tra i rilasciati: sono tunisini, ma anche libici. Tutti sono sbarcati a Lampedusa nelle scorse settimane e in un modo o nell’altro sono riusciti a raggiungere Nizza, da cui hanno preso un treno per Parigi. Molti di loro non intendono fermarsi in Francia, ma piuttosto raggiungere le loro famiglie (chi in Svezia, chi in Belgio, chi in Germania). Può sembrare strano, ma la maggior parte non parte francese, bensì italiano. Alcuni pensavano di lavorare qualche mese all’estero, in attesa che la situazione in patria si stabilizzasse e permettesse di riprendere le loro attività, soprattutto, ristorazione e turismo. La maggior parte mostra la volontà di tornare in patria quando “le cose si sistemeranno”.

9 Maggio: L’assemblea degli occupanti del Ginnasio pone, attraverso un comunicato diffuso pubblicamente, una sorta di “condizioni preliminari” a qualsiasi trattiva:

1 – Un luogo collettivo per riunirsi ed organizzarsi

2 – Un impegno scritto del Sindaco di Parigi che nessun intervento delle forze dell’ordine avrà luogo negli alloggi futuri e nelle loro vicinanze

3 – Che il Comune di Parigi si impegni a trovare alloggio anche per i Tunisini arrivati a Parigi da Lampedusa che non stanno nell’occupazione


4 – Lasciare il Ginnasio a nostra disposizione finché a tutti i Tunisini sia stato trovato un alloggio

5 – Una risposta nei tempi più rapidi possibili

firmato:
I giovani della rivoluzione tunisina

Da un Continente ad un altro, la voglia di organizzazione è contagiosa, e l’esperienza insegna a non fidarsi mai delle promesse del Potere, anche quello “Buono”.

d.g.