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Palestina: questa volta la scena è degli e delle over 50

Ieri ancora una manifestazione a Bologna, almeno tremila persone, una partecipazione diversa dai cortei delle ultime settimane. Le testimonianze delle partecipanti alla Global Sumud Flotilla.

12 Ottobre 2025 - 10:17

La sorpresa della manifestazione per la Palestina di ieri pomeriggio è che su un corteo di tremila persone la presenza di giovani e giovanissime/i è stata scarsa, “oscurata” dalla componente degli “anta”: militanti di lunga data, donne e uomini attempati/e (dai 45 agli 80), ma non per questo stanche/i di continuare “insieme contro il genocidio”, così come indicava il titolo del manifesto della convocazione.

In mezzo alla sfilata c’era pure uno striscione che scandiva il “blocchiamo tutto” che è stato lo slogan unificante dei giorni scorsi, ma In molte e molti si sono domandate: che fine hanno fatto tutte quelle ragazze e tutti quei ragazzi che hanno riempito e animato coi loro slogan e con la loro giovanile irruenza i tanti cortei delle scorse settimane?

Come sono apparse/i all’improvviso qualche tempo fa, sicuramente ritorneranno a farsi sentire, a breve, in altri momenti. Quello che è certo che il tam tam dei social con cui erano stati chiamati gli altri appuntamenti questa volta non si è né visto né sentito. Ne hanno parlato parecchio i quotidiani dell’iniziativa e, in qualche modo, la scarsa presenza “under 18/20/25” testimonia che i giornali i/le giovani non li leggono e che, per comunicare tra loro, usano altri strumenti.

Detto questo, anche il corteo di ieri ha dimostrato elementi di grande positività. In primo luogo, e per fortuna, che tante e tanti con la coscienza non sono andati in pensione, che per la Palestina non è ancora arrivato il momento di tirare i remi in barca, che c’è ancora la voglia di battersi (anche se con un po’ meno di energia) per delle cause giuste e sacrosante.

Poi, l’appuntamento di ieri è stata pure l’occasione per salutare e abbracciare Yassine Lafram, Irene Soldati e Sara Masi, i/le tre bolognesi che facevano parte dell’equipaggio della Global Sumud Flotilla e che hanno assaporato il livello di “accoglienza” dell’esercito e dei carcerieri israeliani. I momenti di commozione sono stati alti, alla fine del corteo, scatenati dalle parole dei tre attivisti/e e da Maria Elena Delia (portavoce italiana della Global Sumud Flottilla), pure lei presente nella nostra città.

Yassine Lafram (rappresentante della Comunità islamica bolognese) nel suo intervento ha detto che “l’accordo di pace è sicuramente un segno di speranza soprattutto per il popolo palestinese che non vede più bombe piovere dal cielo e uccisioni sistematiche. Finalmente si è fermato questo genocidio in diretta tv, sotto gli occhi di tutto il mondo. Ma la firma non pone fine alle sofferenze del popolo palestinese… Chi oggi, con una mano propone questo accordo, con l’altra mano ha armato fino ai denti Israele e continua a dare sostegno politico e morale a tutte quelle azioni che Israele ha portato avanti nei confronti della popolazione civile… Per questo non bisogna abbassare la guardia”.

Per Maria Elena Delia “potremo accettare di poter festeggiare quando il popolo palestinese sarà libero, non ci sarà più un’occupazione illegale e potrà autodeterminarsi… quando i e le palestinesi potranno scegliere loro che tipo di condizioni vivere nella loro terra”.

Insomma, anche in questo “tranquillo sabato italiano”, in questa camminata breve, da piazza dei Martiri a via Rizzoli, si sono vissuti momenti ed emozioni che solo la straordinaria mobilitazione per Gaza ci ha permesso di tornare a sentire.

Adesso si comincia a parlare di come dovrà essere il dopo, in alcune proposte la voglia di “incanalare” questo grande movimento all’interno di sponde che “pendono dalla propria parte” si vede già chiaramente. Prendiamoci pure il tempo per discutere, ce n’è assolutamente bisogno (ci mancherebbe), ma avendo ben in mente che la straordinaria “esondazione sociale” a cui abbiamo partecipato non la si affronta con le vecchie “casse di espansione” politiche a cui siamo stati costretti/e negli ultimi anni.