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Opinioni / Uscire dalla crisi guardando al futuro dei territori

È partito su scala nazionale il progetto di refendum popolare contro la cementificazione, accompagnato dalla richiesta di mappatura degli edifici inutilizzati. Lettera aperta dei cittadini di San Lazzaro.

14 Novembre 2011 - 17:18

Si sono incontrati qualche settimana fa, fine ottobre, a Cassinetta di Lugagnano, comune lombardo di 1900 abitanti all’interno del Parco Naturale della Valle del Ticino. Sono 350 tra associazioni, comitati, ma anche sindaci “bipartisan”. Il Comune di Cassinetta è stato uno dei primi in Italia a varare un piano regolatore “a cemento zero” e da questo primo passo altri amministratori hanno seguito questa strada.

Il raduno di fine ottobre è stato l’occasione per tessere le fila di quest’ampia e capillare rete di cittadini e attivisti ecologisti che attraversa la pianura padana ma non solo, riunendo alla fine tutti intorno alla proposta di una legge di iniziativa popolare per la tutela del suolo e del paesaggio da sottoporre immediatamente a referendum per evitare il famoso “cassetto” delle scrivanie parlamentari che, sui temi dell’ambiente, è risultato spesso l’approdo definitivo di proposte avanzate dal basso.

È partita così la raccolta delle firme – già arrivata a 50 mila – per portare l’idea del “cemento zero” anche ai piani alti.

Ogni territorio da un nome diverso all’attacco all’ambiente (e alla salute) rappresentato dai Piani Regolatori, o Piani Generali del Territorio, in comune l’idea che i territori abbiano dato ormai già oltre le loro possibilità in termini di edificazione ed espansione urbana, commerciale e industriale e che occorre, prima di avanzare iniziative per uscire dalla crisi, ripensare il modello di “rilancio selvaggio” dell’economia basato sul consumo del suolo.

La difesa del suolo dalla cementificazione non è solo è solo la difesa dell’ambiente e del territorio (in questo caso, in pratica, si tratta di difendere aree magari sottoposte a vincoli naturalistici o paesaggistici che nel momento della “crescita a tutti i costi” vengono prese di mira da imprenditori di tutti i tipi e viene lanciata la “svendita” da parte delle amministrazioni comunali sotto l’imperativo del “fare cassa”), ma propone una riflessione anche sulle politiche di costruzione, di espansione urbana, e non solo al tempo della crisi.

Pensare, ad esempio, a tutte quelle “grandi opere”, anche su scala locale, che vengono costruite tramite il meccanismo della compensazione edilizia: il Comune incarica i costruttori per un certo progetto di pubblico interesse e in cambio concede permessi di edificazione per una metratura pari a quella del progetto comunale. Il risultato è il doppio della cementificazione e, sicuramente in periodo di crisi, l’inizio della speculazione edilizia: siccome i progetti di pubblico interesse hanno di solito dimensioni ragguardevoli, la compensazione edilizia si tramuta nella costruzione di una grande quantità di edifici (nella maggior parte dei casi commerciali e residenziali) che, si sa già in partenza, rimarranno vuoti per anni, aumentando così il “parco-mostri” già notevole nella bella Italia. Ed è inutile ricordare che un mattone “immobile” è il primo obiettivo degli speculatori (tra le prime, le banche) che ricercano questi “beni-rifugio” come il pane ora che il prezzo è basso ma comunque inacessibile per le famiglie, per rivendercelo tra qualche anno aumentato di una buona percentuale (il mattone è l’unica “merce” che, storicamente, non ha perso mai valore: anche negli ultimi anni, in cui si è registrata una flessione, il tasso di crescita del valore immobiliare è sempre stato positivo, nonostante le lagnanze di proprietari, grandi e piccoli, e costruttori).

Per questo il convegno di Cassinetta ha lanciato un’altra importante iniziativa, da tempo richiesta anche dai movimenti di lotta per la casa anche di Bologna e dintorni:la richiesta di mappatura, sull’intero territorio italiano, di tutti gli edifici abbandonati, sfitti, inutilizzati, utili per pianificare politiche abitative, residenziali e di sviluppo alternative alla vorace e ulteriore cementificazione.

 

Nel nostro territorio, a San Lazzaro di Savena per la precisione, è nato un comitato di cittadini per portare avanti in loco l’idea di refendum contro la cementificazione. Dopo aver ricevuto diversi attacchi da parte della Giunta del Sindaco Pd, Marco Macciantelli, con le solite accuse di “egoismo”, di “nymbismo”, il comitato ha scritto questa lettera aperta per spiegare, una volta per tutte, le ragioni che stanno dietro all’idea di stoppare la cementificazione e preocuparsi magari maggiormente della manutenzione e del miglioramento dell’esistente.

 

dal sito Stop Al Consumo di Suolo

 

Gentilissimo Signor Sindaco, crediamo sia giunto il momento di abbassare i toni e rinunciare agli interessi di pochi per il bene della collettività.

Ce lo chiede in questi giorni la Liguria, con Genova, Vernazza e tutte le cittadine piegate in ginocchio, nello scorrere di lacrime amare che troppo hanno il sapore di lacrime di coccodrillo: la cementificazione della terra ligure ha conosciuto

orizzonti che paiono chimere anche al territorio milanese (lì, solo l’Expo potrà fare di peggio, e ci auguriamo tutti che questo possa essere evitato).

Ma il dolore di chi ha perso tutto, o addirittura un amico o un parente, è autentico, e su quello non possiamo permetterci speculazioni; quello che possiamo permetterci di fare è gridare a gran voce che non vogliamo che si ripeta mai più.

Ce lo ha chiesto, nel recente passato, L’Aquila e l’Abruzzo, dove anche in quel caso l’uomo nulla ha potuto contro la furia della natura; anche in quel caso un uomo aveva cercato di avvisare la popolazione, ma inutilmente, è stato preso, accantonato, fatto passare per pazzo e visionario, e sono morte centinaia di persone.

Allora ci fu poi chi si fece bello col dolore altrui, chi diede mostra di sé, promettendo la ricostruzione più veloce della storia, portando in realtà nuove case fuori dal centro storico, senza ricostruire un solo mattone e lasciando, ormai dopo oltre due anni, ancora una moltitudine di persone senza la loro casa. E oggi non si parla più di tutto questo, perché “non fa notizia”.

Ce lo chiedono molte zone del Paese (e del mondo): non abbiamo bisogno di nuovo cemento, non abbiamo bisogno di case aggiuntive, non abbiamo bisogno di superfici impermeabili, ma di terra da coltivare, di campi, boschi e terreno vergine incontaminato, di terreno permeabile.

E l’Emilia-Romagna possiede un tesoro invidiato da molte altre regioni: la pianura e la sua terra, praticamente senza sassi, estremamente fertile e produttiva.

La necessità di sopperire alla crisi alimentare è di gran lunga superiore alla necessità di case: nel mondo si muore perché non si mangia, non perché non si ha la seconda o terza casa.

San Lazzaro è ancora un bel paese, o una città, come piace dire a qualcuno.

Possiamo non rovinarlo per sempre, possiamo salvarlo dall’eccessiva urbanizzazione. Lei stesso, nei discorsi programmatici del 2009, dichiarò che i costruttori si sarebbero dovuti dimenticare di San Lazzaro, poi però qualcosa è cambiato … E sempre Lei, più di recente, ha parlato al Tour delle Frazioni della crisi mondiale, della situazione internazionale, della Grecia, dei problemi macro e microeconomici che ci circondano tutti i giorni, aprendo le porte alla “compartecipazione”.

Le forniamo quindi l’occasione di rispondere pubblicamente alle domande che in molti, a San Lazzaro, si pongono da tempo:

– a chi servono realmente tutte le nuove costruzioni programmate con il POC?

– perché non viene chiesto ai sanlazzaresi che cosa vogliono, prima di imporre loro scelte che stravolgeranno irreversibilmente la nostra cittadina?

– perché non scegliere di riqualificare tutto l’esistente, prima di occupare e distruggere terreno agricolo?

– perché non procedere ad un attento ed approfondito censimento, che verifichi l’esatta consistenza del patrimonio abitativo, al fine di capire a quanto ammontano gli alloggi sfitti, invenduti e non utilizzati prima di decidere di costruirne dei nuovi?

Le Sue risposte sarebbero preziose, forse ci farebbero capire quello che ancora non abbiamo capito…

Purché però non ci venga detto che il problema sono i soldi, soldi che mancano nel bilancio, soldi che servono per poter realizzare opere pubbliche, ecc…

Perché se il problema è solo questo, gentilissimo Signor Sindaco, crediamo che potrebbe essere risolto, e anche abbastanza brillantemente: una bella Assemblea Pubblica cittadina (ovviamente pubblicizzata adeguatamente come si fa per le elezioni), in cui si dichiari nero su bianco che il Comune di San Lazzaro così non ce la può fare più. Messi di fronte a questa cruda realtà e adeguatamente informati sullo stato reale della situazione, i nostri concittadini saprebbero benissimo scegliere e valutare correttamente come appoggiare l’Amministrazione nelle sue azioni.

Siamo ben consapevoli che il Comune non ce la fa più non tanto per demeriti nella gestione della cosa pubblica da parte di questa o di una precedente amministrazione, ma perché il governo nazionale, togliendo l’ICI, ha eliminato una delle poche consistenti fonti di entrate del Comune.

Per comprenderle e affrontarle meglio, certe situazioni bisogna trovarsele davanti, nette, come un ostacolo da superare; allora le si guarda con un occhio diverso. Parlare del bilancio della nostra comunità con numeri, percentuali e cifre riesce di difficile comprensione alla maggior parte della gente, mentre dirle chiaramente che se non si cambia qualcosa si dovranno prendere provvedimenti drastici (come abbandonare l’asfaltatura di alcune strade, eliminare l’illuminazione pubblica di alcuni quartieri, licenziare parte del personale dipendente, solo per fare alcuni esempi concreti), ecco, questo renderebbe il messaggio più diretto e comprensibile.

Soprattutto nel caso in cui dall’Amministrazione dovessero arrivare proposte precise, come l’applicazione di una “tassa di scopo” finalizzata ad ogni opera pubblica che si vuole realizzare. Così si crea compartecipazione, così si crea interesse, così si mantiene unita la comunità cittadina, per superare questo momento di crisi.

Perché, vede, la volontà di andare avanti e tirare la cinghia è in ciascuno di noi, ma dobbiamo avere la certezza che lo stiamo facendo, se non per noi, almeno per i nostri figli; il consumo e la cementificazione di terreni che, coltivati,

potrebbero sfamare decine se non centinaia di persone, non è un pensiero positivo per nessuno di noi e, ne siamo certi, nemmeno per Lei.

Molto probabilmente, allo stato attuale in cui versa l’economia, anche i costruttori – che avevano così disinvoltamente proposto gli ex art. 18 che compongono il POC, con l’inserimento di migliaia di nuovi appartamenti – sarebbero sollevati da un peso che diversamente non saprebbero più come togliersi dalle spalle: nella situazione di particolare congiuntura economica in cui versa attualmente il nostro Paese e l’Europa intera, investire alla cieca senza certezza di un ritorno economico è una scommessa che pochi ancora accetterebbero.

E se, ciononostante, l’interesse speculativo da parte dei pochi fosse ancora forte e pressante, il gesto che Lei farebbe sarebbe ricordato comunque come un gesto di coraggio e di lungimiranza.

Questo gesto che Lei ora potrebbe fare è difficile da compiere, ma di una grande responsabilità, un passo verso noi, cittadini di San Lazzaro, ma ancor più verso i nostri figli; lasci a loro la possibilità di avere ancora un paese non deturpato. Le condizioni in cui si apprestano a vivere saranno molto più difficili di quelle in cui abbiamo vissuto noi.

Altri sindaci in altri comuni hanno già scelto di non cementificare nuovo territorio vergine, e la loro amministrazione non ha subito tracolli: chi ci abita è felice e orgoglioso di abitare in un comune “a crescita zero”.

Numerosi cittadini di San Lazzaro hanno da tempo deciso di metterci la faccia, nelle scelte che riguardano il nostro territorio, e così è venuta alla luce la petizione popolare prima, la proposta di delibera popolare in seguito e la proposta referendaria comunale ora (ed ogni volta il numero dei sottoscrittori è aumentato esponenzialmente): sono tutte manifestazioni evidenti che qualcosa non va, che c’è stato uno scollamento tra il cittadino e la sua amministrazione.

I cittadini che si riuniscono in Liste Civiche, in Comitati Cittadini o in movimenti di vario genere, lo fanno non per un loro tornaconto personale, ma perché sentono che la politica attuale non li rappresenta più. Lei ha però ora la possibilità di infondere in loro un po’ più di fiducia e farsi ricordare negli anni per un gesto di coraggio. Cerchi di recuperare quelle situazioni di malcontento diffuse a macchia di leopardo nella nostra comunità sanlazzarese e colga l’invito di questi cittadini che sono contrari a un’ulteriore crescita urbanistica perché vogliono preservare il territorio vergine e agricolo del nostro Comune (anche in ottemperanza all’art. 9 della Costituzione) e non perché sono contrari allo sviluppo o alla Edilizia Residenziale Pubblica; lo sviluppo urbanistico infatti lo si può attuare dove non arreca danni, ad esempio, nelle aree artigianali abbandonate o sostituendo i capannoni dismessi, oppure ristrutturando il residenziale esistente in modo più efficace, economico ed ecologico.

L’invito che Le rivolgiamo, Signor Sindaco, è quindi quello di ripensare complessivamente a tutti questi avvenimenti, ai disastri che ci hanno accompagnato in questi anni, alla crisi internazionale, al bilancio del nostro comune e alla comunità sanlazzarese. E di dare un segnale forte: contrasti anche lei, come già hanno fatto alcuni suoi colleghi (ad es. a Cassinetta di Lugagnano e Camigliano), l’azione edificatoria in aree nuove e orienti, per contro, l’azione della sua Giunta verso opere di riqualificazione e ristrutturazione delle abitazioni esistenti ma disabitate, abbandonate o fatiscenti.

Questo è quanto le chiedono molti sanlazzaresi che, come dice spesso anche Lei, non sono tutti, ma non sono nemmeno pochi, e – soprattutto – sono molto determinati. Ancora non sappiamo come procederà la strada del referendum comunale, ma di certo il nostro percorso non si fermerà lì.

Auspicando quanto sopra, Le auguriamo buon lavoro e le porgiamo i nostri più cordiali saluti,

Il comitato dei promotori dei referendum