Opinioni

“Si chiede alla scuola di abbattere le barriere ma poi si priva il territorio di opportunità come l’ex Sani”

La petizione: “Ogni giorno mi scontro con tanti bisogni a cui io non riusciamo a dare una risposta”, servono “spazi liberamente fruibili, luoghi di aggregazione per ragazze e ragazzi e attività pomeridiane accessibili per tutti” e l’occupazione può offrirne.

27 Dicembre 2019 - 17:13

“Mi chiamo Sara Camesin, sono arrivata a Bologna parecchi anni fa per studiare e sono rimasta perché ho iniziato a lavorare a scuola”. È l’incipit di una lettera-petizione diffusa negli scorsi giorni su change.org, e che ha già raccolto decine adesioni. Si legge poi: “Dopo anni di supplenze in diversi istituti della città, da qualche anno lavoro stabilmente con impegno e passione in una scuola della Bolognina. Questa esperienza mi ha portato a conoscere questo quartiere in tutta la sua complessità e la sua ricchezza umana, qualcosa che non avevo mai sperimentato nel piccolo paese veneto da cui provengo. La storia della Bolognina affonda le sue radici in una forte identità popolare e oggi multietnica. È questa identità ricca e molteplice che tutti i giorni nelle classi mi trovo di fronte. Tuttavia ogni giorno mi scontro anche con tanti bisogni a cui io, e la scuola in generale, non riusciamo a dare una risposta. È per me evidente che dentro la scuola le risorse sono insufficienti ad abbattere tutte quelle barriere linguistiche, sociali ed economiche che sono uno dei principali ostacoli nel mio lavoro. La situazione è talmente precaria che a volte quelle occasioni che dovrebbero essere un diritto garantito vengono offerte come servizio a pagamento, non facendo che aumentare le disuguaglianze, anziché rimuoverle. Fuori dalla scuola – prosegue la lettera – la situazione è ancora peggiore, specialmente in questo quartiere: ci sarebbe bisogno di spazi liberamente fruibili, luoghi di aggregazione per ragazze e ragazzi e attività pomeridiane accessibili per tutti. L’unica dimensione di aggregazione riconosciuta, invece, sembra essere quella legata al consumo”.

Prosegue la lettera: “In queste settimane ho frequentato gli spazi dell’ex Caserma Sani ed ho assistito a eventi culturali, laboratori per bambini, momenti di condivisione gratuiti e plurali. Ho visto con i miei occhi una vivacità e un fermento che manifestano l’urgenza di incontrarsi, confrontarsi e discutere di tanti temi, dalla storia del quartiere al destino del nostro pianeta, dai problemi educativi della scuola alle trasformazioni urbanistiche della città. Da una città dalla tradizione democratica come Bologna mi aspetto che esperienze come queste vengano incentivate e non ignorate. Credo che sia proprio di spazi come questo che la città – e la scuola – abbiano oggi bisogno. Non è possibile continuare a chiedere alla sola scuola di arginare il moltiplicarsi di individualismo e razzismo se il territorio in cui è immersa viene privato di opportunità come questa”.