Acabnews Bologna

Operatrici/ori sociali in piazza: “Basta chiamarci eroi, vogliamo salario”

Presidio in Comune delle/i lavoratrici/ori dell’Asp e delle cooperative, promosso da Usb per denunciare le “numerose criticità” riscontrate in termini di condizioni lavorative e di sicurezza da chi è impiegato nei servizi sociosanitari e assistenziali che si rivolgono agli anziani, ai disabili, alle nuove povertà e ai migranti”. Ricevuta una delegazione a Palazzo D’Accursio.

19 Marzo 2021 - 18:17

Le/i lavoratrici/ori di Asp e delle coop sociali scendono in piazza: “Basta chiamarci eroi, vogliamo salario e soluzione ai problemi del nostro welfare frammentato e disomogeneo”, è il messaggio lanciato dal presidio ce si è svolto oggi sotto le finestre del Comune, su iniziativa di Usb che spiega: “L’emergenza sanitaria dell’ultimo anno ha evidenziato numerose criticità inerenti la gestione dei servizi sociosanitari e assistenziali che si rivolgono agli anziani, ai disabili, alle nuove povertà e ai migranti. Alcune di queste criticità sono sicuramente ascrivibili all’oggettiva difficoltà di operare in emergenza, per un prolungato periodo di tempo, una nuova modalità di espletamento di questi servizi. Molte altre di queste criticità però sono riferibili ad un sistema di gestione del complesso del welfare cittadino che ha storicamente differenziato le modalità di erogazione di questi stessi servizi; questa modalità vede al centro l’Asp Città di Bologna, nella sua qualità sia di erogatore diretto di servizi che di committente a consorzi e cooperative sociali di innumerevoli servizi, dall’assistenza domiciliare alla gestione dei servizi residenziali e semiresidenziali per anziani, al pronto intervento sociale e ai servizi
rivolti alle fragilità, al Sistema Accoglienza Migranti”.

Continua il sindacato: “La crisi del Covid-19 ha reso evidente a tutti un fatto: i lavoratori dei servizi di welfare sono lavoratori essenziali. Eppure, nelle numerose iniziative di confronto attivate dal nostro sindacato con i lavoratori in questione quello che è emerso è una profonda disomogeneità del trattamento, a partire dai CCNL applicati alla gestione dei protocolli e delle procedure per finire all’accesso ai vaccini, tra lavoratori oggi assunti da Asp o dalle aziende appaltatrici, e un’assenza pressoché generalizzata di valorizzazione di questo fondamentale ruolo di tenuta sociale a cui sono stati chiamati, durante tutto l’anno passato, gli operatori del welfare cittadino. La enorme disomogeneità nella gestione dei servizi non riesce a produrre un criterio di senso compiuto, riferito a mansioni e inquadramenti, che consentano la possibilità di un accesso garantito al piano vaccinale per tutti gli operatori del settore, a prescindere dalla tipologia di contratto di lavoro. I tempi di vestizione, così come i tempi di pausa necessari per l’utilizzo prolungato dei Dpi che, quindi, devono comportare la riduzione del tempo effettivo di prestazione a parità di salario, non sono riconosciuti nelle strutture e nei servizi sociosanitari. L’ostinata negazione, da parte di tutti gli enti gestori, della necessità di affrontare questi temi che sono sia economici che di valorizzazione professionale, comporta da un lato un aggravio della fatica e del carico di lavoro quotidiano, dall’altro la mortificazione della funzione degli operatori, cui non può bastare la santificazione a Eroi a costo zero fatta sui media”.

I lavoratori e le lavoratrici dei servizi sociosanitari “non hanno ricevuto alcun Bonus Covid, eppure hanno garantito la tenuta dei servizi, hanno gestito le emergenze nei focolai, spesso hanno contratto il virus mettendo a rischio la propria salute per far fronte all’emergenza. E ancora molte altre- scrive Usb- sono le problematiche sollevate dalle lavoratrici e dai lavoratori dei servizi cittadini, che riguardano il monitoraggio delle procedure di prevenzione e dei protocolli operativi, la verifica negli appalti delle condizioni di lavoro, il controllo sul rispetto dei contratti di servizio, la mancata stabilizzazione del personale con l’utilizzo di personale interinale, apprendistati, tirocini o prestazioni occasionali che servono esclusivamente a contrarre i diritti dei lavoratori, l’abuso dell’istituto della Banche Ore che non prevede una immediata remunerazione degli straordinari, l’enorme flessibilità richiesta che produce una condizione di ricatto e di lavoro povero per gli operatori del welfare”.

Durante la manifestazione una delegazione è stata ricevuta a Palazzo d’Accursio: “Abbiamo ribadito agli assessori come Il tema della sicurezza, dei tamponi, delle misure di prevenzione e delle procedure di vaccinazione venga trattato in modo disomogeneo e che ancora oggi, a distanza di un anno dall’inizio della pandemia, ad uguale mansione non corrisponde una uguale prevenzione sanitaria per tutti i lavoratori del settore”.

“A ciò si aggiunge – prosegue Usb –  per i lavoratori delle cooperative sociali una peggiore condizione in termini salariali con un’ampia disomogeneità nell’ applicazione dello stesso contratto nazionale da parte dei diversi enti gestori, nonostante lavorino nello stesso settore: spesso non viene riconosciuto il buono pasto, non vengono retribuite le ore straordinarie, vi è una grossa arbitrarietà per quanto riguarda gli inquadramenti, il monte ore contrattuale, le variazioni mensili contrattuali e l’utilizzo di forme non convenzionali di assunzioni e retribuzioni (es. l’utilizzo delle lettere di incarico per assumere gli operatori oppure i gettoni per retribuire le ore di lavoro previste dal bando)”.

In conclusione, “fondamentale per noi è la costruizione di un protocollo con ASP e il comune di Bologna per monitorare le condizioni di lavoro di tutto il settore del welfare ai fini di rompere questa disomogeneità che produce povertà tra gli stessi lavoratori e bassa qualità del servizio: il tema della qualità del lavoro all’interno del welfare è infatti condizione necessaria per produrre servizi dignitosi alla cittadinanza in tutte le fasi della vita.Ci sono state delle aperture da parte degli Assessori sul tema del monitoraggio delle condizioni di lavoro, ma alle parole devono seguire fatti concreti per un reale cambiamento. Oggi abbiamo dimostrato che si può rompere l’individualismo e la frammentazione organizzandoci e lottando per il riconoscimento dei diritti di tutti i lavoratori del welfare e continueremo a farlo insieme a tutto il comparto della sanità pubblica e privata con lo sciopero regionale del 26 marzo”.