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“Non un uomo, non un soldo per la guerra!”

Dopo il bombardamento da parte di Usa, Inghilterra e Francia sulla Siria ieri presidio no-war sotto il consolato francese promosso da Sgb, Cub e Usi. Un altro sit-in convocato a Scienze politiche da Hobo.

20 Aprile 2018 - 09:25

“Non un uomo, non un soldo per la guerra!”. Questo il messaggio lanciato dal presidio sotto il consolato francese organizzato per ieri da Sgb, Cub e Usi (con l’adesione dell’Unione Inquilini) nell’ambito di una giornata contro la guerra promossa a seguito del bombardamento contro la Siria da parte di Usa, Inghilterra e Francia. “Da venerdì notte la possibilità che, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, si arrivi ad uno scontro militare diretto, fra due delle maggiori potenze economiche, è all’orizzonte- hanno scritto gli organizzatori- con conseguenze di carattere mondiale. La strategia del terrore ha bisogno di fabbricare prove false per manipolare l’opinione pubblica, lo hanno fatto ai tempi della guerra in Vietnam, in Iraq ad inizio secolo, in Libia ed in decine di altre situazioni. Ora la storia sembra ripetersi per giustificare l’escalation militare di cui la Ue, tramite il governo francese è uno dei principali protagonisti. Abbiamo il diritto ed il dovere di mobilitarci e prendere parola contro quei poteri che vogliono scatenare una guerra mondiale come risposta, attraverso i lutti e la miseria, alla crisi economica che loro stessi hanno creato La presenza delle basi militari Usa e Nato in Italia, da cui possono far partire armi e aerei, carichi di bombe, destinati alle aree di guerra, assume in questo scenario un ruolo tragicamente importante. Noi ci battiamo perché il Governo italiano, qualsiasi esso sia, non sia complice della politica di aggressione Usa come sempre nel passato, a causa dell’ internità alla Nato, nonostante la Costituzione ripudi la guerra. Ci battiamo contro le politiche che negli ultimi dieci anni, anni di tagli enormi alla spesa sociale e ai salari, hanno aumentato le spese militari dell’Italia del 25% (64 milioni al giorno!) spargendo il ‘made in Italy’ delle armi in tutto il medioriente con contratti per miliardi di euro. Il nostro pensiero è anche per popoli fratelli palestinesi, yemeniti e curdi, di tutto il medio oriente che versano il loro sangue per mano dei guerrafondai. La guerra produce lutti, miseria e distruzioni nei paesi aggrediti e colpisce duramente le condizioni dei lavoratori e dei settori popolari dei paesi aggressori ai quali vengono addebitati i costi della guerra, limitati i diritti sociali e annullati gli spazi di democrazia. L’Italia non deve essere complice della politica di aggressione USA, come lo è stata in passato a causa della propria internità alla Nato, nonostante la Costituzione ripudi la guerra. La presenza delle basi militari Usa e Nato in Italia, da cui possono partire armi e aerei, carichi di bombe, destinati alle aree di guerra, assume in questo scenario un ruolo tragicamente importante. Per questo il movimento dei lavoratori deve battersi contro la guerra e i suoi costi umani, economici e sociali”.

Sempre per ieri, inoltre, un altro presidio era stato convocato da Hobo a Scienze politiche: “Con la più classica e scontata delle mosse, una coalizione formata da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna ha deciso di bombardare la Siria per colpire, secondo le dichiarazioni dei presidenti parolai, il regime di Assad. Si concretizza, ancora una volta, l’eterno protrarsi delle guerre in Medio Oriente, utili a banche e industrie d’armi per risollevare magri bilanci, necessarie ai governi per calcoli geopolitici e per cercare consenso sventolando la bandiera dell’unità nazionale e dell’emergenza. L’attivismo francese in Siria non è un caso: Macron sfodera tutta la sua arroganza e il suo potere per cercare di bloccare le mobilitazioni studentesche, contro il restringimento dell’accesso alle Università e contro lo smantellamento di ogni forma di Welfare, scoppiate in tutto il paese. La guerra rappresenta per questi governi un guadagno, un profitto da monetizzare. Ma per chi vive questi scenari e guarda al cielo temendo, in ogni istante, lo scoppio di una bomba o per chi subisce ormai da anni i colpi incessanti della crisi ed è costretto a sorbirsi le retoriche sulla necessità di fare sacrifici, queste guerre rappresentano una condizione non più prorogabile, un costo insopportabile. Ogni missile lanciato, ogni base militare concessa, portano distruzione e morte in Medioriente, significano austerità e tagli qui da noi: come recita lo striscione che abbiamo attaccato oggi nella facoltà di Scienze Politiche, ‘loro le guerre, nostri i morti’! E le Università hanno un ruolo centrale in questo meccanismo: il luogo in cui investiamo le nostre forze e le nostre vite per acquisire conoscenze e strumenti per interpretare il mondo, diventa invece territorio neutro, posto grigio in cui il sapere diviene astorico, perde le sue caratteristiche trasformative e si fa mezzo per legittimare propositi belligeranti. Così i Panebianco e gli altri baroni della guerra possono parlare liberamente di teoria sulla pace e sulla guerra mentre sui quotidiani aiutano i governi a conquistare consenso. Allora mettere a profonda critica il sapere neutro significa rompere il loro gioco. Rivendicare un sapere autonomo significa rifiutare le loro guerre e lottare per condizioni di vita migliori. Facciamo sentire la nostra voce ai baroni della guerra, ai vertici accademici, ai nostri governi”.