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“No alla regionalizzazione della sanità”, sciopero e presidio

Usb oggi sotto la regione nel giorno di astensione dal lavoro di sanità, assistenza, trasporto pubblico, scuola e dei servizi educativi : “Settori tutti a rischio e veicolo di contagio”. Noi Restiamo: “Occorre mettere avanti l’interesse della colettività contro quelli dei ricchi”.

25 Novembre 2020 - 17:17

“Gestione scellerata e inconsistente dell’epidemia“. È l’accusa lanciata da Usb durante il presidio di stamattina sotto il palazzo della Regione in viale Aldo Moro, nella giornata di sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori della sanità, dell’assistenza, del trasporto pubblico, della scuola e dei servizi educativi. Secondo il sindacato, all’origine dei problemi che si riscontrano oggi ci sono “la riforma del titolo V e la regionalizzazione della sanita'”. Per questo bisogna “ritornare alla sanità pubblica nazionale”, perché “senza un investimento in questo settore e uno screening di massa che già doveva essere fatto nel momento in cui c’e’ stato il lockdown a marzo, tutti gli altri settori sono a rischio e sono veicolo di contagio”. Nel coro della manifestazione gli interventi hanno passato in rassegna le difficoltà riscontrare nei vari settori: dalla messa in sicurezza degli autobus ai rischi degli operatori sociali, ai nodi riguardanti i nidi e la scuola. Tra le rivendicazioni non mancano il potenziamento dei servizi pubblici e le assunzioni stabili.

In piazza anche Noi Restiamo: “Siamo sotto la sede della Regione Emilia Romagna, che con il suo presidente Bonaccini è tra i responsabili della mala gestione di questa crisi sanitaria e sociale.La costruzione ideologica che ci hanno venduto in tutti questi anni è definitivamente arrivata al collasso con questa pandemia. Abbiamo voluto portare qui l’attacco all’intellighenzia che in questi anni ci ha insegnato soltanto la competizione sfrenata e l’individualismo, e che ha portato la precarietà, i privati e l’espulsione di classe nell’università. Invece per noi è sempre più evidente che bisogna ribadire, di fronte a un modello di sviluppo che ci sfrutta e che fallisce per le sue stesse contraddizioni, la necessità di un’alternativa che metta davanti l’interesse della collettività contro quelli dei ricchi”.