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#moltopiùdi194, domani corteo per l’aborto libero, sicuro e gratuito

Non Una di Meno scende in piazza per riaffermare la libertà di decidere, contro l’obiezione di coscienza, a quarant’anni dall’approvazione della legge 194: “L’accesso all’aborto in Italia è nei fatti in bilico”.

25 Maggio 2018 - 11:47

Non Una di Meno scenderà in piazza domani “A 40 anni dalla legge 194 – Per una sessualità libera, per la contraccezione gratuita, per l’autodeterminazione” Per il movimento femminista, a quarant’anni dall’approvazione della legge che consentiva l’aborto libero e gratuito il tema è che ancora e di nuovo oggi: “tutta la società deve cambiare!” Come si legge nel comunicato di indizione del corteo infatti:  “la legge 194 approvata il 22 maggio del 1978 per la prima volta in Italia consentiva l’accesso all’aborto in strutture ospedaliere e consultori, dopo anni di lotte femministe che affermavano lo sganciamento della sessualità dalla riproduzione. Anche grazie a queste lotte, la sessualità è diventata un terreno politico e collettivo di appropriazione, pratica di piacere, relazione, autodeterminazione. Queste istanze, lotte e pratiche si sono incrociate nel tempo con le rivendicazioni di lesbiche, frocie e soggettività trans, e sono oggi più che mai attuali e necessarie: l’accesso all’aborto in Italia è nei fatti in bilico, un vero e proprio percorso a ostacoli, per cui sempre più donne accettano gravidanze indesiderate o rischiano la vita con aborti autoprocurati. Un’ondata politica conservatrice e reazionaria, non solo in Italia, mette duramente sotto attacco l’autodeterminazione e la salute delle donne che non vogliono accettare la maternità come destino”.

L’effetto di questo processo è che “i limiti posti alla libertà di abortire diventano così uno dei perni per imporre ruoli ‘tradizionali’ di genere e per schiacciare i desideri soggettivi che quotidianamente li contestano e li sovvertono. Per questo, se continuiamo ad affermare che sull’aborto ‘la prima e l’ultima parola’ spetta solo alle donne, pensiamo che manifestare oggi per l’aborto libero, sicuro e gratuito, sia una battaglia di liberazione che non riguarda solo le donne o chi può restare ‘incinta’. In Italia l’Interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) di fatto non è garantita dall’abuso di obiezione di ‘coscienza’, che sul territorio nazionale raggiunge la media del 70%, con picchi che arrivano al 100% (come nelle Marche, in Sicilia, in Campania). L’art. 9 della 194 vieta l’obiezione di struttura, ma concede al personale sanitario la possibilità di rifiutarsi di praticare le Ivg. L’obiezione di coscienza, praticata soprattutto per questioni di carriera, è considerata prioritaria rispetto alla possibilità delle donne di determinare autonomamente sessualità e scelte riproduttive, arrivando ad affermare – contro ogni evidenza – che embrioni di qualche settimana siano ‘persone’, in alcuni casi addirittura più meritevoli di essere tutelati, rispetto alla vita delle donne e ai loro desideri. La volontà politica di sottrarci il controllo dei nostri corpi è evidente anche dall’immotivato scarso impiego dell’aborto farmacologico: la percentuale nazionale di ricorso alla RU486 è ferma al 15%. Di fronte a queste limitazioni, per poter abortire le donne sono costrette a spostarsi di regione in regione, o ad abortire fuori dal sistema sanitario pubblico, oppure a scontrarsi con un sistema paternalistico che le considera incapaci di formulare le proprie scelte. Consultori, ospedali e università – dove la didattica spesso non include l’insegnamento delle tecniche di Ivg chirurgiche e farmacologiche – riflettono una concezione della sessualità finalizzata alla procreazione e organizzata nella famiglia e nella coppia di matrice eterosessuale, incapace di rispondere all’autonomia delle donne e delle soggettività LGBTQ. Quella stessa famiglia e quella stessa coppia dove si consuma il maggior tasso di violenza contro le donne”.

Per il movimento transfemminista “in questo senso, le politiche antiabortiste esprimono una chiara idea di società: possiamo venderci sul mercato del lavoro – al prezzo più basso e alle condizioni più precarie – ma dobbiamo accettare di tornare in casa a lavorare gratuitamente per supplire ai vuoti lasciati dal welfare. Per le migranti il ricatto del permesso di soggiorno è un ulteriore ostacolo alla libertà di scelta: ci si aspetta che facciano il lavoro di cura o che colmino il calo demografico, mentre razzismo e sfruttamento stabiliscono gerarchie e subordinazione. L’autodeterminazione che rivendichiamo per ogni singola si colloca nell’elaborazione politica collettiva, a partire dalla forza di un movimento globale che con lo sciopero femminista pretende e reclama una trasformazione radicale dei rapporti sociali. Siamo con le donne argentine e di tutta l’America Latina, con le polacche e le irlandesi che lottano per affermare la libertà di abortire contro governi che la criminalizzano o la impediscono.  Contrastiamo apertamente una cultura patriarcale e sessista che ci confina in ruoli di genere prestabiliti e che, per farlo, minaccia la nostra salute e limita la nostra possibilità di autodeterminazione. Per questo, rivendicando #moltopiùdi194, vogliamo: – Obiettori fuori dalle strutture sanitarie pubbliche e dalle farmacie – Abolizione del periodo di riflessione di 7 giorni per ottenere l’autorizzazione all’ivg – Chiusura dei centri aiuto alla vita gestiti dai no-choice nei consultori e nelle strutture sanitarie pubbliche – Welfare per l’autodeterminazione, sanità pubblica, laica e a nostra misura, consultori aperti alle donne di qualunque età, alle persone gay, lesbiche, trans, di qualsiasi provenienza, origine e status giuridico – Contraccezione gratuita – Accesso gratuito all’assistenza sanitaria per l’ivg, la gravidanza e il parto indipendentemente dalla cittadinanza e dai documenti. – RU486 a 63 giorni e senza ospedalizzazione, somministrata anche nei consultori pubblici – Eliminazione delle sanzioni amministrative per le donne che ricorrono all’aborto fuori dalle strutture sanitarie pubbliche. – Inserimento nella didattica per la formazione medica delle tecniche di Ivg chirurgiche e farmacologiche  – Condividere saperi e desideri. Che mille consultorie nascano!”

Al corteo in difesa della 194 aderisce anche Ya Basta Bologna, che rilancia contemporaneamente l’appello internazionale di mobilitazione per il popolo curdo e in sostegno alla lotta del Rojava: “A 40 anni dalla 194, sentiamo forte la necessità di scendere in piazza e rivendicare il diritto di decidere sui nostri corpi e sulle nostre vite a fronte di una legge insufficiente e di una società che vorrebbe le donne sottomesse e silenziose. Grazie alle lotte femministe che hanno portato all’approvazione della legge nel 1978, la sessualità è diventata un terreno politico e collettivo di appropriazione, pratica di piacere, relazione. Ben consapevoli che la strada da percorrere è ancora lunga e che la salute e l’autodeterminazione delle donne sono costantemente messe sotto attacco, lottiamo ogni giorno per produrre un cambiamento radicale nella società e liberarci dal controllo dei nostri corpi e dai ruoli di genere prestabiliti in cui ci vogliono confinate. Sabato 26 saremo in piazza anche al fianco delle compagne e dei compagni curde, che hanno lanciato una giornata globale di azione contro l’invasione turca. Lo Stato turco, infatti, ha illegalmente bombardato ed occupato Afrin, una regione a maggioranza kurda che è stata un’oasi di pace in un paese lacerato dalla guerra, un luogo di rifugio, una roccaforte del progetto democratico confederale. Questa invasione criminale ha causato centinaia di morti e nuove ondate di migrazione massiva. Più allarmante ancora, tutto il progetto di Erdogan indica che ci sono piani di una pulizia etnica su vasta scala contro i kurdi. I fratelli e le sorelle curde lottano contro uno stato invasore e un governo terrorista, complice di Daesh, e rivendicano il diritto all’autodeterminazione dei popoli e dei territori. Inoltre, le compagne curde ci insegnano bene cosa voglia dire liberarsi dal patriarcato: lo fanno lottando contro la Turchia e contro l’Isis, ma lo fanno anche nella loro battaglia quotidiana per la libertà a l’autodeterminazione di tutte. Non potrebbe esserci confederalismo democratico senza la fine di ogni forma di patriarcato e maschilismo, di ogni forma di discriminazione e sessismo. Aderiamo quindi convintamente all’appello per una giornata globale di azione contro l’invasione turca e siamo contente di poter portare la solidarietà alle compagne e ai compagni curdi in una giornata in cui le donne e tutte le soggettività LGBTQ scendono in piazza per l’autodeterminazione, che non è liberazione individuale ma azione politica comune e collettiva. Senza la rivoluzione delle donne non c’è rivoluzione! #Moltopiùdi194 #GlobalActionforAfrin #StopTurkeyInvasion”. L’appuntamento è per domani, sabato 26 maggio in Piazza del Nettuno alle ore 16.