Attualità

Modena / Sulla lotta delle lavoratrici Italpizza

Connessioni precarie: loro “lotta per il salario è opposizione a comando patriarcale e razzismo”. Non Una Di Meno: “Bloccando la produzione guidano lotta senza sosta per la libertà di tutte le donne, migranti, operai”.

29 Maggio 2019 - 14:02

“Le operaie e gli operai migranti dell’Italpizza di Modena hanno messo in atto il primo sciopero contro la Legge Salvini. A un paio di mesi di distanza, quella stessa fabbrica è tornata a essere un terreno di scontro in cui appare evidente come la lotta per il salario non possa fare a meno né dell’opposizione al comando patriarcale sul lavoro né dell’opposizione contro il razzismo e il ricatto del permesso di soggiorno”. A scriverlo è il collettivo Connessioni precarie  intervenendo sulla vicenda che vede ancora lavoratrici e lavoratori dell’azienda modenese in agitazione. Continua il comunicato: “Lo sciopero di questi giorni non mira soltanto a ottenere l’applicazione del contratto alimentare, in luogo di quello multiservizi, con i relativi differenziali di remunerazione, e a porre fine a turni massacranti che possono durare fino a 16 ore, ma è anche la risposta ai tentativi dell’azienda di aggirare le difese sindacali della forza lavoro, di zittire ogni autonoma presa di parola delle e dei migranti, di usare il permesso di soggiorno per ottenere una piena disponibilità al comando sul lavoro. In una parola, è la risposta a chi, come i padroni di Italpizza, prova a mettere in atto la Legge Salvini. Proprio come accaduto nei magazzini della logistica a Bologna e riportato nella nostra inchiesta con i delegati e iscritti SiCobas, Italpizza sostituisce i lavoratori in sciopero con operai e migranti esterni alla fabbrica, usando a proprio piacimento cooperative e agenzie del lavoro. Lungi dall’essere una questione meramente aziendale o ’emiliana’, ciò che sta accadendo a Modena e nei magazzini della logistica pone con urgenza il problema di come superare la frammentazione tra migranti di diverse generazioni, di diverso status giuridico o inquadramento lavorativo, e di come fare i conti con la neutralizzazione della lotta sindacale sul salario e con il ritorno, in forma ancor più violenta, del principio ricattatorio della Bossi-Fini. Insieme al sindacato SI Cobas siamo con le operaie e gli operai migranti che continueranno il loro sciopero: la loro lotta riguarda tutti i migranti e le migranti, riguarda chi è richiedente asilo e chi ha già un permesso in tasca, così come riguarda tutti gli operai delle fabbriche e dei magazzini della logistica”.

Anche Non Una Di Meno Bologna ha preso parola – come già aveva fatto nei mesi scorsi – a sostegno della lotta in corso fra le lavoratrici e l’azienda, scrivendo in un comunicato pubblicato sulla propria pagina Facebook: “Lo sciopero guidato dalle lavoratrici di Italpizza prosegue senza sosta da 5 giorni. Questo accade dopo le promesse immancabilmente tradite, i tavoli di trattativa e i parziali reintegri seguiti allo sciopero dell’anno scorso, quando la lotta guidata dalle operaie, in gran parte migranti, ha smascherato un sistema di appalti fatto di false cooperative e sfruttamento sistematico. Contro i licenziamenti di massa, i turni massacranti, i salari da fame, l’assenza di pause e di giorni liberi e i maltrattamenti sul posto di lavoro le operaie di Italpizza hanno guidato uno sciopero che ha coinvolto sempre più lavoratori e ha portato alla luce un sistema di sfruttamento intriso di razzismo e violenza patriarcale che non riguarda solo l’azienda modenese. Le rivendicazioni di questa vertenza, in primis l’applicazione del contratto alimentare al posto del multiservizi, che abbassa il costo orario del lavoro per l’azienda da circa 23 euro a 14-15 euro, mostrano il rifiuto di un sistema che oltre a sfruttare vuole rendere impossibile qualsiasi autonomia e libertà di organizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Lo sciopero dell’anno scorso era infatti cominciato dopo che alcune operaie, da poco iscrittesi al sindacato Si Cobas, erano state prima lasciate a casa e poi minacciate di essere trasferite in altri stabilimenti. Altre, tornate a lavoro dopo lo sciopero, si sono ritrovate a svolgere mansioni ‘punitive’ come lavare i bagni dell’azienda, con il chiaro intento di rimettere le scioperanti al loro posto. Di fronte a questi provvedimenti intimidatori e patriarcali e alle promesse disattese le operaie e gli operai di Italpizza non si sono arrese e la settimana scorsa hanno ripreso lo sciopero. Con la loro lotta le operaie di Italpizza hanno spostato le rivendicazioni salariali e contrattuali su un piano politico denunciando la politica razzista e patriarcale dell’azienda, delle cooperative appaltatrici e della polizia, sempre pronta a reprimere i blocchi e le proteste ai cancelli con i mezzi più brutali”.

“Abbiamo sostenuto  – continua la rete transfemminista – questa lotta fin dall’inizio perché riconosciamo che è anche la nostra. Abbiamo visto in questo sciopero il primo sciopero contro la legge sicurezza di Salvini perché le donne migranti che hanno guidato i picchetti hanno bloccato la produzione, fronteggiando le cariche della polizia e le intimidazioni, le minacce e i tentativi dell’azienda di dividerle, sfidando il divieto penale di blocco stradale che questa legge prevede e correndo il rischio di vedersi ritirare il permesso di soggiorno. In questi ultimi giorni per indebolire lo sciopero, che ha bloccato 4 delle 5 linee di produzione, Italpizza ha portato lavoratori esterni per sostituire le e gli scioperanti. Non si tratta solo di un attacco diretto al sindacato ma anche del tentativo di fiaccare le pretese e le rivendicazioni politiche più ampie di chi sta scioperando contro un sistema generale di sfruttamento. A quanto pare però proprio questa pretesa più ampia ha permesso alle lavoratrici e ai lavoratori di fare fronte unito e di coinvolgere gli esterni nel picchetto. Mentre il sindaco di Modena convoca un tavolo in Confindustria che esclude strategicamente il sindacato Si Cobas, le lavoratrici hanno protestato sotto il Comune per dire che questa lotta non potrà essere risolta in stanze appartate con chi è disposto a mediare sulla loro pelle e che non staranno a guardare mentre si raggiungono accordi di compromesso. Attraverso i picchetti e la campagna di boicottaggio, lo sciopero contro Italpizza ha travalicato i cancelli della fabbrica dando vita a presidi in altre città che hanno coinvolto anche i luoghi del consumo. Le violenze della polizia nei picchetti di questi giorni mostrano l’urgenza di soffocare una protesta che è diventata qualcosa di più di una vertenza singola e che mostra la possibilità di opporsi alla violenza, di portare lo sciopero fuori dai magazzini, di essere insubordinate rispetto ai ruoli imposti. Queste donne stanno guidando una lotta senza sosta, notte e giorno, per la propria libertà e per quella di tutte le donne, migranti, operai che fronteggiano oggi in tutto il mondo un attacco diretto e repressivo. La forza collettiva che le lavoratrici sono state capaci di dispiegare in questa lotta è anche la nostra e insieme non ci fermeremo finché non saremo libere”.