Attualità

Medio Campidano / Invasa la base militare di Capo Frasca

Riceviamo e pubblichiamo un report della manifestazione che si è svolta ieri in Sardegna. Abbattute decine di metri di rete e filo spinato: “Occupazione simbolica ma storica”.

14 Settembre 2014 - 17:01

Sardegna PalestinaE’ stato partecipatissimo il presidio che si è tenuto ieri davanti alla base militare di Capo Frasca. Diverse migliaia le persone che da tutta l’Isola sono confluite con bus e mezzi privati, alcuni in treno e bicicletta, creando una lunga carovana lungo la strada che non ha uno sbocco perchè chiusa da un cancello oltre il quale le mappe non segnalano più nulla. Da li si estendono 1600 ettari di territorio, da più di 50 anni ostaggio dello stato italiano e della Nato, che lo usano come campo di sperimentazione di ordigni bellici, con conseguenze devastanti per il territorio, la popolazione sarda e quella del resto del mondo vessata dalle guerre imperialiste.

Presenti anche alcuni gruppi politici, nel tentativo di cavalcare la protesta popolare, in particolare degna di nota la presenza di Mauro Pili, ex forza italia ed  ex presidente della regione Sardegna, che durante il mandato mai se lo sarebbe sognato, ma che solo da qualche mese, con la tipica campagna elettorale anticipata, ha pensato all’improvviso di schierarsi duramente contro le servitù militari. E’ stato prontamente cacciato tra fischi e insulti.

Imponente invece la presenza di comitati popolari che da decenni cercano di costruire una risposta dal basso contro l’oppressione imposta con le servitù militari.

Ieri quel territorio è stato violato da un fiume di persone che non vogliono più sentirsi complici delle politiche aggressive dello stato che assoggetta anche quello che vorrebbe come proprio popolo, per rivendicare un’indipendenza effettiva sulla propria politica estera, che inevitabilmente deve partire dall’utilizzo del territorio per scopi civili e non militari.

Poche pietre sono state lanciate verso i militari, tra lo stupore di un questore e il finto disinteresse di qualche digossino, molte di più le canzoni di lotta e i cori di protesta, accompagnati da bande di percussioniste e uomini e donne danzanti e bambini desiderosi di violare la loro zona rossa.

sarUn gruppo sulla collina si era dato appuntamento per meditare contro la base militare, per immaginarla liberata e territorio di pace, e fino a prova contraria, anche questo ha funzionato: qualche decina di metri della rete e di filo spinato che circondano la base sono stati abbattuti e centinaia e centinaia di quei corpi si sono materializzati oltre un confine che solo agli uomini in divisa era permesso attraversare. Lo schieramento del reparto antisommossa, lungo una cinquantina di metri per difendere un territorio di 16 km quadrati devastato da sostanze sconosciute ai più, faceva quasi tenerezza, e dopo vari arretramenti, gli agenti hanno ben pensato di abbassare gli scudi e togliere il casco, mentre la musica dei tamburi, delle campane a ritmo di samba e delle chitarre, accompagnava l’ingresso dei manifestanti.

Un’occupazione simbolica quanto storica, che ha ridato un po il senso dell’unione alle persone presenti, spesso molto lontane tra loro per via della vastità del territorio sardo e della bassa densità, ma che non deve far dimenticare che il 21 settembre in tutte le servitù militari, secondo gli accordi presi dallo Stato Italiano con gli eserciti di mezzo mondo, compreso quello israeliano, riprenderanno le sperimentazioni di velivoli e ordigni mortali, in nome della sicurezza, della democrazia e dello sviluppo di non si sa chi.

Giambattista Aledda