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Mail bombing sull’Alma Mater: “Agisca concretamente per Zaky!”

Risposta di Làbas a un messaggio diffuso dal rettore, che propone di raccogliere lettere di “bentornato” per quandro Patrick potrà rientrare a Bologna. “Ennesima iniziativa di facciata”, secondo il collettivo, che rilancia invitando tutte/i a tempestare l’Ateneo con un altro tipo di messaggio “Stop accordi Unibo-Egitto”.

28 Marzo 2020 - 16:49

“L’Unibo deve agire in modo concreto” per la liberazione di Patrick Zaky. Per questo Làbas lancia una campagna di mail-bombing e chat-bombing e una petizione per rispondere all’ultima iniziativa annunciata dal rettore. Spiega il collettivo: “Dopo 50 giorni dall’arresto dello studente Patrick da parte del regime egiziano, motivato da accuse inconsistenti, e dopo aver chiesto, a più riprese, in qualità di studentesse e studenti, che l’Unibo interrompesse tutti gli accordi economici con l’Egitto, ieri il rettore Ubertini ha deciso di inviare l’ennesima mail di facciata. Rivolgendosi alla comunità studentesca, ha ribadito di aver inviato una lettera all’ambasciatore egiziano in Italia riguardo alla possibilità di rendere fruibile a Patrick (di cui non si hanno notizie da settimane!) la didattica online preposta per l’emergenza Covid-19. Ha inoltre affermato di aver istituito un indirizzo mail apposito al quale inviare messaggi di conforto per Patrick, da fargli leggere al suo rientro in Italia come ‘bentornato’. Come è stato denunciato pubblicamente nel dibattito online ‘La detenzione di Patrick Zaky nel regime di Al-Sisi’ di mercoledì 24 marzo (che ha raggiunto le 10.000 visualizzioni), scrivere all’ambasciatore del Cairo per questioni legate alla sola didattica e non alle condizioni di prigionia di Patrick è una buffonata, oltre che l’ennesima occasione persa per instaurare una dialettica istituzionale realmente funzionale alla scarcerazione del nostro compagno”.

Inoltre, il master Gemma a cui Zaky è iscritto “è ovviamente non riconosciuto e accettato dal regime di Al-Sisi poiché congruente con le battaglie portate avanti da Patrick nel campo dei diritti sociali e civili, le stesse battaglie che l’hanno reso nemico dello Stato egiziano”, fa notare Làbas: “L’istituzione di una casella mail di ‘bentornato’ gestita dall’Università è, evidentemente, una mossa che non compie alcun passo verso la scarcerazione di Patrick. Come se fosse scontato che la sua vita non sia di per sé a rischio in un carcere e/o che non ci rimarrà per anni (come altri migliaia di detenuti politici egiziani)! Inoltre, Patrick soffre d’asma e il coronavirus rappresenta un’ulteriore gravissima minaccia. Com’è possibile che l’Università pensi di cavarsela con tali azioni simboliche, dopo mesi di denunce, di mobilitazioni e di richieste di assunzione di posizioni più radicali? Tutto ciò dimostra ancora una volta che l’Unibo, al pari del Governo italiano che non sta facendo nulla e al contrario della timida possibilità paventata alla stampa locale il 18 febbraio dal Prorettore Mirko degli Esposti, sembra preferire il business invece di mettere in discussione gli accordi economici, tra i quali ad esempio quello da cinque milioni di euro che tutt’ora intrattiene con l’Egitto e con l’Eni sui giacimenti di gas nello Zohr. La retorica sulla ‘comunità universitaria unita’ è utile solo a lavarsi la coscienza se non si è davvero disposti a rinunciare ai profitti per provare a salvare uno studente che rischia la propria vita. Chiediamo pertanto ancora una volta azioni concrete all’Unibo e al Governo italiano! Come?”.

Ecco i suggerimenti di Làbas. “Firma la petizione per richiedere la liberazione immediata di Patrick e per l’interruzione degli accordi tra Unibo ed Egitto. Copia e incolla il testo del chat-bombing durante le lezioni online: ‘No alle mail di facciata dell’Unibo! Stop accordi Unibo-Egitto, vogliamo Patrick libero, ora! #StopAccordiUniboEgitto #StopAccordiUniboEni #UniboPrendaPosizione #NoalleMaildiFacciata #PatrickLibero’. Copia e incolla il testo sotto i commenti delle pagine social Facebook e Instagram dell’Unibo”.

Infine, Làbas invita a copiare e incolla il testo della lettera seguente per inviarla alla mail del rettore:  “Apprendiamo dalla sua ultima mail dell’iniziativa in sostegno ad un membro della nostra comunità, Patrick Zaky, attualmente detenuto in Egitto da più di 50 giorni senza prove reali che ne motivino l’incarcerazione. Ci pare se non altro offensivo, oltre che privo di sensibilità e attenzione, che lei abbia chiesto all’ambasciatore dell’Egitto in Italia che Patrick ritorni a frequentare il master Gemma grazie ai nuovi dispositivi online. Questo perché forse non le sono chiare le attuali condizioni di detenzione del nostro compagno in un regime totalitario. Come è stato notoriamente denunciato, Patrick è stato interrogato per 17 ore consecutive e torturato con colpi allo stomaco e alla schiena, con scariche elettriche inflitte dalle forze di sicurezza egiziane: il tutto mentre era bendato e ammanettato. Tutto ciò è avvenuto perché Patrick stava portando avanti un lavoro sui diritti umani, un tema notoriamente inviso al regime egiziano. Ci chiediamo come un regime del genere possa accettare la Sua richiesta, ma prima ancora ci chiediamo come sia possibile che la nostra Università – che non perde occasione di manifestare il suo senso di comunità – non stia esercitando il suo potere di istituzione per richiedere l’immediato rilascio di Patrick Zaky, impegnandosi piuttosto nel creare una casella di posta elettronica a cui indirizzare dei messaggi che non sappiamo se e quando Patrick leggerà.
Le ricordiamo inoltre che mentre Lei manda mail inconsistenti, il Covid19 si sta diffondendo anche in Egitto incidendo soprattutto sulle fasce più a rischio della popolazione – tra cui detenuti e detenute – e che Patrick peraltro è asmatico. Invece di scrivere mail compassionevoli – e, lo ribadiamo, offensive – ci sembrerebbe più efficace sospendere gli accordi con l’Egitto, a partire dai rapporti che l’Unibo intrattiene con Eni. Il sapere critico, per cui la nostra Università è così rinomata, affonda le radici nella libertà del suo raggio d’azione: un computer in una cella non è sufficiente. La nostra comunità è forte e si stringe assieme anche in un momento così complesso: una casella mail non è abbastanza e se non farete qualcosa di più sarete complici di quanto sta accadendo. Distinti saluti”.