Acabnews Bologna

“Mai più sfruttamento stagionale”

Oggi presidio di Usb con rivendicazioni di lavoratori del turismo e della ristorazione. Dopo incontro ieri con Inps Adl Cobas, Sgb e Si Cobas: “inevase risposte sugli ammortizzatori sociali”. Riders Union: ieri “assemblea in Piazza del Nettuno”. Colonna Solidale Autogestita pubblica “un primo bilancio” delle attività. Comitato genitori dell’Ic5 attacca l’istituto su gestione dell’emergenza coronavirus.

16 Maggio 2020 - 19:33

via del Pratello (foto Zic)“Anche a Bologna, in contemporanea con Massa, Rimini e Pesaro, siamo scesi in piazza con i lavoratori della ristorazione, turismo e stagionali! Vogliamo tornare alla normalità. Ma se la normalità era il problema, per la ripartenza si devono mettere al centro i diritti dei lavoratori del settore”. Lo scrive oggi sui social network Usb Bologna, pubblicando un video dell’iniziativa. Il sindacato di base ha promosso presidi in varie città e rivendica per lavoratrici e lavoratori stagionali, del turismo e della ristorazione colpiti dalle ricadute economiche dell’emergenza coronavirus “reddito di base, salario minimo, unico contratto nazionale, diritto alla salute, sblocco delle casse integrazione garantite al 100%”. Pochi giorni fa Usb ha infatti diffuso attraverso la pagina Facebook “Mai più sfruttamento stagionale” un proprio “manifesto del turismo e della ristorazione”, contrapposto a quello elaborato “dalle associazioni datoriali”, denunciando come queste “negli ultimi due mesi, dall’inizio dell’epidemia, si sono affannate nel chiedere al Governo ed alle istituzioni locali più fondi per le aziende, bonus vacanze, e soprattutto più flessibilità”. Se infatti ci sarà “meno afflusso in ristoranti e strutture turistiche” accusa Usb “i profitti privati non devono calare, a contrarsi devono essere diritti e stipendi secondo loro”.

Intanto “ieri, 15 maggio, a seguito del riuscito presidio presso la sede Inps di Bologna, una delegazione ha incontrato il direttore provinciale e vicario regionale dell’Inps dott. Paolo Olimpieri. Nostro malgrado sono rimaste sostanzialmente inevase le risposte alle urgenti questioni relative al pagamento e regolarità nelle procedure di ammortizzatori sociali e degli strumenti di sostegno al reddito che la giornata di mobilitazione odierna ha posto con forza in diverse città dell’Emilia-Romagna, poiché ci è stato riferito che attualmente all’Istituto sanno ‘quello che scrivono i giornali, nulla di più’ di quello che sappiamo noi”. E’ quanto riportano Adl Cobas Emilia-Romagna, Sgb Emilia Romagna e Si Cobas provinciale Bologna in un comunicato diffuso dopo la manifestazione di ieri davanti alla sede dell’ente di previdenza sociale, durante la quale le tre sigle sindacali hanno chiesto di fare luce sulle risorse destinate al sostegno a lavoratrici e lavoratori previste dai decreti governativi per affrontare l’emergenza coronavirus, e hanno rivendicato un reddito di base, una riforma radicale del welfare e l’introduzione di un salario minimo.

Continua il comunicato congiunto: “Abbiamo registrato anche numerose incongruenze. La Direzione regionale sostiene di essere in pari con l’erogazione degli ammortizzatori e il problema sarebbe esclusivamente(!) la liquidità nel fondo FIS, quando invece sia l’esperienza diretta di migliaia di lavoratori e lavoratrici che sono a zero ore e zero soldi, nonché gli stessi dati ufficiali di Inps confermano che la realtà è ben più fosca. Stessa incertezza sui numeri delle domande di Fis, Cigd e Cigo non adempiute, né sui tempi di erogazione, scaricando di fatto le responsabilità sull’accentramento dell’erogazione a Roma. Abbiamo riportato il dato delle decine e decine di segnalazioni di lavoratori e lavoratrici che continuano a svolgere normalmente il lavoro oppure in malattia ma sono pagati con l’ammortizzatore sociale e di fronte a ciò l’Inps non sembra aver l’intenzione di intervenire, dando spazio a vere e proprie truffe ai danni dello Stato e dei lavoratori contribuenti. Infatti gli organi preposti ai controlli, compreso l’Ispettorato del lavoro, Non sono in grado di verificare le centinaia di denunce perché a causa dell’emergenza sanitaria il personale svolge da casa altre mansioni in smart working. La Direzione ha promesso controlli post-emergenza, che crediamo siano però del tutto insufficienti ed inefficaci. Abbiamo concluso quindi l’incontro con seria preoccupazione e richiesto che alle nostre osservazioni e rivendicazioni vengano date risposte formali quanto prima, nonché convocato un incontro congiunto con la Regione per affrontare nel merito il nodo del pagamento degli ammortizzatori sociali e delle agli strumenti di sostegno economico. Continueremo dunque a mobilitarci al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici, cassaintegrati, precari finché non ci saranno, oltre a risposte concrete, reali aperture per discutere delle nostre proposte , in primis un reddito di Base universale e incondizionato!”.

Sempre ieri, scrive Riders Union Bologna, “noi riders (di tutte le piattaforme presenti in città) – stanchi della monotonia di una normalità che ci riserva solo precarietà, insicurezza e sfruttamento – ci siamo riuniti in assemblea in Piazza del Nettuno. Continuiamo ad organizzarci nel nostro posto di lavoro di sempre, la strada: pretendiamo tutti i diritti del lavoro subordinato; dispositivi di protezione (di cui tanti lavoratori continuano a denunciare l’assenza di fornitura da parte delle aziende); la fine dei licenziamenti discriminatori e a tappeto; un regolamento regionale prescrittivo sulla sicurezza del nostro lavoro che continua a non arrivare. La mobilitazione dei riders tornerà a farsi sentire nei prossimi giorni e nelle prossime settimane: solo lottando si cambiano le cose! #maipiùconsegnesenzadiritti”.

Parlando invece di iniziative di solidarietà e mutuo aiuto, la Colonna Solidale Autogestita ha pubblicato oggi sul suo sito “un primo bilancio” delle attività svolte: “La gestione statale relativa alla diffusione del virus ha creato un’emergenza sociale di proporzioni incalcolabili. Come era chiaro fin dal principio, le conseguenze di questa crisi le paga la classe lavoratrice in generale: ad ogni livello e ovviamente in maniera immediata e drammatica chi vive normalmente di lavori precari, a cottimo, informali o addirittura fuori-legge. Nessuno nutre aspettative sugli aiuti da parte dello Stato: lo Stato ha storicamente abbandonato e permesso lo sfruttamento di queste persone, cioè di noi tutte. L’esperienza della colonna solidale nasce dalla consapevolezza di trovarsi di fronte a una crisi di sistema e dalla necessità immediata di costituire reti concrete di solidarietà e mutuo appoggio. Con queste premesse abbiamo costituito una sezione locale dell’Usi-Cit, con l’intenzione di muoverci in un primo momento entro i vaghi confini delle disposizioni regionali sulle attività di volontariato. Nel giro di questo mese si sono mobilitate centinaia di compagne e compagni. Dall’apertura di uno sportello di ascolto e raccolta di generi di prima necessità, abbiamo cercato di stimolare un modello di autogestione replicabile e immediatamente pratico, col risultato che le attività della colonna si sono moltiplicate grazie all’apertura di analoghi sportelli e una miriade di punti di raccolta e distribuzione di prossimità lungo tutto il tessuto urbano. Le iniziative di mutuo aiuto si rivolgono a numerosi singoli, famiglie e spesso intere comunità che vivono il dramma di non riuscire più a fare la spesa o a pagare l’affitto. Purtroppo non passa giorno in cui non riceviamo ulteriori richieste di aiuto e di supporto”.

Continua il testo: “E’ importante sottolineare che non concepiamo questa nostra azione come un intervento sussidiario alla gestione pubblica dell’emergenza derivata dalla diffusione del virus e dalla conseguente gestione statale della crisi. Noi, da anarchiche e anarchici, pensiamo che il problema che abbiamo di fronte derivi dalla cattiva organizzazione sociale che è determinata dai rapporti gerarchici e di sfruttamento. Contemporaneamente, sviluppare nuove reti di mutuo appoggio significa anche rafforzare le iniziative di autogestione nelle quali eravamo già impegnate. Da anni cerchiamo di favorire lo sviluppo di un’economia solidale e anticapitalista, proprio a partire dalla possibilità di fare la spesa senza che ciò comporti favorire dinamiche di sfruttamento del lavoro e dell’ambiente. Come ben sappiamo in tutte le crisi economiche ci sono sempre attori che si arricchiscono, che sanno come approfittarsi delle disparità sociali e sanno perfettamente come capitalizzarle. ‘Donare’ per le multinazionali del cibo significa: sgravi fiscali, ritorno d’immagine ed economico.Crediamo che la genesi del virus e il suo diffondersi sia anche radicato nelle modalità produttive del cibo,nel totale disinteresse per l’ambiente, nella struttura delle metropoli, nell’organizzazione sociale, nella globalizzazione dell’economia e nella logistica dello sfruttamento. Per questo i nostri sforzi sono orientati anche nel rafforzare la distribuzione di prodotti che non comportino dinamiche di sfruttamento dell’uomo sull’uomo o che abbiano un impatto negativo sull’ambiente. La colonna solidale autogestita è in questo senso legata a doppio filo con attività già attive come lo Spaccio Solidale Autogestito aperto da diversi anni presso il circolo Anarchico Berneri, che si avvale della cooperazione di molti piccoli produttori fuori dalle logiche delle tradizionali catene del commercio e della logistica. Mai come in questo momento la solidarietà e il mutuo appoggio sono armi affilate da scagliare contro un sistema che ci vorrebbe costretti nel ciclo del ‘produci-consuma-crepa’. Avanti!”.

Infine, riceviamo e pubblichiamo un comunicato del Comitato genitori dell’Ic5 che solleva diverse segnalazioni critiche rispetto alla gestione dell’istituto comprensivo: su questi temi è stata avviata anche una petizione che ha raccolto 474 firme e si è svolto un flash mob con 172 arcobaleni che hanno “colorato balconi e strade”. Tra le problematiche evidenziate, diverse riguardano anche l’emergenza coronavirus, perchè i genitori scrivono che la dirigente scolastica “ha reso molto più complicate le comunicazioni per le famiglie. In questo periodo, così difficile, in cui le scuole sono state chiuse, non ha posto in essere momenti di confronto con i docenti e i genitori per affrontare al meglio, e con il giusto tempismo, i problemi degli alunni non raggiunti dalla Dad. Vogliamo continuare a sottolineare che i problemi che sono stati sollevati in questi giorni ed evidenziati dalla stampa (la sottovalutazione delle esigenze degli alunni nel nostro IC5 rispetto alla Dad), anche con la nostra mobilitazione, sono solo la punta dell’iceberg di un lungo processo che è culminato in questi ultimi tre mesi, così complessi per l’intero paese. Vogliamo un cambiamento che metta al centro della nostra scuola di nuovo i bambini e gli  insegnanti, che favorisca l’inclusione di tutte le famiglie e sostenga con forza l’aiuto e l’intervento delle associazioni di quartiere. Viviamo da tempo in uno stato di incertezza gestionale, non osiamo immaginare come questa incertezza possa andare a sommarsi a quella del prossimo anno”.