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Logistica, i migranti “conoscono benissimo il ricatto del permesso di soggiorno”

Il Coordinamento Migranti replica all’avvertimento della Questura ai lavoratori stranieri attivi nelle lotte del settore: “Il sistema di sfruttamento cresciuto in questi anni è il figlio di quella ‘legalità’ che il Questore dice essere sua guida”.

03 Novembre 2013 - 10:37

Granarolo: 179 volte dalla parte dei padroni.
Bossi-Fini, permesso di soggiorno e repressione

Mentre annuncia che sono partite ben 179 denunce in pochi mesi in seguito agli scioperi e ai blocchi alla Granarolo, il Questore di Bologna si dice «preoccupato» per la sorte dei permessi di soggiorno dei facchini in lotta. Come spesso accade, il rappresentante delle istituzioni attribuisce ai migranti una scarsa conoscenza delle leggi italiane. La verità è però un’altra: i migranti conoscono le leggi italiane, perché ci devono combattere ogni giorno. Sanno benissimo come funziona il ricatto del permesso di soggiorno e che, senza quel ricatto, nelle cooperative che operano alla Granarolo come in altri stabilimento del comparto della logistica e della grande distribuzione, non lavorerebbero quasi esclusivamente migranti. Per questo, il 23 marzo scorso, così come di fronte alla Granarolo, all’Interporto, negli altri luoghi dove da mesi i facchini sono in lotta, le rivendicazioni sul salario sono state accompagnate da uno slogan semplice quanto efficace: “basta sfruttamento, basta Bossi-Fini!”. Ma c’è di più: Questura e Prefettura sono a conoscenza da anni del rischio per i migranti di perdere il permesso di soggiorno a causa della crisi, della perdita di lavoro, dei bassi salari. Come dovrebbero sapere che i licenziamenti arbitrari decisi dalla Granarolo, le buste paghe false, i mancati versamenti dei contributi sono tutte cose «fuori da ogni regola di convivenza civile». I migranti della logistica le conoscono tutte bene e sanno che sono già una minaccia diretta al permesso di soggiorno. Il sistema di sfruttamento cresciuto in questi anni è il figlio di quella «legalità» che il Questore dice essere la sua guida.

Si tratta della stessa presunta «legalità» di una Questura e una Prefettura che regolarmente fanno passare mesi per un normale rinnovo del permesso di soggiorno, o rilasciano la cittadinanza con tempi regolarmente più lunghi di quelli previsti, costringendo i migranti a rincorrere i documenti. Di fronte a questa vera «emergenza» prodotta dalla legge Bossi-Fini e dalle istituzioni che di fatto la gestiscono, però, il Questore e il Prefetto – e non solo loro – tacciono, nonostante i migranti rappresentino in alcuni comparti produttivi la maggioranza degli addetti. Colpisce che questo dato politico fondamentale sia trascurato anche da chi è senza dubbio dalla parte di questi lavoratori e lotta con loro. Solo in momenti come questi si scopre che questi lavoratori sono migranti e che i destini di coloro che lottano insieme rischiano di essere drammaticamente diversi.

I migranti sono tuttavia assolutamente consapevoli di quello che stanno facendo. Lo sono al punto da non interpretare le parole del Questore come una minaccia di fronte a ogni possibile mobilitazione futura. La violenza della legge Bossi-Fini viene comunque svelata nella sua funzione più importante, vale a dire quella intervenire direttamente nei rapporti di lavoro. E mai come in questi casi è chiaro da che parte sta la legge Bossi-Fini.

Coordinamento Migranti