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“Libertà di studiare”, in campo docenti e ricercatori

Appello e prime adesioni contro il provvedimento disciplinare aperto nei confronti di un attivista di Hobo per una contestazione del 2014. Un altro studente a processo per le proteste contro il caro-mensa, Cua: “Inaccettabile dispositivo punitivo”.

08 Maggio 2017 - 13:23

Comincia a prendere corpo la campagna Libertà di studiare, annunciata qualche giorno fa da Hobo dopo l’avvio di un procedimento disciplinare da parte dell’Università di Bologna per un episodio di contestazione risalente al 2014. Si intitola “Libertà di studiare”, infatti, un appello pubblicato sul sito Effimera con un primo elenco di adesioni (che riportiamo più avanti). Recita l’appello: “Qualche mese fa abbiamo preso parola per esprimere la nostra contrarietà rispetto alla condanna di primo grado di Roberta Chiroli, ex studentessa di antropologia condannata a due mesi di carcere con la condizionale per i contenuti della sua testi di laurea sul movimento No Tav. Insieme a numerosi docenti, attivisti e cittadini vogliamo sottolineare l’importanza della libertà di parola e di espressione, la libertà cioè di affrontare temi sensibili senza incorrere in intimidazioni o ritorsioni, tantomeno ritorsioni penali. Richiamiamo quella campagna oggi, alla luce dell’annuncio dell’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti di uno studente dell’Università più antica d’Italia – l’Università di Bologna. È accusato di aver partecipato a un’azione collettiva sfociata nell’edificazione di un muro simbolico, fatto di calcinacci, davanti allo studio del professor Panebianco, in risposta a un suo editoriale a favore dell’intervento militare italiano in Libia. Tali fatti sono accaduti nel 2014, prima che venisse adottato il ‘Codice Etico’ dell’ateneo sulla base del quale è stata notificata la possibile sospensione. Fatti sui quali la procura bolognese sta ancora indagando per stabilire responsabilità reali al fine di istruire un eventuale processo. Di conseguenza, l’intenzione di aprire la procedura disciplinare di sospensione anticipa addirittura il corso della magistratura. È questo che ci appare particolarmente preoccupante, ovvero il fatto che l’istituzione universitaria bolognese emetta un giudizio di ‘colpevolezza’ prima ancora che esso sia stato emesso in sede penale. Siamo consapevoli della tensione che da qualche mese, forse più, attraversa l’Università di Bologna. Pensiamo che, in tutti i modi, per salvaguardare il proprio ruolo l’università pubblica debba impegnarsi a usare il sapere per incanalare conflitti anche aspri verso direzioni costruttive per la società. È evidente che le cause da cui nasce questa procedura di sospensione siano riconducibili a uno di questi aspri conflitti – a un tema cioè tanto pregnante quanto spesso rimosso come la guerra. Data la gravità di questo tema, crediamo sarebbe auspicabile trasformare questa tensione in un dibattito costruttivo e dialettico tra le parti interessate. In un paese come l’Italia, dove sempre più elevati sono l’analfabetismo di ritorno, l’abbandono scolastico e universitario, i giovani senza lavoro né accesso alla formazione, e dove spesso temi delicati come questo sono trattati in modo sciatto o liquidati con facili slogan, sarebbe un gesto di straordinario esempio e responsabilità, da parte dell’Università di Bologna, dismettere le logiche disciplinari e tornare al dialogo”.

Ecco i primi firmatari: Adalgiso Amendola (Università di Salerno), Gennaro Avallone (Università di Salerno), Sara Baranzoni, Franco Berardi Bifo, Giorgio Bonazzi, Corrado Borsa (ricercatore presso l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza), Vincenzo Carbone (dipartimento di Scienze della Formazione – Università Roma Tre), Federico Chicchi (Università di Bologna),  Giuseppe Cocco (Universidad Federal de Rio de Janeiro), Francesca Coin (Università di Venezia), Manuela Costa (Officina Multimediale), Carlo Cuccomarino (Associazione SudComune – Cosenza), Giairo Daghini, Filippo Del Lucchese (Brunel University – London), Nino Fabrizio (Radio Popolare), Francesca Festa, Andrea Fumagalli, Università di Pavia, Davide Gallo Lassere (ricercatore precario, Università Nanterre Paris Ouest), Mario Gamba (giornalista), Maurizio ‘Gibo’ Gibertini (Officina Multimediale), Gianni Giovannelli (avvocato), Gaetano Grasso, Giorgio Griziotti, Emanuele Leonardi (Centro de Estudos Sociais – Universidade de Coimbra), Dario Lovaglio (Barcellona), Stefano Lucarelli (Università di Bergamo), Giuseppe Manenti (Università Cattolica – Milano), Christian Marazzi (Supsi – Lugano, Ch), Nicoletta Masiero, Donata Meneghelli (Università di Bologna), Sandro Mezzadra (Università di Bologna), Cristina Morini, Savatore Palidda (Università di Genova), Franco Palazzi (New School for Social Research – New York), Alessandro Petrosa (docente di Filosofia Teoretica e Antropologia Filosofica all’ITM di Ancona), Francesco Maria Pezzulli (sociologo), Pino Pitasi (psicologo, Sert Como), Michela Pusterla, Paola Rivetti (Dublin City University), Pietro Saitta (Università di Messina), Mauro Turrini, Benedetto Vecchi (Il Manifesto), Carlo Vercellone (Université de Paris 1 Panthéon-Sorbonne), Paolo Vignola, Adelino Zanini (dipartimento di Scienze Economiche e Sociali – Università Politecnica delle Marche), Carlo Cuccomarino (Cosenza), Corrado Borsa (ricercatore presso l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, collegato all’Istituto Nazionale Ferruccio Parri).

Si segnalano, intanto, alcuni aggiornamenti sui procedimenti giudiziari a carico di altri studenti per le proteste contro i tornelli al 36. “Sara libera”, ha reso noto su Facebook l’avvocato Marina Prosperi. Dei tre divieti di dimora emessi circa un mese fa, invece, al momento ne sarebbe rimasto in vigore solo uno mentre gli altri due sarebbero stati tramutati in obblighi di firma. Infine, in merito alla mobilitazione contro il caro-mensa, scrive il Cua: “A mesi di distanza, senza che nessuna reale contrattazione sia stata avviata, i prezzi della mensa rimangono immutati e inaccessibili mentre allo stesso tempo, malgrado la riconosciuta legittimità delle proteste, l’Università e la questura hanno messo in campo un inaccettabile dispositivo punitivo contro quanti si erano spesi in prima persona per la buona riuscita di questa vertenza. Sospensioni, fogli di via e processi sono quel che devono oggi subire diversi studenti, colpevoli solo di aver combattuto per i propri diritti. Tra questi Lomaz che, messo sotto accusa per aver resistito con coraggio alle cariche che la celere aveva violentemente scatenato contro un presidio, sarà processato giovedì. Per queste ragioni crediamo sia giunto il momento di tornare davanti alle porte della mensa e far sentire la nostra voce, manifestando tutta la nostra solidarietà a Lomaz e a gli altri studenti colpiti da misure disciplinari e dispositivi cautelari, come l’obbligo di firma e il divieto di dimora, pretendendo ancora una mensa accessibile a tutti. Ci vediamo quindi martedì 9 alle 13 davanti alle porte della mensa di piazza Puntoni per un presidio solidale con pranzo sociale e reading. La lotta continua. Adelante”.