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L’emergenza Nordafrica “non è finita: multe e ingiunzioni ai profughi”

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di una lettrice, insegnante volontaria di italiano presso uno dei centri di accoglienza che hanno ospitato i profughi provenienti dalla Libia.

17 Giugno 2014 - 10:34

L’emergenza Nordafrica 2011 non è finita: multe
e ingiunzioni di pagamento ai profughi dalla Libia

Migranti ex-Ena - © Michele LapiniNell’ambito dell’Emergenza Nordafrica, dal 2011 al 2012, il Comune di Bologna ha accolto, in vari centri di accoglienza, profughi provenienti dalla Libia. Erano richiedenti asilo o titolari di permesso per motivi umanitari ed erano perciò inseriti in un programma di accoglienza gestito dalla Protezione civile Emilia Romagna, le cui linee guida sono contenute nel “Patto di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale in Emilia Romagna” ed in altri documenti sia della Protezione cvile, sia statali e regionali. Nel periodo in cui erano in carico ai centri di accoglienza queste persone hanno accumulato diverse multe per aver viaggiato sull’autobus senza biglietto. Ne uscì anche una polemica sui giornali, apparendo infatti a molti assurdo e decisamente un controsenso che persone inserite in un programma di accoglienza, alle quali lo Stato italiano aveva riconosciuto il diritto ad una tutela in quanto profughi provenienti da Paesi in guerra, arrivati in Italia senza nulla, venissero multate perché non avevano il biglietto dell’autobus. Erano persone sprovviste di tutto, cioè senza soldi per comprare il biglietto e soprattutto, erano persone in accoglienza: dopo un viaggio in cui hanno rischiato la vita (lo vediamo tutti i giorni ai TG), si trovavano in un Paese nuovo del quale non comprendevano neppure la lingua, erano spaesati ed in una condizione insomma molto particolare e delicata.

Il 31 agosto 2012 finalmente arrivò un abbonamento urbano gratuito, ma nel periodo da maggio/giugno 2011 (apertura dei centri) a fine agosto 2012 (cioè per 1 anno e 3 mesi) queste persone sono rimaste totalmente scoperte. Il pocket money previsto dalla Protezione Civile, un ticket giornaliero di 2,50€ che doveva servire proprio per comprare biglietti del bus e schede telefoniche, di fatto non funzionò: il ticket venne distribuito in realtà solo da un certo momento in poi, e, soprattutto, a Bologna era spendibile solo presso una sola rivendita di biglietti dell’autobus, una tabaccheria che dopo una ventina di giorni ritirò la propria disponibilità, di modo che non c’era nessun posto dove i profughi potevano comprare i biglietti del bus. Senza denaro, con in mano un “buono” non spendibile presso nessuna rivendita di biglietti, a queste persone era materialmente impossibile acquistare il titolo per viaggiare regolarmente sull’autobus.

Finita l’Emergenza ognuna di queste persone ha preso la sua strada: chi è andato all’estero, chi invece è rimasto nel nostro paese, cercando di costruirsi un futuro migliore: un lavoro, una famiglia… Diverse di queste persone stanno ora ricevendo quelle vecchie multe, sotto forma di ingiunzioni di pagamento. Arrivano dopo 2 o 3 anni, e da 1,20€ di biglietto sono arrivate a 253,76€. Se non vengono pagate queste ingiunzioni si trasformeranno in cartelle esattoriali, con tutto quel che ne consegue. Per chi ne ha accumulate più di una (in 15 mesi è facile) si parla di discrete cifre. I gestori dei centri erano perfettamente a conoscenza delle esigenze di spostamento dei profughi ospitati e non sempre questi potevano andare a piedi: tra loro c’erano anche persone malate e a volte anche donne incinte. C’era chi doveva andare in questura o a procurarsi informazioni legate alla posizione giuridica, chi aveva bisogno di andare a telefonare alla famiglia lontana, chi poteva lavorare andava alla ricerca di un lavoro, c’era chi andava ad un corso d’italiano. Va tenuto presente che per provvedere alle esigenze di questa gente, la Protezione civile riconosceva ai gestori dei centri una cifra attorno ai 40€ al giorno a persona: non si spiega come mai, vista la situazione, chi gestiva i centri non sia riuscito a comprare almeno qualche citypass da mettere a disposizione di chi si doveva spostare e non poteva farlo sempre a piedi.

Neppure l’assessorato alle Politiche sociali di Bologna sembra si sia curato della questione, eppure, essendo co-firmatario del Patto di accoglienza, aveva compiti di controllo sulla gestione del Centro. Secondo le direttive della Protezione civile aveva inoltre il compito di mettere in atto azioni per supportare l’accoglienza. Gli strumenti come assessorato li aveva, tra l’altro l’azienda dei trasporti pubblici Tper, è comunale per il 30,11%:difficile credere che, vista la situazione di emergenza umanitaria, assessorato e Tper non siano riusciti a trovare un accordo su questo (o che ci abbiano messo1 anno e 3 mesi!). In ogni caso la noncuranza di gestore e assessorato ha di fatto indotto le persone di cui si dovevano occupare a commettere violazioni alle regole di viaggio e li ha esposti al rischio di essere sanzionati. Sapevano anche perfettamente che le multe non sarebbero state pagate: i profughi ospitati non avevano denaro e parecchi, proprio per il loro status di richiedente asilo politico, non potevano, per legge, neanche cercare lavoro. Oltre a ciò è anche comprensibile che una persona in accoglienza non comprenda appieno cosa significa una sanzione. Se è difficile che i profughi potessero saperlo o rendersene conto, i gestori e l’assessorato, al contrario, sapevano e sanno benissimo che le multe non pagate diventano ingiunzioni di pagamento e poi cartelle esattoriali. In questo modo hanno causato alle persone di cui in realtà si dovevano occupare un grave danno, economico e non solo: le multe sono nel frattempo lievitate fuori misura e chi non può pagarle finirà in pasto ad Equitalia.

Complimenti. Gli hanno fatto proprio un bello scherzetto. Di tutto ciò le Istituzioni non sembrano preoccuparsi e non ne rispondono. Si defilano, menano il can per l’aia, in sostanza se ne lavano le mani. E si scopre che non esiste nessuno strumento, nessuna forma di controllo sull’operato di chi agisce a titolo istituzionale. Per riuscire a parlare con l’assessore alle Politiche sociali ci vuole un mese ed è come sbattere contro un muro di gomma: prima cerca di dire che il suo assessorato non c’entrava nulla con l’Accoglienza Nordafrica, che dice “è stata gestita direttamente dal Ministero dell’Interno”. Smentita su questo, la versione dell’Assessore cambia: siamo stati bravi, efficienti, abbiamo fatto avere ai profughi l’abbonamento gratis. Sì, certo, dal 31 agosto 2012 sì, ma per quanto riguarda i 15 mesi precedenti? E’ lì che hanno preso le multe! Terzo cambio, allora: “abbiamo fatto quello che abbiamo potuto”. L’Assessore rifiuta la richiesta di una risposta scritta su cosa è stato fatto, su cos’è quello che “hanno potuto” fare: “abbiamo già parlato adesso, per telefono”. Segue il tentativo di fuga: per l’Assessore la questione è chiusa, rifiuta di continuare il discorso. Davanti all’obiezione che quel che il suo assessorato ed il gestore del centro hanno fatto (o meglio non hanno fatto) ha provocato danno a delle persone e che non è accettabile che si defili così, chiude materialmente la comunicazione. Come cittadina non posso accettare risposte istituzionali di questo tenore. É lecito chiedere informazioni e chiarimenti, e le Istituzioni sono tenute a dare risposte a richieste legittime.

Quanto all’accoglienza, se si fa, deve essere accoglienza vera. Dall’esperienza dell’Emergenza Nordafrica 2011 abbiamo visto come, a fianco di persone ed enti seriamente e generosamente impegnate, ci siano stati soggetti nell’accoglienza di disperati non hanno visto altro che un’opportunità di “business”. È vicenda nota, già letta sui giornali. Io sono un’insegnante: nel 2011 ho lavorato come insegnante volontaria di italiano presso uno di questi centri di accoglienza. Il gestore di questo centro ha incassato dalla Protezione civile cifre notevoli: siamo intorno ai 600.000 € in un anno per gestire l’accoglienza di un centro che al massimo della capienza ha ospitato 60 persone (fonte: sito della Protezione civile). In quel centro, io ho visto questo: l’alloggio che il gestore forniva ai profughi ospitati era di proprietà comunale, quindi gratuito per il gestore (il Comune ha tra l’altro ricevuto dalla Protezione civile 50.000€ per spese di allestimento alloggio), per il cibo è stato stipulato un contratto con un’azienda che si occupa di ristorazione (???) quando la struttura era dotata di cucina e gli ospiti avrebbero volentieri cucinato, gli abiti forniti erano cose usate recuperate alla Croce Rossa, i corsi di italiano erano a cura di volontari, quindi gratis, così come pure la sporadica assistenza legale a cura di Associazioni che si occupano di questo, l’orientamento e le azioni per l’integrazione nulle, le informazioni fornite dagli operatori 9 volte su 10 inesistenti o peggio fuorvianti.

I profughi ospitati, che sono stati mesi e mesi senza far nulla in attesa della convocazione della commissione per la richiesta di asilo, avrebbero più che volentieri fatto le pulizie: non potevano, però, perchè alle pulizie provvedeva un signore filippino, dipendente di una delle cooperative che gestiva insieme ad altre 4 il centro. Poichè ai cittadini che pagano le tasse fa piacere se i fondi stanziati vengono usati per dare servizi a persone in difficoltà, ma non fa piacere per niente se questi fondi si disperdono, sembrerebbe lecito avere una una qualche forma di trasparenza sull’utilizzo di queste risorse. Io ho riportato quel che ho visto, ma
magari mi sono fatta un’impressione sbagliata… Non siamo nella civilissima, correttissima, attenta al welfare Bologna?

Teresa Proia