Speciale

Le vite in appalto della multiutility Hera

La holding energetica bolognese sbandiera ai quattro venti i suoi successi. Ma non fa trapelare una parola sulle condizioni dei tanti lavoratori e delle tante lavoratrici delle ditte appaltatrici che svolgono quotidianamente i servizi che danno lustro al Gruppo economico a partecipazione pubblica.

10 Marzo 2022 - 11:41

La “piazza virtuale” dei successi di Hera

Nelle scorse settimane le attività di comunicazione di Hera sono state molto intense. Era necessario che passasse un messaggio chiaro: nel corso di questi anni la grande multiutility ha inanellato una serie ragguardevole di successi; la sua strategia si è rivelata competitiva e vincente.

A riconoscerlo è stata anche Athesys, prestigiosa società di consulenza specializzata nel settore delle multiutility, che ha assegnato ad Hera il premio “Top Utility” per le sue politiche economico-finanziarie, di sostenibilità, ricerca, innovazione e comunicazione, e per gli effetti positivi che queste politiche avrebbero avuto sul territorio. E’ la seconda volta che questo premio, in termini “assoluti”, viene incassato dal gruppo. Altre volte, come nel 2021, Hera aveva ricevuto questo riconoscimento per la categoria “parità di genere, tutela delle diversità e inclusione”. E di premi ne aveva guadagnato anche uno nel 2019 nella categoria “comunicazione e trasparenza”.

Questi “significativi riconoscimenti” sono andati ad aggiungersi al risultato positivo perseguito a chiusura del bilancio di esercizio 2020. I ricavi 2020 del Gruppo Hera sono saliti a 7.079 milioni di euro, in crescita di 166,2 milioni (+2,4% rispetto ai 6.912,8 milioni del 2019), grazie soprattutto alle attività nel settore energia. In più, nei primi nove mesi del 2021, i ricavi sono stati in crescita in tutte le aree e sono stati pari a 6.424,3 milioni, con un rialzo del 31,0% rispetto ai 4.905,9 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, nei settori energy hanno inciso i maggiori ricavi per le attività di intermediazione, i maggiori volumi venduti di gas e l’aumento dei prezzi delle merci e delle materie prime energetiche. A cui si è aggiunto pure il business dei servizi energia per le attività legate al bonus facciate e alle opere di efficienza energetica.

Più in generale, i risultati dei primi nove mesi del 2021 mettono in luce un incremento non solo rispetto al 2020, ma anche rispetto agli esiti molto positivi del 2019, ovvero prima dell’esplosione della pandemia da Covid. I comunicatori di Hera ci tengono a ribadire che queste prestazioni sono al di sopra delle stesse attese del Piano industriale che copre gli anni fino al 2024. Secondo le fonti del gruppo, in meno di due anni la multiutility avrebbe conseguito più della metà della crescita prevista nel quinquennio del Piano.

Hera motiva il momento favorevole e la sua “straordinaria performance” grazie “alla vendita di gas, servizi di energia e trattamento dei rifiuti”, cogliendo appieno “le opportunità derivanti dalla ripresa economica del Paese e dalle iniziative di rilancio”, creando nel contempo “valore per i territori e per le comunità servite”.

Insomma, la holding di servizi ambientali che vede la presenza di azionisti pubblici e privati (la partecipazione più rilevante è quella del Comune di Bologna) e che è controllata da un patto di sindacato al quale aderiscono 118 Comuni dei territori di riferimento dell’azienda, ha tutte le credenziali per continuare ad essere un “fiore all’occhiello” del sistema economico e produttivo del nostro territorio.

Sulla “piazza virtuale” dei siti specializzati, dei giornali e delle riviste del settore, attraverso interviste ai manager del gruppo e articoli ricchi di dati e obiettivi raggiunti, si tessono le lodi sulle imprese del gruppo. Molto più difficile è trovare informazioni e notizie sulle modalità con cui questi “importanti traguardi” sono stati raggiunti.

Noi, nel nostro piccolo, ci abbiamo provato, cercando di scoprire le condizioni di lavoro e di vita delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno permesso ad Hera di fare cosi tante “belle figure”.

La “piazza reale” dei lavoratori dell’outsourcing di Hera

Nel vocabolario degli “inglesismi economico-produttivi” il termine “outsourcing” sta a significare l’appalto a una società esterna di interi processi produttivi o di determinate funzioni. Anche in questo campo Hera sicuramente primeggia: il suo elenco di società appaltatrici e di sub-fornitori di servizi è pressoché interminabile. La sua è una vera e propria strategia in base alla quale molte delle sue attività e delle sue strutture aziendali sono state esternalizzate a contraenti.

I tempi in cui fare il gasista all’Amga o lo spazzino all’Amiu (le due municipalizzate di gas e acqua e rifiuti urbani da cui prese vita la multiutility) era ritenuto quasi un privilegio fanno ormai parte del “medio evo dell’aristocrazia operaia”, oggi a spostare i cassonetti o a raccogliere i sacchi della raccolta differenziata ci sono soprattutto “operatori ecologici” di origine migrante, dipendenti di ditte appaltatrici in cui i salari e i diritti dei lavoratori non sono certo una priorità. Negli anni scorsi ci sono stati scioperi, vertenze e ricorsi in tribunale nel settore dello spazzamento manuale e dello svuotamento dei cestini dei rifiuti. Veniva contestata a Hera e alle aziende subentranti la non applicazione corretta dei contratti di lavoro, ma non è che in altre “stazioni appaltanti” la situazione fosse messa meglio.

Dopo la pubblicazione del nostro servizio sugli aumenti delle bollette di gas ed elettricità ci ha scritto un gruppo di lavoratrici e di lavoratori del Numero verde di Hera:

«Lavoriamo per Hera ma, ovviamente, non siamo dipendenti di Hera, siamo in outsourcing, perché a Hera come non importa dei suoi clienti, importa ancora meno dei lavoratori. Lo scenario nei riguardi dei consumatori è molto peggio di quello che avete descritto nel vostro articolo, e noi che siamo a contatto diretto con l’utenza lo sappiamo bene. Da un lato Hera non fa altro che spremerci e mettere sotto “ricatto” le aziende in appalto come la nostra. Usa il cappio del mercato libero, spingendo e rintontendo a tutti i costi chi ci chiama per strappargli un contratto. Poi, nel momento in cui acquisisce un cliente, non lo fidelizza, come ha fatto in questi mesi in cui tantissimi utenti si ritrovano con delle tariffe esorbitanti a prezzo variabile. Hera, a queste persone, non ha proposto la possibilità di cambiare offerta a prezzo fisso, eh no! Quella l’ha riservata solo a chi è passato ad Hera da un altro fornitore, perché, “giustamente”, per Hera l’importante è incassare incassare e incassare».

Li abbiamo incontrati questi lavoratori e queste lavoratrici, hanno una gran voglia di parlare, dato che, solitamente, nessuno li ascolta. Si tratta degli addetti al Numero verde, un servizio che Hera aveva esternalizzato nel 2007. Attraverso contatti telefonici inbound, outbound e attività offline collegate, hanno il compito di gestire le richieste dei clienti del Gruppo Hera e si devono anche occupare della vendita di prodotti e servizi. Da 15 anni, ininterrottamente, hanno lavorato per Koinè, un’azienda che conta 270 lavoratori a Bologna e un altro centinaio dislocati tra Brindisi e Torino e che ha gestito, sin dal momento della esternalizzazione, uno dei due call center della multiutility. L’altro call center è stato appaltato alla Linetech, un’azienda operante anch’essa nel settore dell’esternalizzazione dei processi aziendali. Per adeguarsi alle normative europee, ogni tre anni, questi due service vengono messi da Hera a gara per individuare il fornitore del servizio più conveniente.

In nostri interlocutori ci informano che «l’ultima di queste gare d’appalto è stata vinta nel mese di dicembre da Covisian, una multinazionale che gestisce i call-center di grandi aziende del settore energetico come la Italgas, e serve i principali operatori nei settori dei servizi finanziari, digital, retail, media e telecomunicazioni. Il gruppo, che collabora con partner come Salesforce e Amazon web services, gestisce anche una fiorente attività di recupero crediti».

Le lavoratrici e i lavoratori sono consapevoli di quello che presto li aspetterà: «Siamo stati acquisiti in massa da questa multinazionale che ha vinto l’appalto, e l’ha vinto ovviamente con prezzi ribassati. In genere questo presuppone che, se una ditta deve incassare ancora meno dall’azienda committente, è molto facile che faccia ricadere questi “ribassi”su di noi. Un’altra cosa curiosa è che il capitolato d’appalto richiedeva alle aziende partecipanti alla gara di avere una sede nel territorio bolognese… La Covisian ha 38 sedi, in sette paesi diversi, ma a Bologna non ha neppure una stanza per aprirci un’agenzia».

Successivamente, si verrà a sapere che la Covisian ha subaffittato la sede della Koinè. D’altronde la Koinè, che ha perso l’appalto di un call center a vantaggio della Covisian, ha, a sua volta, vinto l’appalto dell’altro call center, quello gestito Linetech.

«Si è avviata una bella girandola di spostamenti, noi della Koinè che diventiamo dipendenti della Covisian e i lavoratori della Linetech che passeranno alla Koinè… Mah… Nel frattempo, la stessa Koiné ha aperto un’azienda in Croazia, quindi una parte delle telefonate di Hera sono dirottate al di là dell’Adriatico. Attualmente la maggior parte di noi lavora in smart working, questa situazione si manterrà anche in futuro, almeno fino a quando la Covisian non aprirà una sede a Bologna… Come vedete Hera fa il bello e il cattivo tempo: e ti fa capire che, se tu hai il lavoro, ti deve bastare quello. La holding è il committente, ma non ha mai pensato a noi addetti che siamo la “faccia di Hera” nei confronti dell’utenza».

Chiediamo notizie sul comportamento dei sindacati, perché in questo racconto ci sembrano piuttosto assenti. La risposta è abbastanza laconica: «L’avviso del cambio di impresa ce lo diedero Cgil Cisl Uil nel mese di dicembre. Nei mesi precedenti, più di una volta, noi come lavoratori avevano fatto pressione sulle organizzazioni sindacali affinché Hera si assumesse le proprie responsabilità per reinternalizzare nell’azienda madre i dipendenti che svolgono quotidianamente una funzione di front-office nei confronti dei suoi clienti. Ma i sindacati hanno sempre gettato acqua sul fuoco, sostenendo che non c’era nulla che si potesse fare. Ormai i servizi in appalto sono una condizione pressoché generalizzata anche nelle altre aziende del settore.

Abbiamo chiesto più volte ai sindacati di organizzare un presidio davanti ai cancelli di Hera perché, a fronte di tante pressioni che l’azienda ci fa, ci sentiamo privi da garanzie. Ma i sindacati dicono che sarebbe peggio contrapporsi frontalmente, che bisogna avere pazienza. Che per gli altri lavoratori delle ditte in appalto la situazione è ben peggiore della nostra.

Quindi figuriamoci, rispetto alla nostra richiesta, fatta più volte, di richiedere un cambio di contratto… Volevamo passare da quello delle aziende di telecomunicazione a quello del settore “gas e acqua”, dove i lavoratori hanno migliori condizioni rispetto alla nostre. Ma niente, i sindacati hanno sempre frenato» (*).

Anche sulla clausola sociale, per far comprendere a tutti di cosa si tratta, c’è bisogno di qualche spiegazione.

«In parole povere è una sorta di protezione sociale per i lavoratori coinvolti nel cambio di azienda appaltante. Si tratta di disposizioni normative previste per gli affidamenti di concessione e di appalto. Il primo obiettivo è la continuità occupazionale con la salvaguardia dei livelli precedenti. Poi ci sarebbe per l’impresa subentrante il rispetto delle condizioni contrattuali precedenti, delle categorie professionali e dei livelli salariali. A noi, per fortuna, attraverso la clausola sociale, ci è stata garantita l’anzianità maturata, l’inquadramento e la paga oraria precedente. Molto spesso questo non avviene con i cambi d’impresa. Sull’orario di lavoro, invece, il numero delle ore rimane uguale, quello che cambia è l’arco temporale dei turni che viene dilatato. La cosa negativa riguarda il Tfr. La vecchia gestione aveva avvertito il sindacato che non aveva la liquidità necessaria per saldare a tutti il trattamento di fine rapporto. Alla fine, ci ha proposto una rateizzazione in sette diversi momenti» (*).

A questo punto abbiamo chiesto un po’ di ragguagli sulla tipologia del loro lavoro.

«Il nostro compito è rispondere ai quesiti posti dagli utenti di Hera, attraverso un “tempo medio conversato” non superiore ai sei minuti. Superati i sei minuti, il tempo eventualmente impiegato nelle spiegazioni non viene pagato. Hera fa pressione ogni giorno su di noi: devi essere sorridente, devi essere carina con i clienti… Hai venduto? Hai fatto? Hai prodotto?… Mentre dall’altro capo del filo abbiamo gente incazzata, gente disperata per l’aumento delle bollette. Molte persone chiamano per i reclami e tu devi saperle gestire».

Prende la parola un’altra lavoratrice: «Il cliente chiama per un’informazione e noi dobbiamo fare offerte Vas (Servizi a valore aggiunto)… Si tratta di piazzare caldaie nuove, monopattini, biciclette e auto elettriche… Nel frattempo, a causa degli aumenti delle bollette, la disperazione sta aumentando soprattutto tra i pensionati… Tra l’altro, hanno tolto le offerte per gli over 60. Hera continua a tessere le lodi alla “concorrenza virtuosa”, favorita dal mercato libero, di cui usufruirebbe soprattutto la clientela. In realtà, l’unica offerta a mercato libero attiva è quella per il gas a 1,26 euro a metro cubo, più un contributo di 4 euro al mese sulla bolletta. Tenete conto che a gennaio dello scorso anno il prezzo del gas “a tutela” (da parte dello Stato) era di 0,20 al metro cubo. Il prezzo attuale dell’Autority per il mercato tutelato è 0,94 al metro cubo».

Un’altra addetta al Numero verde ci racconta quello che sta avvenendo in questo periodo: «Quando ci telefono gli anziani, molto spesso, piangono… Noi cerchiamo di aiutarli rateizzando il più possibile la morosità… per evitare la sospensione del servizio per morosità. Per la luce, prima di arrivare alla sospensione dell’utenza, c’è un periodo di limitazione della potenza. Poi ci sono le scelte personali fatte dagli anziani in difficoltà che smettono di usare la luce per illuminare e, invece della lampadina, accendono le candele. Inoltre, per le persone di una certa età, c’è in più l’handicap della soppressione dei bollettini postali per effettuare i pagamenti, se non hai il computer con le mail o il cellulare non puoi fare nulla per quanto riguarda i servizi smarty di Hera. Se non hai un vicino o un nipote che ti danno una mano sei fritto».

La chiosa a questo primo incontro la fa una lavoratrice piuttosto esasperata: «Ormai, in queste settimane, il Numero verde di Hera è super intasato. Sempre più spesso è bloccato per le troppe chiamate. La gente chiama o scrive e nessuno risponde. Noi, durante i nostri turni di lavoro di sei o di otto ore , rispondiamo da 80 a 100 telefonate al giorno… Immaginatevi di farlo per 5 giorni alla settimana… c’è da impazzire. Io da 15 anni faccio questo lavoro, ho sempre e solo risposto al numero verde, e non vedo per quale cazzo di motivo non debba essere un dipendente Hera o quanto meno avere gli stessi basilari diritti 
E ora, dopo tutto questo tempo, una multinazionale qualunque ci acquisisce e noi, come massima aspirazione, speriamo che rispetti tutte le clausole sociali».

Alla fine della lunga chiacchierata le lavoratrici e i lavoratori ci invitano ad assistere alla giornata di firma dei contratti.

La piazza delle vite in appalto

Lunedì 28 febbraio, la scena a cui assistiamo fa venire in mente le “aste del lavoro” davanti all’Ufficio di collocamento negli anni Settanta, ma ci sono molti aspetti che ci fanno ricordare il caporale che, nella piazza del paese, recluta i braccianti per lavorare a giornata.

Siamo al Centro sociale CostArena di via Azzo Gardino, preso in affitto dalla multinazionale Covisian che, vinto l’appalto per il servizio di Numero verde di Hera, vuole spiegare ai suoi nuovi addetti le condizioni contrattuali e lavorative previste dalla clausola sociale e far firmare il nuovo contratto di lavoro.

Sulle scale esterne del fabbricato un giovanotto con il cappellino bianco della Cisl chiama nominalmente le persone e, ad ogni consegna del “prezioso pezzo di carta”, scatta un piccolo applauso. I sorrisi sui volti delle donne e degli uomini sono tirati, in molti hanno vissuto giorni di tensione e di comprensibili paure. Questo “passaggio obbligato” permette un piccolo sospiro di sollievo, ma, nel dover vivere una simile situazione, una parte della loro dignità è stata scalfita e nessuno gliela restituirà.

Si ritrovano a scaglioni nel cortile del CostArena, prima ascoltano la lettura della “clausola”, poi, a turno, vanno a firmare. Nella giornata di lunedì tutti i lavoratori e le lavoratrici di Koinè passano a Covisian.
Per gli ex dipendenti di Linetech (anche loro dovevano firmare e passare in Koinè), tutto rimane fermo, perché Hera ha bloccato il passaggio in mattinata per via di una terza azienda, tale Comdata che gestisce il Contact Center dell’Inps e che, attualmente, ha i suoi 3.000 dipendenti a forte rischio per la scadenza a novembre del suo contratto con l’Istituto di previdenza sociale. Questa ditta ha fatto ricorso rispetto al lotto d’d’appalto Hera/Koiné e il responso ci sarà fra tre mesi.
Quindi i lavoratori di Linetech rimangono momentaneamente dove sono.
 Un’addetta al Numero verde ci ha dichiarato: «I sindacati si sono dichiarati pronti a indire una mobilitazione qualora non fossero salvaguardati i dipendenti di Linetech, ma poi, esaminata la proroga di Hera, si sono tirati indietro. Forse non hanno considerato che ci sono lavoratori in Koinè che non hanno accettato il passaggio e che oggi rimangono formalmente senza un datore di lavoro. 
In definitiva, questi capitolati d’appalto sono tutti regolamentati da Hera. I sindacati affermano che sono migliorativi rispetto agli usuali “passaggi d’azienda” per il cambio della ditta appaltatrice. Implicitamente ci ricattano: “Se si fa casino, Hera può revocare e modificare questi capitolati come le pare, quindi con loro è meglio andarci cauti”.
Non son d’accordo, tutti noi non siamo d’accordo, ma siamo soli. Pure per noi è un casino… capire bene queste dinamiche non è semplice. Ma una cosa è certa: siamo in balia di un committente e delle sue logiche di mercato che fanno rabbrividire».

Dopo qualche giorno, i lavoratori del Numero verde di Hera ci hanno chiamato di nuovo, il resoconto della prima settimana con la nuova azienda appaltatrice è devastante: «Una ditta di maldestri ha acquisito un servizio di cui non ha la minima idea. Hanno rimosso i protocolli che gestivano le pratiche che aprivamo al telefono, le volture non si riescono a inserire perché non funzionano i sistemi, per tutta la settimana e ancora oggi ci chiedono straordinari perché non riescono a gestire la marea di chiamate della gente impazzita per gli aumenti delle bollette… Sono tantissimi gli utenti che ci riferiscono di non riuscire a mettersi in contatto. Hanno introdotto dal primo marzo una nuova tariffa a prezzo fisso grottesca: 0,99 per il gas e 0,24 per la luce. Dopo una settimana in cui abbiamo lavorato parzialmente da casa, ci hanno richiamato in sede. Si tratta degli uffici subaffittati da Koinè, la vecchia nostra azienda, dove siamo ammassati come polli. Ad una settimana dall’inizio del nuovo corso, tranne cinque ragazzi che gestiscono l’ambaradan, di cui solo due si sono qualificati, e non si sa se siano tecnici o cos’altro, noi ancora non conosciamo nessuno della nuova azienda. Questo è il sistema con cui a Hera tratta i lavoratori e i clienti».

Ci hanno mandato anche la schermata di una chat a cui la nuova azienda li ha iscritti. Le sollecitazioni che sono contenute ci hanno gettato in un contesto che ci ha fatto ricordare il film “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì, nel mondo alieno del call center della Multiple, azienda specializzata nella vendita di un apparecchio di depurazione dell’acqua apparentemente miracoloso.

I dipendenti che si vedono nel film sono simili ai tanti giovani, carini e “precariamente occupati” che si trovano nelle postazioni dei call center. Il mondo della Multiple si rivela come una sorta di comunità mostruosa che fagocita i giovani lavoratori, illudendoli con premi e incoraggiamenti (sms motivazionali quotidiani della capo reparto), training da villaggio vacanze, per poi punirli con eliminazioni alla Grande fratello.

Una realtà quella descritta nell’immaginario di Virzì non molto diversa da quella che ci hanno raccontato le lavoratrici e i lavoratori del Numero verde di Hera. In “Tutta la vita davanti” non c’è scampo per nessuno all’interno di queste logiche di sfruttamento, e a poco servirà il tentativo di un evanescente sindacalista (interpretato da Valerio Mastandrea) di fare qualcosa per modificare una realtà che sembra non si possa cambiare.

Ma almeno Mastandrea ci metteva un po’ di cuore, i sindacalisti che hanno seguito le vicende di Hera sembrano esserselo scordato a casa.

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Articolo aggiornato alle ore 21,12 del 10 marzo 2022. Nella precedente versione era stata pubblicata per errore un’immagine che non rientrava nelle finalità dell’articolo, ce ne scusiamo con le/gli lettrici/ori e le persone eventualmente interessate.

Articolo aggiornato alle ore 19,31 del 14 marzo 2022 con una revisione dei periodi contrassegnati da (*)