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Lavoratori Fiera in allarme: “Dal Covid usciremo esternalizzati”

Consiglio d’azienda: “Pandemia onda perfetta per far passare qualunque cosa, grazie anche all’avvallo dei soci pubblici”. Usb bussa alla porta di un’azienda “per richiedere il pagamento di una lavoratrice che ancora attende mensilità estive”; sindacato anche davanti all’ex poliambulatorio Tiarini in vista dello sciopero, domani, di vari settori. Con i Cobas invece protestano tecnici Telecom.

24 Novembre 2020 - 11:31

I lavoratori della Fiera scrivono ai soci pubblici per protestare contro le ultime decisioni della società: preoccupa la cessione da parte della capogruppo del ramo d’azienda che si occupa della gestione logistica delle manifestazioni alla controllata Bf Servizi, che si prepara così ad ampliare il proprio raggio d’azione dagli allestimenti fieristici all’organizzazione di eventi a 360 gradi. Con il ramo d’azienda “Operations” passeranno a Bf Servizi anche 97 lavoratori, 81 dei quali con contratti part-time verticali addetti alle manifestazioni. Con la pandemia in corso “per senso di responsabilità, noi dipendenti di BolognaFiere andiamo in deroga al contratto integrativo aziendale su qualunque richiesta ci venga fatta dalla dirigenza. Ma quando usciremo dal Covid non ci ritroveremo più forti ma esternalizzati, non più dipendenti, ma fornitori esterni”, viene scritto nella lettera inviata ai soci pubblici dal Consiglio d’azienda: “Tutto questo in virtù del piano industriale che vedrà BolognaFiere unirsi ad un altro polo fieristico Ieg, per diventare uno dei più importanti gruppi europei del settore. La pandemia è l’onda perfetta per far passare qualunque cosa, grazie anche all’ avvallo ad unanimità dei soci pubblici che hanno la maggioranza della governance”. Il 24 settembre, ricordano i lavoratori, “viene data disdetta e recesso al contratto integrativo aziendale, unica reale salvaguardia dei nostri ruoli e modello di ‘buon lavoro'”. Ora, il 12 novembre, “viene avviata una procedura di cessione di ramo d’ azienda che ha come oggetto 97 dipendenti. Le persone coinvolte sono in cassa integrazione (Fis), da nove mesi con stipendi più che dimezzati. Come è possibile che Regione, Provincia e Comune abbiano dato mano libera alla Fiera di compiere questa decisione scellerata? Ci chiediamo quale sia il vostro modello di lavoro… Tutto questo in un momento in cui è impedito per questioni sanitarie di manifestare liberamente nelle piazze il nostro disagio. Lavoro, diritti e dignità sono i valori che i nostri padri ci hanno insegnato e che hanno reso grande Bologna e l’Emilia-Romagna. Valori che pare non siano più rappresentati dai soci pubblici”.

Quella che segue, invece, è una vicenda lavorativa raccontata da Usb: ieri mattina “abbiamo fatto visita all’azienda MyBest, azienda che si occupa della vendita di contratti gas e luce per conto dei maggiori gestori d’energia. Abbiamo fatto visita a MyBest per richiedere il pagamento di una lavoratrice che ancora attende la retribuzione delle mensilità estive. Come spesso succede in questo settore alla lavoratrice era stato proposto un pagamento a provvigione, in base cioè a quanti contratti riusciva a chiudere, ed un fisso per incentivarla ad accettare il lavoro. Il tutto, pare, senza alcun tipo di lettera di incarico che ne attesti la collaborazione ed in tal caso avrebbe quindi lavorato totalmente a nero. Alla legittima richiesta di retribuzione da parte della lavoratrice la risposta è stata di chiusura totale, esattamente come quella ricevuta da parte nostra nel momento in cui abbiamo chiesto un incontro. La nostra irruzione davanti all’azienda ha aperto la breccia per un dialogo tra noi e l’azienda per risolvere la situazione e recuperare tutte le retribuzioni da parte della lavoratrice. Ancora una volta l’unica soluzione rimane organizzarsi e mobilitarsi per pretendere ciò che ci spetta, inutile dire che se non ci fossimo presentati nella sede dell’azienda avremmo ricevuto solo altre porte in faccia. Oggi (ieri, ndr) non si apre solo il dialogo con l’azienda per risolvere la situazione, ma anche un percorso sulle forme di lavoro a provvigione che crediamo sia necessario allargare. Perché sono tantissimi i lavoratori che nel commercio (venditori, centralinisti, dialogartici e dialogatori, commerciali) lavorano con questa forma assurda di retribuzione che scarica sul lavoratore il rischio d’impresa: o porti a casa il risultato oppure sognati il compenso. Ovviamente con queste forme di retribuzione non solo non è garantita una retribuzione chiara e certa a fine mese, ma c’è da sottolineare che tutto ciò non tiene dentro né trattamento previdenziale né contributi. Non esistono perciò malattia, infortunio, contributi pensionistici, trasferte retribuite, pausa pranzo pagata… Queste forme fumose di lavoro atipico vanno combattute per ottenere stabilità e diritti. Crediamo per questo che sia necessario metterci insieme ed organizzarci per lottare contro il lavoro a provvigione, in quanto forma di lavoro precario e sottopagato, e pretendere l’assunzione diretta tramite Ccnl con tutte le tutele ed i diritti del caso”.

Sempre Usb, sempre ieri, ha manifestato anche davanti all’ex poliambulatorio di via Tiarini, al grido di “requisire spazi e assumere lavoratori per potenziare la sanità pubblica”. È chiaro come “questo modello economico che chiude presidi di quartiere in nome dell’austerità stia mostrando il suo fallimento sotto ogni punto di vista: dalla privatizzazione della sanità, l’esternalizzazione dei trasporti e una scuola pubblica sempre più smantellata che in questo momento è insicura per lavoratori e studenti”, ha scritto Noi Restiamo, che ha partecipato all’iniziativa davanti all’ex poliambulatorio. Un presidio organizzato in vista della giornata di sciopero e mobilitazione che l’Usb ha proclamato per domani per i settori sanità, Asp, trasporti, scuola e servizi educativi con presidio davanti alla Regione.

Un altro sciopero in programma per domani, anche a Bologna, è quello dei tecnici Telecom proclamato a livello nazionale dai Cobas: i lavoratori si fermeranno “a tutela della propria salute” e “contro l’incremento di produttività richiesto dall’azienda quando si recano a casa dei clienti per le installazioni”. Pur esistendo diposizioni legate alla sicurezza e la presenza di precisi protocolli previsti dall’azienda, “l’ingresso nelle abitazioni per attività lavorative che ‘non sono strettamente necessarie’ espone eccessivamente i tecnici al rischio contagio, rischio che in queste settimane si è trasformato in un aumento dei contagi anche tra i lavoratori”, aggiunge il sindacato.