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“L’autogestione è la risposta all’università non-luogo”

Il Cua ha avviato un ciclo di “lezioni nella piazza-studio autogestita”. Riders Union torna a distribuire dpi in piazza e esulta per gli esiti dell’inchiesta dei pm di Milano: piattaforme costrette ad assumere 60.000 ciclofattorini. Usb: “Per il personale della scuola, il piano vaccinale esiste solo sui giornali”.

24 Febbraio 2021 - 19:04

“A un anno dall’evento che ha sconvolto le nostre esistenze e che ha messo in luce le contraddizioni latenti dei mondi che viviamo, ci ritroviamo ancora smarritə nella sofferenza cercando, a fatica, di continuare ad immaginare modi di vivere differenti che, nonostante la normalizzazione del dolore impostaci, riescano ad essere possibilità reali e non fantasie utopiche”. Lo scrive il Collettivo Universitario Autonomo. Prosegue il comunicato inviato in redazione: “L’università, uno di questi mondi, accantonata dal dibattito pubblico istituzionale è diventata per centinaia di migliaia di studentə, professorə, ricercatorə, dottorandə un non-luogo ancora più invivibile di quanto già non fosse prima della pandemia. L’ottica utilitarista e pienamente funzionale all’accesso al mondo del lavoro – a patto di eccellere e sgomitare – che l’universo formativo ha, non ha fatto che diventare ancora più palese. Ultima testimonianza di ciò sono le bozze di recovery plan messe in campo dal governo Conte e approvate dall’attuale governo Draghi. Ma l’Università è altro, l’università è tempo, è esistenze, è sete di socialità, di legami, di arricchimento. Ci chiediamo da mesi quali siano le modalità in cui poter risignificare anche con la pratica i luoghi universitari, il sapere, la conoscenza e la passione, continuando a tenere al primo posto la salute collettiva. Le risposte sono state fin da subito l’autogestione, l’autorganizzazione, l’autotutela, che combinandosi con i bisogni e i desideri delle soggettività che attraversano l’università creano spazi di possibilità, di azione, di bellezza. Per questo nasce, già sull’inizio dell’estate 2020, Piazza Studio Autogestita un modo di ritrovarsi, di confrontarsi di nuovo e di protestare per le ingiustizie subite fino ad allora, e che purtroppo non sono mai cessate, nonostante i lunghi mesi in cui momenti di agitazione, azione, iniziative in rettorato si sono susseguiti”.

Si legge poi: “L’assenza di ascolto delle esigenze della comunità studentesca da parte delle elite universitarie diventa mese dopo mese più assordante, più dolorosa. Per questo siamo ancora in strada, adesso autogestendo Piazza Verdi, da sempre luogo simbolo della ‘zona uni’. Stavolta, per risignificare questo luogo con i nostri corpi e con le nostre rivendicazioni abbiamo voluto costruire momenti differenti di vivere la lezione universitaria: ‘Lezioni in Piazza Studio Autogestita’, un ciclo di iniziative ancora da immaginare e da costruire proprio a partire dal modo differente di attraversare Via Zamboni: nè militarizzazione, nè menefreghismo, ma voglia di stare insieme nell’autotutela collettiva. Stiamo dimostrando, insieme aə professorə che con noi hanno deciso di usare questa pratica, che si può vivere l’università, anche in tempo di pandemia. Rivedersi significa per noi cospirare, respirare insieme e della sofferenza farne rabbia. Partire da ciò che non va per ripensare l’università che vogliamo, che deve essere. Vogliamo un’università libera dai ricatti temporali ed esistenziali dei cfu e che metta da parte la logica del calcolo delle tasse a partire dall’isee familiare dei due anni precedenti. Vogliamo un’università in cui le borse di studio non diventino motivo di ansie, stress e nel peggiore dei casi di morte. Vogliamo un’università in cui se viene aperto un bando covid per aiutare le persone in difficoltà, questo non sia una finta soluzione di facciata, ma una possibilità reale per tuttə. Vogliamo un’università che non pretenda il pagamento di tasse esorbitanti, dimezzando o annullando i servizi offerti. Vogliamo un’università che non usi più la salute e la pandemia come scusa per chiudere spazi e azzerare possibilità di confronto e apertura, ma che tramite strumenti di allargamento come può essere la dad riesca a connetterci realmente, e non dividerci sulla base del reddito e delle possibilità di vivere o meno nelle città in cui abbiamo deciso di studiare e mettere radici.  Vogliamo un’università che non metta costantemente a valore il nostro sapere o che tenda a normare i nostri comportamenti e i nostri corpi. Vogliamo un’università che sia costruita a partire da noi, dai nostri tempi, dai nostri sogni, dai nostri desideri”.

In un’altra piazza, quella del Nettuno, ha luogo in queste ore la distribuzione di dpi ai ciclofattorini promossa da Riders Union nell’ambito della giornata transnazionale di lotta lanciata da ‘Unidxs World Action’, rete mondiale dei gig workers. Spiega il collettivo: “La data del 24 febbraio non è casuale, dal momento che oggi inizieranno le prime consultazioni alla Commissione Europea per la direttiva di regolamentazione del lavoro di piattaforma”. A rendere ancora più significativa la giornata, la notizia di poche ore degli esiti dell’inchiesta della Procura di Milano, con 733 milioni di euro di ammende inflitte alle società del settore e l’imposizione ad assumere con contratto di lavoro subordinato 60.000 ciclofattorini: “Un colpo pesantissimo alla narrazione delle piattaforme, al loro modello basato sulla finta autonomia, sulla violazione di leggi e contratti, sulla negazione di qualsiasi diritto!”

Rispetto alla prevenzione dei contagi, Riders Union sottolinea come a un anno dai primi casi di positività accertati in Italia le aziende siano “ancora inadempienti rispetto al dovere di distribuzione dei DPI per i lavoratori e le lavoratrici. I materiali talvolta vengono forniti, ma in modo del tutto insufficiente per la fattispecie di prestazione lavorativa che vede i rider tra i lavoratori più esposti. Proprio per questo abbiamo deciso di attivarci come in passato, in altre occasioni, affinché il mutualismo tra colleghi e la rete di solidarietà si stringa per proteggere i rider di Bologna. Ci siamo organizzati e abbiamo accumulato materiale per una giornata di distribuzione di mascherine chirurgiche certificate e di gel disinfettante, grazie all’apporto di alcuni colleghi e in collaborazione con Il Laboratorio Salute Popolare di Bologna. Il nostro vuole essere un contributo in linea con la vocazione della nostra realtà, mutuo aiuto e attivazione solidale nei confronti delle necessità di centinaia di rider che portano un pasto caldo nelle vostre case. Tuttavia ci teniamo a ribadire come l’invio dei DPI, strumenti indispensabili per ogni rider, sia obbligo di legge anche per imprese come le piattaforme, come riconosciuto anche da alcune sentenze di tribunale – una delle quali proprio a Bologna dopo un nostro ricorso contro l’inadempiente Deliveroo. Utilizzeremo questa uscita pubblica per rilanciare tra i colleghi e le colleghe l’appuntamento dell’assemblea nazionale dei e delle rider di domani (giovedì 25) che vedrà la partecipazione di tutte le realtà presenti in Italia, con l’obiettivo di individuare una data di mobilitazione nazionale per il mese di marzo. A fronte del perseverare dello sfruttamento delle piattaforme e dell’interruzione dei tavoli di contrattazione riguardanti diritti e tutele per la nostra categoria, continueremo ad organizzarci con gli strumenti in nostro possesso per denunciare le nostre condizioni e ad aiutarci vicendevolmente affinché nessun rider rimanga indietro”.

C’è poi il fronte aperto dei vaccini, in particolare rispetto al mondo della scuola. Sul tema interviene anche Usb: “Per il personale della scuola, il piano vaccinale esiste solo sui giornali: l’efficienza di Bonaccini si ferma al suo ufficio stampa. Nonostante l’immagine di efficienza che Bonaccini vuole darsi, nella nostra regione si assiste all’ennesima farsa. A differenza di quello che accade in Toscana o in Campania dove già si stanno somministrando i vaccini, qui in Emilia Romagna i medici di base non sanno nulla sul protocollo vaccinale né tantomeno hanno le dosi che dovrebbero somministrare. Ormai è sotto gli occhi di tutti i cittadini e le cittadine come la gestione e l’organizzazione delle prenotazioni del vaccino fantasma da parte della regione Emilia Romagna siano al limite della bipolarità. Da un lato il presidente Bonaccini invoca il lockdown generalizzato e nazionale, dall’altro lato si spende in prove canore per invitare i cittadini a vaccinarsi quando nella realtà dei fatti l’organizzazione per il rifornimento delle dosi vaccinali è deficitario tanto quanto la gestione della somministrazione. Chiediamo che al più presto la Regione Emilia Romagna riveda le proprie procedure e dia una informazione coerente e veritiera sulle modalità di prenotazione e sulle tempistiche della vaccinazione, senza delegare ai singoli medici di famiglia una spiegazione che spetta agli organi preposti”.