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La rete delle scuole di italiano di Bologna respinge il razzismo

Le scuole di italiano per migranti ai tempi del pacchetto sicurezza: dal reato di clandestinità al tetto del 30% alle persucuzioni di Rosarno. Tra le proposte quella di organizzare “lezioni di piazza” con i propri studenti.

16 Gennaio 2010 - 22:18

La lingua italiana è, per i migranti, uno strumento di autonomia e crescita
personale, un mezzo indispensabile per orientarsi in ambiti per molti
completamente nuovi, è necessaria per interagire con il mondo circostante,
per poter immaginare strade diverse e dar forma ai desideri. Per molte donne
è anche un antidoto alla reclusione, un terreno di comunicazione con i
figli.

Nelle nostre scuole, attraverso l´insegnamento dell´italiano, si aprono
ambiti di condivisione e conoscenza che favoriscono il superamento di
diffidenze e pregiudizi reciproci, accorciano le distanze allontanando paura
e insicurezza.

Una premessa indispensabile perché questo accada è l’eliminazione di
qualsiasi forma di discriminazione o di esclusione.

Invece discriminazione ed esclusione sono alla base della legge 94/2009,
detta ‘pacchetto sicurezza’, che raggiunge il suo apice con l’introduzione
del reato di clandestinità.

Questa norma criminalizza una condizione precaria, spesso disperata,
legittima una disponibilità forzata allo sfruttamento e al ricatto, mette un
individuo nella condizione di non poter rivendicare alcun diritto e,
ovviamente, di non poter esercitare alcun dovere.

Una condizione in cui è molto facile scivolare anche per tutti quei
cittadini ‘regolari’ che con la perdita del lavoro – solo per fare un
attualissimo esempio – perdono il permesso di soggiorno. Il confine tra
regolarità e irregolarità è molto sottile e spesso attraversa uno stesso
nucleo familiare.

Per contrastarne il carattere profondamente ingiusto e per i valori che le
nostre scuole condividono, abbiamo scelto di non chiedere il permesso di
soggiorno e continueremo a non farlo.

Il ‘pacchetto sicurezza’ accelera il decadimento di diritti già resi precari
nel corso degli anni da vari provvedimenti. Stabilisce che una parte della
popolazione non ha diritto – o ha meno diritto – all’istruzione, alla
salute, alla casa, ai servizi… E questo non solo è discriminatorio nei
confronti di alcuni ma innesca un meccanismo di erosione irreversibile nella
struttura dei diritti stessi, per tutti. Mentre, è bene ricordarlo, il
godimento dei diritti da parte di tutti è garanzia per ciascuno di noi,
persone e cittadini.

Le attuali politiche migratorie nel loro insieme alimentano quindi sospetti
e pregiudizi e portano a una profonda degenerazione nelle relazioni sociali
tra ‘italiani’ e migranti e tra gli stessi migranti.

Dai respingimenti nei porti del Mediterraneo alla barbarie dei Centri di
Identificazione ed Espulsione, dalle modalità di richiesta e rinnovo del
permesso di soggiorno alla ‘lotteria’ dei flussi, mettono in atto pratiche,
di cui molte illegittime, che contrastano con ogni principio di accoglienza
e di solidarietà, con il nostro credere che ogni individuo abbia diritto a
determinare liberamente la propria esistenza scegliendo dove costruire la
propria casa.

Tutto questo non può non riguardarci.

Per opporci all’intolleranza e ai mille volti del razzismo – il “tetto” del
30% di presenze degli alunni stranieri nelle scuole così come la
persecuzione dei migranti resi schiavi a Rosarno – vogliamo valorizzare le
nostre esperienze quotidiane di scambio, condivisione e convivenza tra le
differenze, organizzando ad esempio le ‘lezioni in piazza’ con gli studenti
che frequentano i corsi di italiano nei nostri spazi. Nelle piazze perché
queste devono restare luoghi di incontro e di attraversamento tra tutti,
perché crediamo che rendere pubbliche e condivise le esperienze delle nostre
scuole in tutta la loro normale umanità sia un antidoto efficace alla paura,
all’insicurezza e alla degenerazione delle relazioni sociali nelle nostre
città.

Rete delle scuole di italiano per migranti di Bologna