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“La nostra salute non è in vendita”: la rabbia bussa a Confindustria, Prefettura e Comune

Oggi giornata di mobilitazione nazionale dopo l’assemblea dei lavoratori combattivi del 27 settembre, a Bologna presidio itinerante con la partecipazione di diverse realtà come Si Cobas, Sgb, Cobas, Crash e Cua: “Salute, soldi e diritti prima dei vostri profitti”. Intanto Noi Restiamo, con uno striscione: “Solidarietà alla rivolta di Napoli”.

24 Ottobre 2020 - 19:00

“La nostra salute non è in vendita”. In piazza anche a Bologna per la giornata di mobilitazione nazionale contro Confindustria e il Governo: “Dalla grande assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici combattive del 27 settembre a Bologna è emersa la volontà di costruire un autunno di mobilitazione politica e sindacale che provi a sfidare l’attacco di classe che governo e padroni stanno portando dall’alto cercando di scaricare i costi della crisi pandemica sui settori popolari”, spiega il documento diffuso in vista della scadenza. A Bologna la giornata è stata lanciata con l’organizzazione di un presidio itinerante sotto le sedi di Confindustria, della Prefettura e del Comune con partenza da piazza San Domenico. “Confindustria e Governo untori! Salute, soldi e diritti prima dei vostri profitti”, è uno degli striscioni portati in corteo dai manifestanti. In piazza diverse sigle come Si Cobas, Sgb, Cobas, Crash e Cua. Davanti a Confindustria “sono state lasciate delle sagome, per ricordare la responsabilità dei padroni per la morte di decine di lavoratori”, raccontano i Si Cobas: “Poi il corteo sempre più numeroso ha attraversato le strade del centro per dirigersi verso la Prefettura, colpevole di non essere intervenuta mentre nei luoghi di lavoro il virus mieteva vittime. Infine piazza Maggiore, sotto il Comune dove sono state chiarite le colpe dell’amministrazione comunale, sorda di fronte ai bisogni dei più deboli”.

Ancora dal comunicato di convocazione: “Da marzo Confindustria è scesa prepotentemente in campo ad imporre le sue logiche di profitto sulla pelle dei lavoratori, stabilendo chi è essenziale, quindi sacrificabile, e chi no, i criteri con cui un’azienda può restare aperta, quando e come si può scioperare, dove devono essere diretti aiuti e investimenti, e quali politiche sociali devono essere messe in campo. Intanto il governo, prono agli interessi dei padroni, non mette in discussione nulla delle fallimentari politiche neoliberiste che hanno condotto ad una crescente disuguaglianza in Italia e anzi, con la finta abolizione dei Decreti sicurezza di Salvini, continua a criminalizzare lo sciopero e il picchetto, mentre il razzismo di stato rimane l’unica risposta politica al tema delle migrazioni e continua a fornire forza lavoro ricattabile ai padroni. La pressione dell’emergenza pandemica, inoltre, sta colpendo duramente le donne, sulle cui spalle grava quasi sempre tutto il peso del lavoro riproduttivo. Anche sull’ambiente si scarica con forza la contraddizione tra salute e profitto insita nel modello di sviluppo capitalista, ad esempio con il ricorso massiccio alla mobilità individuale e alla plastica usa e getta come forme di distanziamento e igienizzazione. Un nuovo picco di contagi, ampiamente previsto dagli studiosi, ha portato all’ennesimo Dpcm riguardo a contenimento e chiusure, che rivela le pesanti responsabilità di un governo che, nonostante i mesi di tregua, ha badato solo a salvaguardare i profitti dei padroni e a distribuire un welfare della miseria invece che mettere in opera un grande piano di rilancio della sanità pubblica e misure economiche rivolte ai lavoratori e alle lavoratrici, al precariato, agli studenti e alle studentesse, al mondo della disoccupazione e del non lavoro. Al posto che tamponi gratuiti per tutti e nuove terapie intensive si è preferito nuovamente finanziare le spese militari. Ad una riforma fiscale che colpisca i redditi più alti con una patrimoniale, si è preferito sbandierare il risibile risparmio ottenuto col taglio dei parlamentari. Agli investimenti pubblici e privati in tema di sicurezza sul lavoro e nelle scuole, per garantire un rientro in sicurezza (investendo anche sul trasporto pubblico), si è preferito chiudere gli occhi oppure aprire a forme di smart working totalmente sbilanciate dalla parte del comando sul lavoro e di didattica a distanza che faticano a garantire il diritto allo studio. Alla difesa e al miglioramento dei salari diretti, indiretti e differiti e alla rivendicazione di un reddito di base si è contrapposta ancora una volta la retorica dei sacrifici. La disputa che attualmente sta avvenendo sui Ccln, tra cui quelli dei metalmeccanici e della logistica, è evidenza, da un lato, della volontà dei padroni di non concedere alcunché ai lavoratori, agendo impunemente nel determinare compensi e ritmi di lavoro, mentre dall’altro costituisce un’operazione di facciata da parte dei confederali il cui unico obiettivo è quello di tenere sotto controllo il conflitto sociale, anche in previsione dello sblocco dei licenziamenti”.

A tutto questo “è possibile opporre una risposta sociale e di classe. A tutto questo è possibile opporre un programma di lotta che sappia indicare con decisione nemici e responsabilità, proponendosi come obiettivo la costituzione di un fronte unico di classe tra tutti i lavoratori e le lavoratrici combattive, indipendentemente dalle sigle sindacali di riferimento, capace pure di relazionarsi con le istanze sociali e le rivendicazioni relative alla tutela dell’ambiente e all’emancipazione femminile nei diversi territori”, hanno scritto gli organizzatori della giornata.

Noi Restiamo intanto segnala l’affissione di uno striscione in solidarietà alla rivolta di Napoli della scorsa notte: “Ieri sera il tappo é saltato, stampa e politica parlano già di infiltrazioni mafiose, egemonia neofascista, sommosse negazioniste… La verità é che dopo mesi sprecati in passarelle politiche e annunci trionfali nulla di concreto é stato fatto dal Governo per evitare una seconda ondata di crisi sanitaria e conseguenti restrizioni necessarie per tutelare la salute pubblica. I costi di questa non-gestione della situazione, come sempre, vengono scaricati sulle fasce più deboli della popolazione tra le quali noi giovani che ancora una volta vediamo sacrificati presente e futuro per tutelare gli interessi del mercato. Già in primavera durante il lockdown avevamo detto che per rispondere alla crisi attuale é necessario mettere in campo manovre straordinarie e ripensare sul piano strutturale i pilastri fallimentari della nostra società. Esigere il blocco degli affitti e delle utenze, l’accesso ad un reddito dignitoso e la tutela della salute prima di ogni cosa non solo é possibile ma necessario”.